Un fondo di ripianamento rivolto alle imprese Il presidente Ascom Vittoria, Antonio Prelati “Occorre risanare l’effetto nefasto delle liberalizzazioni”

antonio prelatiLe liberalizzazioni sono state definite ufficialmente elemento per favorire lo sviluppo e la crescita e questa definizione continua ad essere perseguita come se fosse la panacea per la risoluzione delle avversità economiche del Paese e di ogni singola regione italiana. “L’effetto delle liberalizzazioni – afferma il presidente della sezione Ascom di Vittoria, Antonio Prelati – è, invece, sotto gli occhi di tutti. I benefici all’economia sono semplicemente una distorsione della realtà. Gli effetti sul mercato sono stati, continuano a essere e saranno: aumento dei prezzi al dettaglio; disintegrazione di posti di lavoro, crollo dei fatturati delle piccole imprese; concentramento del capitale in poche mani”. Come si ricorderà, il processo delle liberalizzazioni iniziò nel decennio scorso. La normativa liberalizzatrice, in materia di commercio, creò la porta d’ingresso a pochi e grandi soggetti commerciali. Gli effetti di questi ingressi furono monitorati sia sotto il profilo economico sia strutturale da istituti di statistica nazionali: per il triennio 2003/2006, il fatturato del commercio per le piccole attività incominciò a subire i primi effetti negativi, mentre quello della grande distribuzione fu positivo; oggi, questo trend continua in tale direzione, anche se cominciano a registrarsi, per quest’ultima, le prime importanti flessioni. Il Rapporto Unioncamere del 2007, sulla natalità e mortalità delle imprese italiane, affermava: “La selezione darwiniana innescata dai processi di globalizzazione dei mercati sta operando in profondità sulle imprese più piccole, isolate e prevalentemente localizzate al Sud. Diventa fondamentale, quindi, l’intervento delle istituzioni per accompagnare questo percorso e non disperdere l’importante patrimonio di abilità delle piccole imprese italiane”. Globalizzazione e liberalizzazione hanno lo stesso denominatore. “La promozione demagogica – rammenta dal canto suo il vicedirettore provinciale di Confcommercio, Giovanni Arangio Mazza – per fare accettare alla cittadinanza la nuova normativa di liberalizzazione era quella per cui tutti dovevano avere il diritto di trovare sotto casa il negoziante di alimentari piuttosto che di giocattoli. La normativa parlava di “una più capillare distribuzione dei prodotti sul territorio” e poi di favorire una maggiore concorrenza fra le attività economiche. Come tutti ben constatiamo, i prodotti hanno finito per concentrarsi in centri commerciali artificiali che hanno sostanzialmente preso il monopolio del mercato”.
“Se analizziamo la situazione economica – aggiunge il presidente Prelati – ne consegue che è assolutamente fraudolenta l’idea secondo cui le liberalizzazioni portino ad un abbassamento dei costi. I prezzi dei beni di consumo liberalizzati sono cresciuti costantemente. La teoria, che non ha trovato riscontro nella realtà, è che: aumentando l’offerta, i prezzi inevitabilmente sono destinati a scendere. In teoria dovrebbe funzionare così; ma nella realtà dei fatti, vivendo in un mondo speculativo e senza regole, in cui non esiste la concorrenza pura, gli operatori più forti “mangiano” quelli più deboli. L’effetto a medio termine si concretizza, di fatto, in fenomeni di acquisizione da parte degli operatori più forti di quelli più piccoli, venendosi a creare oligopoli che non fanno altro che diminuire la concorrenza e generare un incremento inevitabile dei prezzi. Quindi, assistiamo incapaci di reagire alla moria di imprese che hanno una forza lavoro media di 2/3 addetti, pressati da una concorrenza delle grandi holding commerciali, dalla contrazione dei consumi, dai costi di gestione insopportabili e da una tassazione esasperata e, quindi, ci si trova ad un bivio, o il fallimento o la chiusura volontaria. Poi, le liberalizzazioni delle aperture domenicali e festive, si scontrano con il senso della realtà, del buon senso e della logica. È un principio elementare che non è considerato, l’apertura 365 giorni l’anno, 24 ore su 24 delle aziende, non porta all’aumento dei consumi, poiché è la capacità di spesa delle persone a determinarlo. È irrazionale tenere aperti gli esercizi commerciali, con spreco di risorse economiche, per vendere lo stesso totale di merci. In una economia recessiva, la stessa nella quale ci troviamo, i consumatori colpiti da manovre economiche del Governo non hanno più potere di acquisto. Anzi, tendono sempre di più a risparmiare per poter pagare le tasse”.
Arangio Mazza precisa, altresì, che come “dimostra l’esperienza delle persone e della letteratura scientifica sull’argomento, non esiste nessuna correlazione tra le liberalizzazioni attuate (telefonia, assicurazioni auto, energia, ecc.) e riduzioni dei prezzi, tranne per i servizi ed i prodotti gestiti da oligopoli. La giungla degli orari ha generato una guerra tra poveri, nella quale a combattere sono i titolari e le maestranze delle piccole attività contro la grande distribuzione. Un conflitto a tutto vantaggio dei grandi gruppi del settore. Per la verità, la crisi dei consumi oggi ha investito tutti, anche la grande distribuzione organizzata, quindi un ripensamento è opportuno”.
Il presidente Prelati lancia la proposta: “Quello che serve è una reale riforma fiscale, evitando di accusare di evasione fiscale, facendo di ogni erba un fascio, intere categorie che invece tengono alte da anni le sorti dell’economia. I margini lordi delle Pmi si sono drasticamente ridotti, le percentuali sono ad una cifra; mentre la tassazione ha raggiunto il 52% e a ciò si aggiungono la tassazione locale, i costi di gestione, i costi bancari e la tassazione indiretta. Alla fine dell’anno finanziario sottraendo dal guadagno aziendale la tassazione, si ottiene un semplice indebitamento. È possibile continuare così? In questa prospettiva s’inserisce l’idea della costituzione di un Fondo di ripianamento per le imprese. Riteniamo che senza alcuna modifica dell’attuale sistema impositivo è insufficiente, perché se il problema è risolto per l’anno in corso, l’anno successivo ci si ritrova nella medesima condizione. La risoluzione passa attraverso una seria riforma fiscale, il costo del mercato del lavoro, programmazione infrastrutturale, internazionalizzazione, innovazione tecnologica e bisogna favorire l’insediamento di grandi aziende del Terziario avanzato, ad alto valore aggiunto e tecnologico, attraverso la defiscalizzazione del costo del lavoro e degli investimenti. Ma, più di tutto, il nostro Paese ha necessità di persone che sappiano fare e parlare di politica.
Tutti noi siamo terrorizzati e disorientati, procedere ancora in questa direzione di incertezza politica sta affossando l’intero Sistema-Italia”. È l’Europa a chiedere interventi indirizzati alla liberalizzazione quindi, l’Ascom Confcommercio comunale di Vittoria contrappone ad essi l’indirizzo del Rapporto Unioncamere del 2007 e proporrà indirizzi politici “mitigatrici” perché siamo convinti che le liberalizzazioni non hanno portato e non porteranno alcuna crescita, e affermiamo che questo Governo è lontano dalle effettive esigenze degli italiani e del Paese, per il 95% composto dalle Pmi”.
“Riteniamo – spiega ancora il vicedirettore Arangio Mazza – che il sistema delle liberalizzazioni sia superato, tanto che molti Paesi hanno già fatto marcia indietro.
L’estensione indiscriminata degli orari di apertura, ha come unico effetto quello di produrre un cattivo modello di mercato del lavoro”. Per Prelati, inoltre, “le liberalizzazioni continuano ad assestare colpi mortali al tessuto delle Pmi. Il problema reale è il potere d’acquisto delle famiglie e non l’apertura 365 giorni l’anno 24 ore su 24 delle aziende. Auspico che la politica rifletta su queste mie riflessioni e programmi percorsi che rimettano in carreggiata le Pmi. Esse sono state e sempre saranno la spina dorsale del nostro Paese”.

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