SCICLI E LA MAFIA (il caso Saviano)

La vicenda della querelle tra Saviano e il comune di Scicli merita di essere commentata perché emblematica di un certo modo di “far notizia”. Com’è noto, qualche settimana fa, Roberto Saviano, intervenendo nello spettacolo “Che tempo che fa” condotto da Fazio, lesse, nel corso della sua abituale invettiva contro la mafia, l’elenco dei comuni che hanno subito lo scioglimento del consiglio per acclarata mafiosità. Tra questi, egli incluse anche Scicli, incurante del fatto che il decreto di scioglimento, adottato il 18 luglio 1992 sulla scorta di una infelice relazione prefettizia, venne annullato dal TAR di Catania, con sentenza del 9 febbraio 1994, per travisamento dei fatti, insussistenza dei presupposti e difetto di motivazione: una sentenza, come si vede, perentoria e impietosa nei confronti di un provvedimento, non solo ingiusto, ma anche pretestuoso e tecnicamente inconsistente, come venne opportunamente sottolineato dalla eccellente difesa dei consiglieri comunali dell’epoca, che – lo ricordiamo a futura memoria – venne assunta dall’avvocato Luigi Piccione (a chi avesse la curiosità e la voglia di leggerla, ricordiamo che la sentenza è stata integralmente pubblicata e commentata nell’edizione straordinaria di “Dibattito” del marzo 1994). Quello della facile e disinvolta generalizzazione, si sa, è un vezzo in cui indugia la supponenza declamatoria prediletta da chi è convinto di dire oro colato. Non meraviglia, pertanto, che anche Saviano, in preda alla furia iconoclasta, sia incorso nella topica in questione.

Sta di fatto, però, che Franco Susino, attuale sindaco di Scicli, giustamente preoccupato dei riflessi negativi per l’immagine del suo paese, ha preso, come si dice, carta e penna e ha scritto a Saviano chiarendo i termini della questione e chiedendogli una smentita ufficiale.

La risposta, tuttavia, è, fino ad oggi, totalmente mancata, nonostante, per quel che ne sappiamo, l’iterazione della richiesta rivolta al concionante, che veniva anche invitato a visitare Scicli (a spese del comune, naturalmente). La questione, a questo punto, travalica i confini del pur sindacabile pressappochismo dei programmi televisivi cosiddetti “tematici”, in cui si dà per scontato ciò che, invece, è solo sospetto e illazione e il conduttore orienta la trasmissione in funzione del “tema” da dimostrare, incurante del travisamento subìto dalla notizia. Del resto, chi pratica l’impegno civile conclamato, l’esemplarità della denuncia pubblicizzata, de minimis non curat. Insomma, poiché la tesi è quella che sostiene la presenza mafiosa in Sicilia anche nell’aria che si respira, conta poco che Scicli sia stato “assolto” da una sentenza che – metti metti – sarà stata sponsorizzata da chissà quale sotterranea organizzazione criminale.

Il sindaco del paese diffamato non la faccia, dunque, tanto lunga. L’esperto di antimafia per eccellenza ha altro da fare che correre appresso a inezie come quella sollevata da un oscuro comune chiamato Scicli. Il sindaco si rassegni e lasci fare al predicatore che si è assunto il compito gravoso di educare gli italiani alla legalità, all’esperto dell’antimafia per antonomasia, (qualcuno ricorda i professionisti dell’antimafia di sciasciana memoria?).

Eh no, caro Saviano!

Qui non si tratta di fare la difesa a oltranza del natio borgo selvaggio e di sguazzare nel vieto municipalismo piccolo borghese, non si tratta, cioè, di amplificare un fatto in sé inconsistente per celebrare le gloriuzze dello sperduto paesello della Sicilia sud orientale (più meridionale di Tunisi, figurarsi!).

Si tratta di non permettere il ripetersi della nefandezza di cui Scicli già soffrì nel 1992 proprio a causa di notizie incontrollate, utilizzate con colpevole leggerezza e come arma impropria da chi – dentro e fuori la prefettura – aveva stabilito che il paese era dominato da oscurissime trame.

Non si tratta, insomma, di imbastire una sterile e vacua difesa dell’orgoglio strapaesano, ma di evitare i danni di un’ingiustificata cattiva nomea che, per la prosopopea di chi, evidentemente, ritiene di essere al di sopra delle buone regole del vivere civile, rischia di arrecare gravissimi danni all’immagine e all’economia di un paese che vive eminentemente di turismo. Si tratta soprattutto, di dimostrare coi fatti che il rispetto degli altri è, prima di tutto, rispetto per la verità.

Bene, dunque ha fatto il sindaco Susino nel chiedere la doverosa smentita e male ha fatto Saviano a tenere uno sprezzante, sussiegoso silenzio. La mafia, caro Saviano, non è solo la coppola storta e la doppietta a tracolla. È anzitutto un abito mentale prevaricanate, che si insinua come un cancro nei rapporti umani . e dunque mafia è anche l’atteggiamento di chi non si pone alcun problema nel distruggere la reputazione di un uomo o, come in questo caso, di una comunità, per imporre il proprio punto di vista. Sto parlando, come avrai capito, della mafia intellettuale, che si fa padrona e depositaria dell’idea dominante e la impone con le dicerie dell’untore. Pensaci, quando ti esibisci sul palcoscenico dell’effimero. E chiedi scusa, per favore. Sempre, si capisce, che l’Amministrazione di Scicli non ritenga di chiedere il risarcimento per i danni ingiustamente patiti.

nella foto l’ex magistrato Salvatore Rizza

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