La rievocazione del tragico incidente in cui perse la vita Olivari. Sabato 8 settembre a Modica arriverà la carovana del 17° Autogiro

Un atto assolutamente dovuto. Per celebrare la memoria di uno dei grandi dell’automobilismo di tutti i tempi. Sabato 8 settembre, la carovana dell’Autogiro della provincia di Ragusa, rievocazione giunta alla 17esima edizione, renderà onore alla memoria di Gigi Olivari. L’iniziativa è promossa dal Veteran Car Club Ibleo in collaborazione con il Comune di Modica e il Consorzio per la tutela del cioccolato modicano. In mattinata, dopo le 9,30, ci si trasferirà dove sorge la stele dedicata a Gigi Olivari, in contrada Beneventano, e per l’occasione l’Amministrazione comunale annuncerà che la strada che collega la Ss 115 con la via Sorda Sampieri, e il cui tratto iniziale è proprio contrassegnato dalla presenza della stele, sarà intitolata proprio al pilota tragicamente scomparso.
Originario di Genova, Gigi Olivari si era trasferito con la famiglia a Cagliari nel 1939, dove aveva dato vita ad una attività commerciale con il padre e i fratelli, tutt’oggi esistente. Nato nel 1907, si era dedicato alle gare automobilistiche a partire dai 44 anni, cioè nel ’51 e già padre di 4 ragazzi. Purtroppo la sua carriera fu breve concludendosi nel 1957 nel corso del Giro di Sicilia. La carriera di Olivari cominciò con una Fiat 1400, proseguì con l’Alfa 1900 Ti e si concluse con la Maserati A6GCS. Ottenne in Sardegna, patria adottiva, alcune affermazioni in gare locali; partecipò alla affollatissima Mille Miglia del ’55, piazzandosi al 20esimo posto assoluto, malgrado noie meccaniche lo avessero tormentato a più riprese nel corso della competizione. Nel ’56 per la prima volta partecipò al Giro senza fortuna. Fu infatti costretto al ritiro. Nell’aprile del 1957 tornò con l’intenzione di ben figurare. Partì da Palermo alle 3,33 del mattino e per tutto il percorso, fino a Ragusa, raggiunta verso le 10, non ebbe problemi di sorta. A Ragusa si fermò al controllo e fece rifornimento. Ripartì alla volta di Modica. Da Gela in poi la strada era una lunga serie di rettilinei; poche le curve, pochissime quelle lente o insidiose. Da Comiso la strada prendeva a salire per Ragusa con un tracciato misto veloce. Raggiunta la piana un altro rettilineo di più chilometri consentiva di raggiungere il capoluogo ibleo in pochi minuti. Quindi si scendeva verso l’abitato. Superata Ragusa, fino a Modica (12 Km), c’erano curve e controcurve in discesa secondo un tracciato in più punti pericoloso. Modica si attraversava percorrendo “il salone”, come i modicani chiamano il corso principale per via delle belle architetture barocche che lo delimitano.
A due terzi della sua lunghezza si girava a sinistra imboccando una ripida salita (“a surda”), zona periferica della città. Alla sommità della salita due tornantini facili e una chiesetta segnavano l’uscita dall’abitato. Iniziava un lunghissimo rettilineo di oltre 5 Km che seguiva il declinare del pianoro ibleo verso Ispica e il mare. Alla fine della retta una “S” con la prima a sinistra. Curve lente e piuttosto chiuse. Qui avvenne l’incidente.
Lasciata Ragusa, Olivari si trovò pochi minuti dopo a percorrere quel tratto di strada che gli sarebbe stato fatale. A rendere le cose più difficili era intervenuto un cambiamento del tempo piuttosto repentino. Sole sulle rampe tra Comiso e Ragusa, nuvolosità a Ragusa, pioggia a Modica. La carreggiata della strada, come tutte quelle del tempo, era caratterizzata anche dalla classica sezione a schiena d’asino, fiancheggiata da due banchine pavimentate con selci di pietra calcarea, già allora consunti ed estremamente viscidi. La pioggia li trasformava con tutto il resto in un percorso estremamente insidioso.
Allora si raccomandava di stare attenti a “u sciddicu”. Muretti di pietra a secco completavano la “pista”, alternandosi, ove d’uopo, ai “piccoli italiani”, pilastrini bianco-neri tenuti insieme da un superiore travetto: orgoglioso baluardo difensivo posto dal regime ai viandanti lungo le strade “italiche”. Olivari percorse la retta a tutta birra. Si trovò presto di fronte alla prima curva a sinistra. Probabilmente non la valutò o non la ricordò nella sua esatta configurazione. Forse ingannato anche dalla pioggia non ne percepì la vera ampiezza. Gigi tentò di inserire la macchina nella migliore traiettoria (la velocità era molto elevata), frenò, forse fece in tempo a scalare una marcia, ma la bella Maserati scartò a sinistra, investì un paracarro. Olivari ne perdette il controllo. Come impazzita la bella Maserati puntò contro il muro di pietra all’esterno e contro di esso si schiantò. Quindi si impennò in aria e ricadde capovolta sull’asfalto. Immediate le fiamme l’avvolsero in un rogo impenetrabile. Inutile ogni tentativo di recare soccorso. In quei concitati istanti non mancarono gli slanci generosi di spettatori che avrebbero voluto liberare Olivari. Ma non ci fu nulla da fare.

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