UNIVERSITA’ A RAGUSA E LA MARCIA INDIETRO DELL’ATENEO ETNEO PELLIGRA: “NON POSSIAMO CONTINUARE AD ESSERE RITENUTA UNA PROVINCIA ‘BABBA’. DIFENDEREMO I POSTI DI LAVORO DEL CUI”

“Non è davvero possibile. Continuare ad essere ritenuti provincia “babba”. Dove tutti si permettono la qualunque. E’ arrivato il momento di dire basta”. Così il presidente dell’associazione politico-culturale “Pensare ibleo”, Enzo Pelligra, interviene sull’inquietante vicenda dell’Università dopo che l’Ateneo di Catania ha deciso di fare marcia indietro rispetto all’ipotesi di accordo transattivo in un primo momento raggiunta tra le parti. “Ritengo che non sia mai utile fare polemica – afferma Pelligra – quanto piuttosto cercare sempre di addivenire a miti consigli. Ma davanti a certe situazioni, come questa, non possiamo non indignarci. Ma come? Tutto sembrava risolto, ciascuna delle parti in causa aveva espresso il proprio apprezzamento per il percorso individuato e all’ultimo l’Ateneo catanese si tira indietro per un intoppo burocratico, chiedendo il parere dei revisori dei conti che non potrà arrivare in tempi brevi in quanto gli stessi sono in ferie? E, quindi, significa che con molta probabilità tutto sarà rinviato agli inizi di settembre facendoci perdere l’opportunità di fare partire nei tempi dovuti la struttura didattica speciale in Lingue e condannando la stessa, se tutto va bene, ad un anno di oblio? No, c’è qualcosa che non funziona. Continuano a trattarci a pesci in faccia. Anche quando non ce lo meritiamo. Come associazione confermiamo l’avvio della sottoscrizione popolare per contribuire, per quanto sarà possibile, a ridurre il debito che il Consorzio universitario nutre nei confronti dell’Ateneo. Sappia, però, fin da ora il rettore Recca, e tutti gli altri che, a questo punto, dobbiamo ritenere, stiano tramando per eliminare questa presenza prestigiosa sul nostro territorio, che Pensare Ibleo farà l’impossibile per difendere il posto di lavoro delle trentuno unità al momento in forza presso l’ente consortile. Non possiamo minimamente consentire che si metta in discussione un solo posto di lavoro in un momento di grave crisi come questo in cui c’è bisogno del sostegno e dell’aiuto di tutti per riuscire ad arrivare a fine mese. Così l’Università di Catania sa che non avrà più a che fare con una provincia babba. Mentre a noi resta ancora un interrogativo da sciogliere. Ma dove sono i nostri politici? Ad incatenarsi dinanzi la sede del Consorzio per protestare contro quest’ennesima trovata dell’Ateneo oppure a farsi i bagni a mare? Qualcuno ce lo dica, per favore”.

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