Come volevasi dimostrare: il programmato accorpamento del tribunale di Modica a quello di Ragusa verrà effettuato col sistema del “paghi due e prendi uno”. Ovvero, lo Stato procederà all’accorpamento dei due tribunali mediante accoppamento di quello modicano per far si che l’ufficio rimasto in vita funzioni (si fa per dire) col personale (o poco più) col quale già in precedenza operava.
L’“operazione smantellamento” ha già avuto inizio con la circolare ministeriale n. 5116 del 15 ottobre del 2012, nella quale si rileva “la necessità di ricollocare il personale perdente posto”, si invitano funzionari e impiegati in servizio presso gli uffici giudiziari destinati ad essere soppressi a chiedere, “nelle more della definizione delle nuove dotazioni organiche” il trasferimento nei posti in atto vacanti nell’ambito del nuovo circondario, o, in mancanza, del distretto, e ci si riserva, all’esito, “l’eventuale movimentazione … in tutto il territorio nazionale”. Il che, tradotto dal criptico burocratese in lingua italiana, suona pressappoco così: “Cari dipendenti, datevi una smossa e affrettatevi a cambiare aria al più presto sistemandovi nei posti in atto vacanti più vicini, giacché, con la ridefinizione dell’organico del nuovo ufficio unificato, non ci sarà più posto per tutti e rischiate di essere sbattuti a casa del diavolo”. È evidente, a questo punto, che uguale criterio verrà, a maggior ragione, utilizzato per i magistrati, il cui numero, invece di ricomprendere, quanto meno, la sommatoria degli organici (peraltro già di per sé insufficienti) in atto in servizio negli originari uffici, verrà solo aumentato di qualche altra unità.
Il che (i miei dodici lettori mi scuseranno per l’autocitazione, ma quando ce vò ce vò!) conferma appieno le nere previsioni contenute nel mio contestatissimo articolo apparso su Dibattito dello scorso mese di marzo.
A quanto pare, insomma, i criteri con i quali si pretende di risolvere i problemi che affliggono la nostra società, primo fra tutti quello della giustizia, continuano a basarsi sull’aureo principio del “taglia che ti passa, tanto, chìssenefrega”; parola, quest’ultima, che, nella sua sintetica formulazione, riproduce efficacemente l’intimo pensiero espresso della regina Maria Antonietta, allorquando, a chi le riferiva che il popolo non aveva pane, si dice rispondesse : “Ebbene, dategli delle brioches !”.
Per la verità, la storia non dice se la regina “ci fosse” o “ci facesse”. Sicuramente “ci fa il Ministero”. Sta di fatto che tra qualche anno raccoglieremo i frutti malati di questa improvvida operazione di “taglia e cuci”, nefasta per la società civile, ma ben vista, si capisce, dagli imputati e da non pochi difensori dei medesimi, i quali, da tempo, dietro l’usbergo della carità pelosa, fanno salti mortali per aver modo di avvalersi, molto più frequentemente di quanto non avvenisse in precedenza, del comodo congegno prescrizionale architettato dal regime berlusconiano.
Così va la vita!
In compenso, brillantemente portata a termine l’operazione accoppamento del Tribunale di Modica, si affacciano già le prime avvisaglie dell’accoppamento dell’annessa casa circondariale, ovvero, del locale carcere, che, si sostiene da parte degli accoppatori impenitenti, è diventato un inutile doppione della casa circondariale di Ragusa.
Il sindaco di Modica ha protestato facendo presente che il carcere di Modica è dotato di personale e strutture idonei. Sappiamo, tuttavia, che le proteste del sindaco lasceranno il tempo che trovano e verranno presto diligentemente evase mediante smaltimento in apposito cestino. Poco male, tutto sommato : una volta perso il tribunale e diversi altri importanti centri nevralgici che garantivano la presenza dello Stato nel territorio, a seguito della soppressione della provincia (penso alla Questura e al Comando provinciale dei Carabinieri), della soppressione del carcere non ce ne può fregare di meno.
È, semmai, utile meditare, visti i precedenti, sul ragionamento che può aver condotto il Ministero a procedere al nuovo accoppamento.
Conoscendo il modo di ragionare degli accoppatori, possiamo, a ragion veduta, azzardare un paio di ipotesi, con qualche possibilità di cogliere nel segno.
La prima ipotesi prende le mosse manco a dirlo, dall’esigenza di tiare la cinghia ed evitare spese inutili.
Ebbene! Sembra che a seguito di recentissimi studi condotti dal Ministero della Giustizia, è stato accertato che in un metro quadro di spazio ci stanno non meno di tre persone (magre; due se sono sovrappeso) all’impiedi, ragione per cui una cella di trenta metri quadri può contenere ben novanta detenuti (magrolini). A condizione, s’intende, che essi siano ben stipati, non ingrassino e, soprattutto, stiano in posizione rigorosamente verticale e respirino con moderazione.
Ciò, naturalmente, consentirà di incrementare notevolmente la capienza degli istituti di pena. C’è, è vero, il solito disfattista che parla di sovraffollamento e ha timidamente fatto osservare l’impossibilità di tenere giorno e notte all’impiedi i detenuti, stante, se non altro, l’esigenza di farli dormire. Ma, l’ufficio RiCavo (risposte del cavolo) ha prontamente ribattuto che, una volta stabilito il nuovo criterio su cui misurare la capienza, non può più parlarsi di sovraffollamento. Quanto al problema del riposo notturno, esso è stato risolto con l’idea, veramente geniale, di rendere agibili le celle solo quando esse saranno sature: nel senso che la cella potrà essere occupata solo quando sarà convenientemente stipata. In tal caso, infatti, la ressa sarà tale che i detenuti si sosterranno l’un l’altro a vicenda senza fare alcuno sforzo. Ciò, naturalmente, consentirà ai detenuti di dormire anche all’impiedi.
La soluzione, tuttavia, non è piaciuta ai soliti disfattisti, contrari per partito preso, i quali obiettano che ragioni di umanità impedirebbero di stipare le celle come scatole di sardine.
L’obiezione ha, comunque, indotto il Ministero a elaborare la seconda soluzione che, per il geniale congegno su cui si fonda, ha conquistato il consenso degli amici di Caino.
Come è noto agli addetti ai lavori, l’ormai dominante dottrina giuspenalistica, partendo dal principio che funzione primaria della pena deve essere quella di rieducare il condannato, facendone un buon cittadino, è da tempo giunta alla conclusione che il carcere, così come è ancor oggi concepito, è un residuo dell’antiquato sistema retributivo, risalente al codice di Hammurabi. Come tale contrasta con la moderna teoria emendatrice e va, dunque, soppresso o, se non altro, adeguato alla nuova funzione. Il carcere, insomma, non solo deve essere irrogato solo per i reati più gravi, ma deve, in ogni caso, essere luogo di meditazione e di elevazione spirituale, capace di fare del condannato un cittadino esemplare.
A tal fine, il ministero ha già da tempo in gestazione, presso l’ U.A.F (ufficio aria fritta) un progetto di legge che prevede, per un rilevante numero di reati, la depenalizzazione e, per quasi tutti gli altri, una serie di misure alternative al carcere, compreso l’allegro istituto della “messa alla prova” già in vigore per i minorenni (in virtù del quale, trascorso un certo periodo senza che sia stato commesso alcun reato, la pena si estingue). Solo per pochissimi reati rimarrà in vigore la pena detentiva. Originale anche l’idea di catalogare diversamente, rispetto al passato, le violazioni al codice penale: solo quelle poche meritevoli di pena detentiva continueranno a chiamarsi reato; tutte le altre, invece, si chiameranno monellerie. Superfluo aggiungere che la recente vicenda Sallusti, nel caso di diffamazione a mezzo stampa, ha indotto gli autori della riforma a elaborare l’originale principio per il quale, se un reato viene commesso da un famoso giornalista, cambia nome, si chiama provocazione e, a differenza della monelleria, per la quale è prevista la pena del buffetto, merita un encomio solenne.
Tornando alla questione di cui sopra, si prevede che il nuovo codice penale come sopra rielaborato, svuoterà le carceri in men che non si dica risolvendo una volta per tutte il problema del sovraffollamento e, per di più, imporrà la chiusura di molti istituti carcerari.
Tra questi, per l’appunto, quello di Modica.
La soluzione, anche ‘stavolta non è, tuttavia, piaciuta ai radicali, i quali ritengono, com’è noto, la detenzione in carcere una inutile crudeltà perpetrata nei confronti delle vittime del sadismo giudiziario. La protesta, manco a dirlo, ha il suo portabandiera in Marco Pannella, il quale ha già preannunciato lo sciopero della fame, della sete e di altre esigenze fisiologiche nel caso in cui non si arrivi in tempi brevi alla chiusura di tutte le carceri.
Naturalmente ciò ha provocato la pronta attivazione del Ministero il quale ha tentato una mediazione proponendo di trasformare le carceri in alberghi da destinare al soggiorno dei detenuti e delle loro famiglie.
Pare che la proposta abbia già avuto l’adesione del dietologo di Pannella, il quale, stanco di lavorare a tempo pieno col suo difficile cliente, ha preannunciato che questi sospenderà il programmato sciopero, a condizione che gli alberghi per detenuti e parenti al seguito non siano inferiori a quelle di un resort a cinque stelle. Una classificazione più modesta, ha spiegato, comporterebbe una grave discriminazione nei confronti dell’utente non detenuto facoltoso che, per il fatto di non aver subìto condanne, può permettersi il lusso di ben più lussuose dimore.
Tra l’altro, ha fatto opportunamente notare il Vate della protesta, la soluzione da lui richiesta, non solo assicura al detenuto un trattamento umano, ma risolverà una volta per tutte il difficile problema dell’accertamento del reato e del suo autore : quest’ultimo, infatti, crogiolandosi nell’idea di una vacanza in un albergo di lusso, non avrà remore nel confessare il reato e nel fornire agli inquirenti tutti gli elementi per la condanna.
L’idea, insomma, sta trovando vasto consenso e c’è già chi propone di includere nei servizi della prigione-resort la piscina, la sauna e la sala massaggio, giacché pare che, in tal caso, diventeranno superflui gli organi inquirenti (penso, tanto per dire, ai fastidiosissimi giudici). Sta di fatto che, considerando quel che dicono i bene informati, la proposta farà parte del progetto di legge berlusconiano sulla riforma della giustizia. Con una variante : il libero accesso al luogo di detenzione, di escort di ogni genere e specializzazione, che intendono osservare il precetto evangelico di visitare i carcerati. Inutile aggiungere che si tratta di opera di misericordia corporale (sic), i cui costi ricadono sul groppone dei contribuenti.
Le vie del Signore, si sa, sono infinite.
ACCOPPAMENTO: A MODICA DOPO IL TRIBUNALE È IL TURNO DEL CARCERE di Salvatore Rizza(da Dibattito)
- Gennaio 11, 2013
- 10:35 pm
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