CHE COS’E’ IL TIA ? La rubrica medica del dottore Federico Mavilla

federico mavillaChissà quante volte avrete sentito dire che un parente o un amico o un conoscente ha avuto “un’affumatedda”. Cosi vengono definiti, nel volgare siciliano, le manifestazioni improvvise e fortunatamente di poca durata di mancanza delle funzioni cerebrali. Dal punto di vista scientifico hanno il nome di TIA, che è l’acronimo di “transient ischemic attack”, cioè un fenomeno di improvvisa riduzione di flusso sanguigno in un distretto del cervello, con conseguente sofferenza del tessuto coinvolto.
La definizione classica di TIA, formulata inizialmente parecchi anni fa, era un deficit neurologico focale ad insorgenza improvvisa e di durata inferiore a 24 ore. Nel 2002 ci fu una nuova definizione e cioè una breve disfunzione neurologica con sintomi di durata tipicamente inferiore ad un’ora, in assenza di evidenze di un infarto acuto. Pochi anni addietro, per TIA si intende un episodio transitorio di disfunzione neurologica causata da un’ischemia focale cerebrale, del midollo spinale o della retina, in assenza di un infarto acuto.
Il fatto che sia transitorio indica che questa sofferenza è reversibile, cioè che non è abbastanza intensa e prolungata da provocare la morte di cellule cerebrali (in quel caso si parlerebbe di ictus). In un certo senso, è l’equivalente dell’attacco di angina pectoris del cuore, con la differenza che la sofferenza cerebrale non si accompagna a dolore locale bensì a compromissione transitoria delle funzioni cerebrali espresse dal tessuto coinvolto. Quindi, è successa una cosa che non ha prodotto danni. Però è il “campanello d’allarme” di qualcosa di brutto che potrebbe succedere da un momento all’altro, cioè l’ictus. Per questo motivo, bisogna correre ai ripari, per quanto possibile, rimuovendo i fattori di rischio per questo tipo di malattia (fumo, obesità, ipercolesterolemia, eccesso di aggregazione piastrinica, ecc), sostanzialmente gli stessi per cui sono a rischio i malati di cardiopatia ischemica.
Una delle più grosse sfide per il medico di famiglia riguarda, quindi, la distinzione tra TIA ed eventi ischemici e condizioni che simulano un TIA. L’accuratezza di tale distinzione, a livello ambulatoriale, è storicamente bassa, infatti persino neurologi esperti presenterebbero un certo grado di disaccordo tra loro nella diagnosi di TIA. Comunque, una corretta e tempestiva distinzione tra TIA e condizioni che simulano un TIA assume un’importanza critica, in quanto un intervento terapeutico precoce con i farmaci adatti, riduce notevolmente il rischio di recidive di eventi ischemici.
Le condizioni più frequenti, tra quelle che simulano un TIA. comprendono convulsioni, emicrania, alterazioni metaboliche, sincopi. Tali condizioni sono più frequentemente caratterizzate da un’insorgenza più graduale della sintomatologia e dalla presenza di sintomi aspecifici.
I sintomi di TIA, invece, hanno più frequentemente un’insorgenza improvvisa, con comparsa di paresi monolaterale, difetti, della parola, cecità transitoria monoculare.
Sono importanti, quindi, un’anamnesi ed un esame obiettivo accurati indispensabili per una diagnosi corretta di TIA a livello ambulatoriale.

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