Nuovo decreto sanità: medici di famiglia 24ore al giorno. La rubrica del dottore Federico Mavilla

E‘ stato pubblicato, nei giorni scorsi, sulla Gazzetta Ufficiale il decreto firmato dal Ministro della Sanità, Renato Balduzzi; ora passerà al vaglio delle Camere ed entro sessanta giorni lo trasformeranno in legge, con o senza modifiche. Il decreto consiste in 16 articoli che modificano lo status quo di numerosi aspetti della sanità. Verifichiamo quello che è ritenuto più innovativo, ma che, in verità, non lo è affatto, riguardo ai medici di famiglia. “Medici di famiglia: l’assistenza dovrà essere garantita 24 ore su 24 tutti i giorni della settimana, quindi i medici potranno, senza averne l’obbligo, aggregarsi in studi associati o in nuove forme organizzative.” Si capisce subito, intanto, che tale questione tocca da vicino l’intera popolazione. Sono state dette e scritte parole che hanno creato confusione ed illusioni tra i pazienti. Chiariamo subito una cosa fondamentale: nessuno può lavorare 24 ore al giorno, 7 giorni su 7. Quindi proclamare che ogni paziente avrà a disposizione il proprio medico “sempre” non è del tutto corretto; invece si intende “ fornire un’assistenza sanitaria per 24 ore.” In effetti è già così, assommando il medico di fiducia, la guardia medica e i servizi di emergenza (il 118). Quindi si vuole garantire la presenza di un medico di riferimento, per cui i medici vengono invitati (attenzione: non si obbligano!) a riunirsi in gruppi, dimenticando però di specificare come dovranno fare i medici che lavorano da soli in piccole realtà rurali o disagiate.
Per garantire l’assistenza notturna verrà continuato il servizio della guardia medica, che non farà più riferimento alla Regione ma direttamente a questi ‘gruppi’, che effettueranno analisi di primo livello, ecografie, consulenze fisioterapiche e pratiche infermieristiche.
Saranno aperti 24 ore al giorno, tutta la settimana e avranno, a seconda del luogo, della densità abitativa, dai dieci ai trenta tra medici, infermieri, tecnici e segreteria per la telemedicina. Potranno essere formati da medici di una sola specialità o garantire figure professionali diverse: dai pediatri, ai ginecologi, dai chirurghi ai cardiologi. Saranno i sanitari a decidere liberamente con chi e come aggregarsi, se utilizzare i loro spazi oppure quelli messi a disposizione dalle Asl.
Serviranno ad alleggerire l’assedio ai Pronto Soccorso, e a guadagnarci saranno tutti i cittadini, che non dovranno più aspettare, come adesso, ore ed ore in corridoio prima di riuscire a vedere un medico, per sapere se, in piena notte, quel mal di pancia è un indigestione o l’appendicite.
Tutto questo dovrà essere realizzato a costo zero per lo Stato, ma non viene spiegato dove si attingeranno i fondi necessari. Alle singole regioni viene demandato la ‘possibilità’ di stabilire budget e di reperire fondi .
É tutto in divenire,ancora, bisogna vedere i suggerimenti che arriveranno dalla discussione in parlamento, dalla conferenza stato regioni. Perché saranno le regioni a doverli mettere in pratica, a decidere come, dove, quando organizzare gli ambulatori. Saranno loro a dover trovare i fondi.
La nota dolente del progetto,quindi, è la mancanza di fondi che rischia di fare restare il tutto lettera morta. Non sono previsti finanziamenti, le Regioni, che dovrebbero mettere i soldi, visto che gestiscono la sanità, sono a secco. E’ difficile svolgere un’attività di 24 ore senza risorse aggiuntive, non esistono riforme a costo zero, sono sicuro che le regioni troveranno i soldi per fare meglio con meno, per vedere in funzione gli ambulatori a tempo pieno servirà tempo e denaro, ma porterà un miglioramento dei servizi veramente notevole.
In effetti, la riorganizzazione della medicina del territorio riflette una concezione moderna della sanità, e’ una rivoluzione già proposta dai sindacati dei medici. Si ritiene che la medicina, per mantenere adeguati livelli di efficienza, deve dividersi in medicina terapeutica, altamente specialistica e concentrata in ospedale (con medici che vi lavorano a tempo pieno), e medicina diagnostica, dislocata capillarmente sul territorio. Questo principio implica una rivalutazione globale della figura dei medici di medicina generale che oggi appaiono impegnati troppo poco nella diagnostica e nel rapporto con il paziente e troppo nell’organizzazione, lo smistamento dei malati ai vari specialisti e la prescrizione di farmaci. E’ ovvio che l’assistenza diagnostica da parte dei medici di famiglia implica un servizio 24 ore su 24 e una dotazione di apparecchiature, per elettrocardiogramma, ecografia, per citare solo alcuni esempi. Di conseguenza il medico di famiglia non può più avere il suo studio isolato e sempre troppo affollato nelle ore di apertura, ma deve associarsi con altri colleghi, per permettere la rotazione dei turni e la condivisione delle tecnologie. Spero che le Regioni comprendano a fondo il valore di questa rivoluzione che si prepara da anni e favoriscano la nascita degli studi medici associati, che peraltro già esistono come esperienze isolate, come strumento di rinnovamento del sistema sanitario regionale e di valorizzazione del ruolo del medico di famiglia, un elemento essenziale del servizio pubblico, oggi non adeguatamente riconosciuto.

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