Inesistenti acquirenti di auto, ottenute con falsi documenti. Indagine della Polizia Stradale di Ragusa e Catania

Operazione polizia stradale di Ragusa 'Fly end drive'Sono dieci le persone arrestate dalla polizia stradale di Ragusa e Catania a conclusione di un’indagine che configura numerose truffe ai danni di falsi piloti d’aerei e di inesistenti dipendenti pubblici erano banche, uffici postali, societa’ finanziarie e concessionarie di auto. Le truffe avvenivano grazie alla falsificazione di documenti di identita’, dati anagrafici, buste paga, Cud e modelli unici. Nei confronti degli indagati e’ stata seguita un’ordinanza del Gip di Catania richiesta dalla Procura etnea.

L’INDAGINE

L’indagine, condotta dalla Polizia Stradale di Ragusa, prende avvio nel settembre del 2011, dopo che alcuni componenti della banda, fingendosi piloti ed assistenti di volo di una compagnia aerea, presentando falsa documentazione, acquistavano presso una concessionaria ragusana una Jeep del valore di 43.000,00 (attivando un finanziamento di cui pagavano solo le prime rate) rivendendola dopo pochi giorni ad altra persona, a prezzi molto più bassi di quelli di mercato.

Nei giorni successivi al primo acquisto, altri componenti dell’associazione, presentatisi come colleghi del primo acquirente, si presentavano presso la stessa concessionaria ragusana per comprare altre vetture (2 Jeep, 1 Freemont); detta attività illecita non veniva portata a conclusione per il blocco dei finanziamenti disposto a seguito delle indagini degli agenti.

La Polizia Stradale di Ragusa, ipotizzando che si trattasse di una vera e propria organizzazione criminale, richiedeva alla Procura di Ragusa, D.ssa Monica Monego, un decreto di intercettazione telefonica che veniva effettuato per diversi mesi. Essendo subito emerso che i primi componenti erano catanesi e che il reato più vecchio era stato commesso a Catania, il fascicolo veniva trasmesso alla Procura di Catania, dove i PP MM sopra indicati, coordinando la successiva attività investigativa, avendo acquisito sufficienti elementi per la sussistenza di una associazione per delinquere, richiedevano al G.I.P. di Catania le misure cautelari.

Le indagini, particolarmente complesse in quanto i componenti utilizzavano falsi documenti, false identità e, durante le intercettazioni,soprannomi, grazie ad investigazioni tradizionali (acquisizione documentale e pedinamenti) effettuati da personale della stradale ragusana nel territorio catanese e ragusano, consentivano di identificare tutti i componenti della associazione.

Durante l’indagine è stato accertato che diversi erano i mezzi di lusso già acquistati e rivenduti a terzi (una moto Bmw, una Mercedes, 1 Jeep) ed altri stavano per essere acquistati (2 Jeep, 1 Freemont, 2 Fiat 500 ed 1 Panda), attività che non si è concretizzata per intervento degli agenti.

Inoltre, uno degli arrestati aveva avviato un’attività commerciale a Catania ed attivato un conto corrente bancario, con falsi documenti, solo per ottenere un POS per poter poi utilizzare indebitamente 11 carte di credito, per un totale di 31.000 euro, di soggetti stranieri, che ne avevano subito il furto o smarrimento.


L’attività illecita degli arrestati

È stato individuato l’esercizio commerciale presso il quale sarebbe stato effettuato l’acquisto del veicolo, il cui prezzo veniva corrisposto parte in contante e la restante somma tramite finanziamento (in quanto la parte in contante avrebbe spinto la finanziaria ad accogliere la richiesta);

uno dei componenti dell’organizzazione, che di fatto fungeva da prestanome, richiedeva il finanziamento utilizzando buste paga false, CUD o Modello unico falsi sui quali veniva indicato un importo sufficiente per trarre in inganno l’istituto finanziario che elargiva la citata somma;

una volta formalizzato l’acquisto, il veicolo (trattandosi di finanziamento e non di leasing o vendita con riserva di proprietà) veniva intestato ad un membro dell’organizzazione il quale otteneva il rilascio della relativa documentazione;

talvolta venivano pagate le prime rate del finanziamento al fine di non destare, inizialmente, alcun sospetto;

il veicolo veniva rivenduto a persone che ne avevano commissionato l’acquisto o a terzi nel giro di pochi giorni attese le condizioni (veicolo equivalente ad uno di nuova immatricolazione) ed il prezzo sensibilmente inferiore al valore di mercato;

il ricavato veniva poi suddiviso tra il componente della banda (che aveva prestato la propria presenza fisica ed i propri estremi anagrafici alterati leggermente o quelli di soggetti inesistenti utilizzando numeri di documenti rubati) e gli altri indagati.

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