Ricette rosse solo con principio attivo: cerchiamo di fare chiarezza. La rubrica medica del dottore Federico Mavilla

E’ da metà agosto che c’è una rivoluzione nella prescrizione dei farmaci, con nuove regole, magari ancora un po’ confuse, a dire la verità, ma già in vigore. Si può dire che è cominciata l’epoca del principio attivo, ciò significa che ci si dovrà abituare a leggere sulla prescrizione rossa rilasciata dal medico l’indicazione del nome chimico, anziché commerciale, infatti, non verrà più indicato il nome di un farmaco preciso, ma solo quello del principio attivo. Il provvedimento è volto a diffondere in modo sempre più frequente l’utilizzo del farmaco generico. Cosa vuol dire farmaco generico? Il generico dovrebbe essere un farmaco ‘non griffato’, che contiene il principio attivo, cioè la sostanza che ha capacità terapeutica, nelle stesse quantità di un farmaco più noto e garantisce la stessa efficacia nella terapia.
Non entro in merito, in verità, se in effetti il farmaco definito equivalente abbia la stessa attività, io ritengo di no, ma la mia, e vi garantisco non è la sola, è un’opinione personale, basata sull’esperienza e in parte sull’evidenza clinica, comunque di certo possiamo dire che attualmente il generico è più economico e quindi utilizzare i farmaci generici significa, soprattutto, un notevole risparmio sia per i cittadini che per il Sistema Sanitario Nazionale. Ma vediamo, quindi, cosa cambia nella pratica giornaliera?
Nelle ricette rosse il medico potrà indicare solo il nome del principio attivo, cioè della sostanza contenuta nel farmaco che ha proprietà terapeutiche, senza prediligere un farmaco piuttosto che un altro. Questo è il messaggio principale che volutamente sta passando, creando un certo allarmismo e confusione sia tra i cittadini che tra i medici.
Vediamo le varie situazioni
Per quanto riguarda le patologie croniche,quale l’ipertensione, le patologie dislipidemiche, la protezione o il reflusso gastrico,l’artrosi,ecc., in tutti questi casi vale la regola che tutti i malati, già in terapia, per loro, il medico potrà prescrivere il farmaco già utilizzato scrivendo sulla ricetta il nome commerciale, per non correre il rischio di inconvenienti causati dal cambiamento di medicinale.
Per le stesse patologie, definite croniche, se il medico si trova alla prima visita, ritenendolo necessario, potrà indicare il nome commerciale, ma dovrà giustificare la scelta e scrivere sulla ricetta “non sostituibile”, indicando una sintetica motivazione.
Il paziente, in entrambi i casi, consegnerà la ricetta al farmacista che provvederà a informarlo dell’esistenza di un farmaco equivalente a un prezzo più basso. Resta, in ogni caso, valida la possibilità per il cittadino di rifiutare il farmaco generico e richiedere comunque il farmaco ‘firmato’, ma in tal caso dovrà sostenere di tasca propria la differenza di prezzo, da poche decine di centesimi a 2 euro in media. Proviamo a tradurre con due esempi. Prendiamo il caso di un paziente affetto da ipertensione che è una patologia cronica: se è già in cura non cambierà niente, quindi potrà continuare a vedersi prescritto il farmaco di «marca». In caso di una patologia «nuova», cioè appena scoperta, il medico dovrà prescrivere il principio attivo, ma avrà anche la facoltà di indicare lo specifico farmaco con una motivazione. Stessa cosa potrà accadere per una patologia non cronica (ad esempio una tonsillite) che si presenti per la prima volta: la regola è prescrivere il principio attivo (generico), Di mezzo c’è sempre il farmacista che è tenuto a rispettare le regole varate mesi fa (restano in vigore) in materia di nuovi farmaci, ovvero di proporre e vendere al paziente il farmaco meno costoso. In realtà, per i pazienti, non dovrebbe cambiare molto perché, alla fine, tra proposte, modifiche ed emendamenti, è stato partorito un testo che dà un colpo al cerchio e uno alla botte: la classica soluzione all’italiana in cui si cambia (apparentemente) tutto per non cambiare.

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