Modica, processo Copai. “Il Consorzio era uno stipendificio”. Tirato in ballo assessore provinciale

Uno stipendificio. Così è stato indicato il Copai nel corso dell’udienza di ieri. Una parte degli impiegati del Consorzio presieduto da Sara Suizzo, e’ risultata essere parente dell’assessore provinciale dell’epoca che erano pagati mensilmente con un lauto compenso, a fronte di un’attività lavorativa pressoché inesistente”. Testimonianza-mannaia ieri mattina del sottufficiale della guardia di finanza, Giaquinta, nel corso del processo “Copai”, nel quale sono imputati Riccardo Minardo, la moglie Giuseppina Zocco; Pietro Maienza; Carmelo Emmolo; Sara Suizzo, già presidente del Copai; Mario, Giuseppe e Nives Barone (il primo è il marito della Suizzo); Angelo Giannì; Valerio Tidona; Giovanni Moncada; Maria Chessari; Giorgio Dimartino; Raffaele Nifosì; Francesco Palumbo; Nadia Zago e Giuseppe Ruta, collaboratore dello studio di geometra di Minardo, tutti modicani, ragusani e santacrocesi. Le accuse sono di truffa aggravata ai danni dello Stato, malversazione, estorsione, emissioni di fatture false e favoreggiamento. Questi 17 imputati facevano parte del procedimento “Copai 2”, adesso accorpato con il troncone principale in cui Riccardo Minardo, Giuseppina Zocco, Sara Suizzo, il marito Mario Barone e l’imprenditore di Santa Croce Piero Maienza devono rispondere anche del reato di associazione per delinquere. Cinque imprenditori si sono costituiti parte civile, compreso l’ex presidente del Consorzio per la Promozione dell’Area Iblea, l’ispicese Corrado Monaca. Ieri Giaquinta ha sottolineato che “l’assessore provinciale di riferimento del Copai provvedeva a far approvare e finanziare i progetti presentati dal consorzio, favorendo l’ottenimento dei fondi pubblici”. Di contro – ha detto – l’assessore provinciale,  Floriddia,  aveva fatto assumere nel Copai alcuni suoi parenti stretti, tra cui moglie e figlia, ai quali mensilmente il consorzio versava tra i sette e gli ottomila euro, per imprecisate prestazioni lavorative”. Il teste ha poi citato il movimento di soldi dal Copai ai fornitori stranieri, tra cui uno della Slovenia, per l’acquisto di forniture quali arredi e computers, dal momento che le quattro società esterne che dovevano occuparsi dei pagamenti, in quanto orbitanti attorno al Copai e riconducibili a Barone, non avevano la disponibilità di tali somme. Il Copai aveva invece ottenuto un fido di un milione e mezzo di euro dalla Banca agricola popolare di Ragusa. “Questo denaro – ha concluso il finanziere – transitava alle quattro società per il pagamento sulla carta dei fornitori, e poi ritornavano al Copai”. L’altro teste sentito, il colonnello Dieghi, è stato invece molto lacunoso su alcuni passaggi, suscitando la reazione della pubblica accusa e dell’avvocato Enrico Trantino, difensore della Suizzo, che ha rinunciato ad interrogare il teste, dopo aver preso atto dei suoi vuoti di memoria. Il collegio penale del Tribunale di Modica( Maggiore, Chiavegatti, Rada Scifo)ha quindi rinviato il processo per l’audizione di altri testimoni.

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