I vuoti di memoria. La rubrica medica del dottore Federico Mavilla

federico mavillaSiete vicino ai sessant’anni e vi accade da un certo tempo di non saper dire i nomi propri delle persone che pure conoscete bene? A volte proprio quando le avete davanti, e poi quando dovete fare delle presentazioni: spesso è il vuoto! Ma il vero assillo è questo: dimenticare i nomi, non solo propri, anche di oggetti. E’ un segnale di futura demenza o Alzheimer?
Non allarmatevi più di tanto, è questo un fenomeno che rientra nell’invecchiamento fisiologico, vale a dire normale, del cervello. Con la vecchiaia si riducono i neuroni e viene meno la memoria in generale perché resta coinvolta la parte del cervello, l’ippocampo, che è come la cassaforte di tutti i ricordi e le esperienze. Se i neuroni calano in particolare in una zona che è il centro dei ricordi dei nomi, ecco la difficoltà a ricordarli subito. Si chiama “anomia” e non è un sintomo allarmante. No, non c’è in previsione una patologia grave come l’Alzheimer. Potrebbe esserci se, dopo, i nomi non venissero più a galla e se questo fosse accompagnato dal non riconoscere più i volti di persone note, dei parenti.
Che cosa si può fare? Ripeto: non è una malattia. Vi consiglio di rivolgersi al vostro medico solo se la frequenza di queste dimenticanze è davvero importante, se per esempio non si ricorda il nome del figlio più volte al giorno: in questi casi il medico indagherà se non vi sia un problema sottostante. Ma se sfugge il nome di un attore, di un amico, eccetera, non c’è da disperarsi. E’ il tempo.

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