L’OSSERVAZIONE DAL BASSO ……………..DI DIRETTORE. IN RICORDO DI PAOLO BORSELLINO E DELLE VITTIME DELLA MAFIA, ASPETTANDO LA VERITA’

La celebrazione del 20 anniversario della morte di Paolo Borsellino, assassinato dalla mafia il 19 luglio 1992, cade in un momento delicato della vita istituzionale del nostro Paese. Mi riferisco alla crisi della politica, a quella economica e, in particolare, alle indagini sulla trattativa Stato -.mafia del 1992, che la procura di Palermo sta conducendo alacremente; la sensazione è quella di essere arrivati vicino alla verità in ordine a questo capitolo doloroso della recente storia politica italiana. Dalle testimonianze pubbliche rilasciate in questi giorni dalla moglie Agnese, ho avuto l’impressione che Paolo Borsellino fosse ben consapevole di dover morire per aver messo le mani su pezzi deviati dello Stato e per aver intuito delle verità esplosive. La sua sensazione, purtroppo, trovò conferma: venne assassinato. Dall’alto dei cieli egli ha dovuto assistere, in questi lunghi anni, a tutta una serie di contorsioni giudiziarie che hanno portato alla luce fatti e avvenimenti che hanno trovato perfino un epilogo nel conflitto istituzionale sollevato dal presidente Giorgio Napolitano.
Il presidente della Repubblica del tempo, Oscar Luigi Scalfaro, e l’ex ministro degli Interni Nicola Mancino, intercettato recentemente dalla procura di Palermo, sapevano di questa trattativa? In verità, il fatto che l’on. Mancino abbia cercato agganci con i palazzi del Quirinale, lo fa intendere. E qui entra in campo il conflitto istituzionale sollevato da Napolitano che apre uno scenario inedito sulla vicenda, caratterizzato da alcuni passaggi delicati: 1)a giugno la Procura di Palermo iscrive nel registro degli indagati 12 persone tra politici e forze dell’ordine annunciando la chiusura delle indagini sulla trattativa Stato-mafia; 2) la procura tira fuori delle intercettazioni tra l’ex vice presidente del CSM Nicola Mancino e il consigliere del Quirinale Loris D’Ambrosio, il quale nella telefonata del 5 aprile dice a Mancino: “Il presidente condivide la sua preoccupazione, diventa una cosa inopportuna..”; 3)infine il procuratore Messineo su “Repubblica” del 9 luglio fa intendere che deve essere un giudice a dichiarare la irrilevanza penale delle intercettazioni. Insomma una matassa ingarbugliata, che ha determinato il ricorso di Napolitano all’avvocatura dello Stato.
A riguardo mi hanno colpito e addolorato le dichiarazioni del fratello di Paolo, Salvatore Borsellino: “Questa mossa inaudita del presidente della Repubblica mi spinge a parlare di un attentato alla Costituzione. La decisione di Napolitano è uno schiaffo a chi spera che questa azione della procura di Palermo possa portare alla verità. Oppure si tratta di una reazione di un uomo disperato”. Sulla stessa lunghezza d’onda le parole di Rita Borsellino che al Corriere della sera ha dichiarato: “Mi sento stordita, come se fossi stata schiaffeggiata”… “Il rischio è che il gesto del capo dello Stato venga percepito come un ostacolo alla ricerca della verità su ciò che accadde vent’anni fa, e anche dopo”.
Parole molte pesanti che vanno nella direzione opposta a quella di tutti i politici della casta, i quali, invece, hanno fatto quadrato attorno a Napolitano. Riporto alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa: “Napolitano ha ragione: lese le sue prerogative istituzionali”(Maurizio Lupi-PdL); “Opportuna l’iniziativa del Quirinale, porterà chiarezza in futuro” (Enrico Letta, PD); “L’iniziativa del Presidente della Repubblica è un atto di responsabilità che solo gli analfabeti possono fraintendere” (Casini, UDC). Voci fuori dal coro solo quelle di Di Pietro che facendo riferimento al lavoro dei magistrati ha affermato “che stanno accertando la verità sulla trattativa Stato-mafia, una pagina buia che ha visto magistrati del calibro di Falcone e Borsellino perdere la vita, mentre altri trattavano per farla franca”; fuori coro anche il segretario comunista Ferraro che ha dichiarato l’importanza di “non mettere la sordina alla necessità di fare luce sulla trattativa Stato –mafia”.
Per ricordare Borsellino si potranno certo fare dichiarazioni, più o meno ipocrite, spendere fiumi di parole, si potranno fare proclami, manifestazioni istituzionali e non, ma l’unica vera celebrazione che potrà essere gradita a questo nostro eroe come pure a Falcone e a tutte le vittime della mafia, non potrà che essere il raggiungimento pieno della verità. Amen!

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