A Modica risuona il grido delle donne africane violentate: “Lasciateci vivere”!

l43-africa-congo-stupro-110623120719_mediumLa festa della donna è un’occasione per dare voce alle sofferenze sommerse e ripensare un mondo più umano. Quest’anno la Caritas intende invitare tutti ad ascoltare il grido che, nel Congo martoriato da un’infinita guerra, sale dalle donne violentate e struprate – spesso davanti ai propri bambini o in stato di gravidanza – che sono tra le prime vittime della violenza. Il gemellaggio della diocesi di Noto con quella di Butembo-Beni che dura da 25 anni ci rende attenti ai doni e al dolore di questo continente. Così, si è avviato lo scorso mese di novembre un dialogo con Gianni Novello (di Pax Christi, più volte impegnato in missioni di pace in Africa) con le nostre scuole che ha spinto una classe – la VC del Liceo scientifico “Galileo Galilei” – ad approfondire il tema dell’Africa e ritrovare un documento di grande intensità, frutto di un confronto ecumenico e per ora pubblicato solo in francese. Un’alunna, Irene Cerruto, l’ha tradotto (cf. allegato) e diventa un patrimonio anche per noi, un motivo per riflettere e per coltivare sempre più una solidarietà con tutto il mondo che ci rende più umani. Molto bello il grido della prima lettera, quella in cui le donne si rivolgono a Dio e chiedono a Lui e a tutti: Com’è possibile, mio Dio, che noi abbiamo dimenticato che la tua forza si è affermata il settimo giorno del mondo: nella dolcezza del riposo e della contemplazione del mondo fatto per l’uomo, per la donna come per l’uomo, a condizione di pari dignità. Sì, la tua forza non è nelle armi né nella brutalità che massacrano vite, speranze, futuri, ma essa si trova nel ritiro benevolo dove ti trovi, noi confidanti nel tuo nome e nel mondo che tu hai fatto. Mio Dio, tu sei un Dio disarmato. È per questo che non ti mostri? Ma tu che sei il nostro solo aiuto nella difficoltà, la nostra unica difesa contro il nemico e l’aggressore. Struggente l’invocazione conclusiva scritta in prima persona quasi per personalizzare il dialogo: Io ti prego, a nome di molti dei tuoi figli, possa tu cessare il tuo silenzio, possa tu comunicare la tua rabbia nei confronti di chi frantuma l’umanità, di chi distrugge corpi, cuori, storie, famiglie. Signore, risvegliati! Non lasciarci. Parla. Parla dandoci il coraggio e l’audacia delle tue parole e del tuo cuore di Padre. Facci tornare al tuo vero volto. Questo per i vivi in modo che essi possano vivere, per i più piccoli in modo che siano protetti, amati, circondati. Commovente l’augurio alle donne vittime di violenza, ancora una volta in prima persona per dire l’esigenza di sentirci così anche noi coinvolti: Dal più profondo del mio cuore, mi auguro che in questa sofferenza e in questo profondo disordine, abbiate trovato un luogo accogliente, persone che vi ascoltino, rispetto, compassione e dolcezza. Un luogo sicuro, un po’ di conforto, di cortesia. Persone che si prendano cura di voi, genitori, amici, che vi accompagnano in questo momento doloroso e decisivo della vostra vita. Siate certe che penso a voi, che vi tengo nel mio cuore di donna e di madre e mi fido di voi. Il gemellaggio è anche questo: eco, vicinanza, attenzione fino a cogliere, indirettamente, il sogno di un’umanità che grazie alla sensibilità femminile ritrovi tenerezza e mitezza, ritrovi la vera forza della vita: l’amore che genera vita!

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