L’OPINIONE. MODICA, UN TRIBUNALE DI TROPPO di Bartolo Iacono

Per il Tribunale di Modica è giunto il momento del compimento di un destino ampiamente annunciato e, per molti versi, ineluttabile quanto è vero che l’acqua dei fiumi dal monte a valle deve scendere. Non è il momento di cercare “responsabili”, di cercare ipocritamente di accusare qualcuno del risultato per mala gestio o per altre ra-gioni. Così doveva andare e così è andata. E non certo perché qualcuno si è incattivito conto la città di Modica. Forse qualcuno ha la memoria corta. Ma “il caso Modica”, cioè quello di un piccolo Tribunale a pochi chilometri dal capoluogo di una delle pro-vincie più piccole d’Italia, per abitanti e soprattutto per estensione, senza alcuna pe-culiarità orografica, era diventato paradigmatico tra quanti ritenevano obsoleta e da riscrivere la geografia giudiziaria del Paese.
Quando nel settembre 2011 per la prima volta è stata approvata una legge delega per la revisione delle circoscrizioni giudiziarie (governo Berlusconi, Ministro Nitto Palma, PDL, voto favorevole dell’On.le Minardo, giusto per dire le cose come stanno) il destino era ampiamente segnato. E non mancai di sottolinearlo.
Ma in quel frangente, invece di ragionare senza ipocrisie o infingimenti, su come “ge-stire” nell’interesse della nostra comunità gli effetti della soppressione, su come uti-lizzare, nell’ambito del nuovo circondario, la struttura che ospita il Palazzo di Giusti-zia, ci siamo persi in stravaganti iniziative e proposte, che ci hanno messo fuori gioco. Per mesi abbiamo inseguito “il sogno” dell’allargamento del circondario ai comuni dell’area sud della provincia di Siracusa (Rosolini, Noto, Avola, Pachino, Porto Palo di Capo Passero e, da ultimo, Palazzolo). Ci è stata prospettata la fattibilità della pro-posta per il fatto che quei Comuni sarebbero stati entusiasti di “accorparsi” a Modica “sgangiandosi” da Siracusa, Ci sono state preannunciate iniziative dei Sindaci e dei Consigli Comunali dei Comuni interessati. Abbiamo dovuto registrare invece “il nul-la”. Non solo non sono venute ad essere prese di posizioni pubbliche da parte delle i-stituzioni locali, ma addirittura, sono emerse posizioni di ostilità e contrarietà alla proposta da parte delle medesime istituzioni locali e da parte degli avvocati di quei Comuni.
L’impraticabilità della stravagante proposta peraltro è stata subito messa in chiaro al Ministero dove hanno fatto subito rilevare che non c’era alcuna esigenza di “deconge-stionare” il Tribunale di Siracusa, che per dimensioni non può certo essere ritenuto un grande Tribunale, semmai un Tribunale di medio-piccole dimensioni, mentre il”prospettato” nuovo circondario non raggiungeva da un punto di vista dimensionale gli standards minini.
Eppure siamo stati dietro questa stravaganza per mesi, mentre il gruppo di lavoro presso il Ministero lavorava per definire la nuova geografia giudiziaria.
Chi si è permesso di dire che bisognava con realismo perseguire la strada dell’utilizzo dei locali nell’ambito del nuovo circondario provinciale di Ragusa, è stato pubblica-mente attaccato quasi fosse un traditore della causa. L’On.le Minardo, al quale va da-to il merito di avere subito messo in luce che quella era la strada da percorrere, sulla base delle indicazioni avute al Ministero e sulla base della oramai ineluttabile deci-sione che stava per essere assunta in sede governativa nell’ambito della delega avuta dal parlamento, è stato pubblicamente accusato di aver tradito “la causa dei modicani” . Io stesso sono stato accusato di indebolire il fronte per avere manifestato la mia “nota” opinione sul punto.
Poi arrivò il decreto legislativo (quello che qualcuno ancora si ostina a chiamare “schema di decreto legislativo”) ; qualcuno si è stracciato ancora le vesti, preannun-ciando sfraceli e pronosticando stravolgimenti nell’esame da parte delle commissioni giustizia di Camera e Senato. E sappiamo come è andata.
I soliti si sono lamentati, hanno lanciato strali contro tutti e contro tutto, hanno de-nunciato l’esistenza di una vera e propria congiura contro Modica (maledetto provin-cialismo) hanno immaginato padrini politici per Caltagirone e Sciacca (non conosco la realtà di Sciacca, ma Caltagirone aveva ed ha tutte le carte in regola per essere mantenuto, irragionevole sarebbe stato l’accorpamento a Ragusa, attesa l’estensione geografica del territorio).
E allora diciamo le cose come stanno e cerchiamo di ragionare realisticamente e posi-tivamente sull’imminente futuro.
La legge consente in via transitoria per cinque anni di utilizzare gli edifici esistenti sedi dei soppressi uffici giudiziari.
Partiamo da questa opportunità nell’attesa di una razionale collocazione dell’intero presidio giudiziario in un’unica funzionale struttura nel capoluogo del circondario.
Non perdiamo tempo su proposte che immaginano la fruizione definitiva del nostro palazzo di giustizia (non è consentito dalla legge e sarebbe contro ogni logica di ri-sparmio di spesa) ma concentriamoci su una fruizione che renda in questa fase meno traumatico il passaggio a Ragusa (specie per il civile, il penale non importa perché i penalisti sono da sempre “mobili” a differenza dei civilisti che sono più stanziali). Non facciamoci, questa volta illudere dai soliti “soloni” che promettono mare, cielo e monti (l’ultima stravaganza sulla quale vorrebbero illuderci è quella dei Tribunali Riuniti di Ragusa e Modica, e perché no come dice qualcuno di “Modica e Ragusa”). Occorre pragmatismo e realismo. Non è atteggiamento di resa, ma lucida e razionale constatazione della realtà, perché non è in gioco “una ingiustizia” che siamo costretti a sopportare perché “l’avversario” è troppo forte e spietato, ma una razionale esigenza di razionalità del sistema giustizia nel territorio alla quale solo un atteggiamento provincialista e campanilista può opporre “inutile e dannosa” resistenza.
Insomma liberiamoci da questo atteggiamento e organizziamoci, nell’interesse di tutta la comunità dei cittadini, a gestire, partecipandovi, la fase dell’avvio del nuovo cir-condario. Cercando di mettere in evidenza “le positività” della nuova situazione. Sia sul piano culturale e della qualità della giustizia, con la possibilità di implementare la specializzazione di giudici, pubblici ministeri e avvocati, in un ambito più ampio e si-curamente meno asfittico rispetto al microcosmo in cu abbiamo operato sin qua, che sul piano della efficienza della risposta giudiziaria nell’ambito di una realtà che rimane di “modeste” dimensioni, ma che sicuramente saprà rispondere meglio alla domanda di giustizia.
In conclusione voglio ricordare che sino a qua abbiamo interpretato la parte di quelli che da quasi un secolo si ostinano contro ogni possibilità di riordino delle circoscri-zioni giudiziarie, accampando le più stravaganti ragioni, e che sono stati ben descritti (e addondantemente presi in giro) già nel 1921 da Piero Calamandrei (leggete il pam-phler “Troppi avvocati” pubblicato nel 1922 ed in particolare il capitolo dedicato ai troppi tribunali).

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