La scuola italiana è diventata nell’ultimo decennio la cenerentola del Paese. I governi di centrosinistra e di centrodestra che si sono succeduti, iniziando da Berlinguer per giungere all’attuale ministro Profumo, hanno realizzato “fatti e misfatti” , “tagli e ritagli”, “riduzioni e accorpamenti”, tirando la corda fino all’estremo.
Il fatto che quasi tutte le sigle sindacali, CISL, UIL, SNALS, CONFASAL, FEDERAZIONE GILDA/UNAMS, con esclusione della CGIL, siano riuscite a trovare, dopo tanto tempo, una linea comune costringendo il Governo, con la proclamazione dello sciopero del 24 novembre scorso, a ritirare le norme sull’orario di lavoro dei docenti (24 ore) e ad attivare il ripristino degli scatti di anzianità maturati nel 2011, fa ben sperare nel prosieguo di una azione di protesta ancor più incisiva. Se infatti lo sciopero è stato revocato, è pur certo che lo stato di allerta deve continuare e che all’interno delle singole Istituzioni scolastiche deve avviarsi una riflessione seria sullo stato della scuola.
La crisi della scuola riflette la crisi della società ed è pur vero che il malessere non nasce solo dai tagli e dalla mancanza di una efficace politica scolastica a livello governativo, ma anche dalla incapacità di chi vive nella scuola di fare di essa una comunità educativa. Il conflitto e la mormorazione sono infatti le note caratteristiche che attraversano la scuola dal Nord al Sud. Tutti vogliono il cambiamento, ma nessuno è disponibile a cambiare: si attende che comincino gli altri. E chi vuole cominciare rimane spesso in solitudine.
In questi ultimo decennio,poi, il discorso sulla Scuola si è chiaramente sviluppato facendo emergere quattro antinomie fondamentali.
1.La prima antinomia ha ruotato tra umanesimo e scienza. E difatti, molti hanno contestato una scuola incentrata su contenuti umanistico – letterari proponendo e richiedendo un allargamento del sapere a contenuti più propriamente scientifici e tecnologici secondo le esigenze della società, ma subito dopo si è elevato un grido di protesta contro chi stava cercando di far scivolare la scuola in una sorta di scientismo fine a se stesso, con il conseguente rischio di costruire tecnici robotizzati anziché persone e uomini capaci di riferirsi a significati e orizzonti umani più ricchi e consapevoli.
2. La seconda antinomia ha avuto come fattori di riferimento il passato e l’attenzione alla attualità. Non sono mancati, infatti, coloro che, specie tra gli studenti, hanno, criticato con forza una cultura ed un insegnamento scolastico troppo attenti al passato, battendosi per una scuola che mettesse l’attualità al centro dell’apprendimento, ma poi si è subito originata una energica contestazione per opporsi ad una visione di scuola in cui la pura attenzione all’attualità stava per porre le basi per la riduzione dell’insegnamento a curiosità per l’effimero e in cui l’attualità non era difficilmente comprensibile per la mancanza di un riferimento alle sue radici e alle sue ragioni storiche.
3. Apertura alla realtà sociale e ideologizzazione: sono i poli di interesse della terza antinomia. In pratica, si è attaccata una Scuola distante dai problemi concreti della società(politica, sindacato, emarginazione, disoccupazione, lavoro, mafia, ambiente, etc…) e si è preteso uno scambio diretto tra vita scolastica e società, ma immediatamente si è alzato un coro di lamenti per protestare contro una Scuola soggetta a strumentalizzazioni da parte delle forze sociali e politiche e in procinto di diventare “serva del sistema” o di lasciarsi ideologizzare in modo fazioso.
4. Infine, la quarta antinomia: esigenze di una riforma ed autonomia scolastica. Da parecchi anni si protestava per avere una riforma della Scuola con programmi di studio e discipline nuove, con sperimentazioni e innovazioni, ed ora che è stata attuata si grida contro la decantata “autonomia scolastica”, la quale sta rischiando di ridursi ad una offerta di nozioni insegnate pur sempre alla vecchia maniera, e di aprire una fase di scontri all’interno dell’Istituzione scolastica.
Certo, mettere mano alla riforma della Scuola è stato un problema complesso, ma è pur vero che molte questioni sono ancora aperte e che occorre organizzare la cosiddetta “rete scolastica”, mettendo di più al centro i percorsi di formazione che dovrebbero garantire la crescita culturale ed umana dell’alunno, evitando sbilanciamenti ed unilateralismi, sottovalutazioni dei saperi e sopravalutazioni della tecnica gestionale ed amministrativa. Insomma da un equilibrio di gestione che tenga conto di tutti gli elementi del sistema delle autonomie, può avvenire il rilancio di una scuola capace di offrire un servizio efficace, efficiente e di qualità. Il Dirigente scolastico, in questa direzione, ha sicuramente un compito di vitale e fondamentale importanza.
L’OSSERVAZIONE DAL BASSO ……………..DI DIRETTORE. LA SCUOLA DELLA CRISI E LA CRISI DELLA SCUOLA
- Novembre 25, 2012
- 12:54 am
Condividi su facebook
Facebook
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su whatsapp
WhatsApp
Condividi su email
Email
Condividi su print
Stampa