Metodo “Vannoni”, cellule staminali, quanta confusione..siamo in Italia. La rubrica del dottore Federico Mavilla

federico mavillaPrendo spunto del fatto di cronaca, riguardante la piccola modicana Rita, affetta da una grave e rara malattia, che grazie all’intervento di validi legali, può continuare a sottoporsi alla somministrazione delle cellule staminali adulte, metodo “Vannoni”, presso gli Spedali Civili di Brescia, per cercare di motivare il perché il mondo scientifico quasi unanimemente è del tutto contrario a tale metodologia.
Cerchiamo di capire che cos’è il “metodo Vannoni”? Consiste nella somministrazione di cellule staminali mesenchimali per curare malattie di diverso tipo, anche molto diverse tra loro per cause, sintomi e decorso. Le terapie con staminali sono studiate da diversi anni ed in alcuni campi hanno ottenuto dei successi, in altri degli insuccessi. Sono considerate un campo di ricerca molto promettente.
Nel caso della piccola Rita,si parla del morbo di Niemann Pick, che è in realtà un termine che identifica un gruppo di malattie che interessano il metabolismo e che sono causate da mutazioni genetiche specifiche, a decorso ingravescente e che ha esito letale (nella forma infantile entro 5 anni dai primi sintomi). Non c’è una terapia specifica, ma è utile un supporto alle funzioni vitali (respirazione, nutrizione, funzioni fisiologiche di vario tipo) e fisioterapico per contrastare il decadimento tipico di queste funzioni in queste malattie. Sono state provate alcune terapie che hanno un risultato promettente in caso di somministrazione nella fase “presintomatica” (prima cioè della comparsa dei sintomi) che sembrano ritardare la comparsa dei sintomi più gravi. Sono in sperimentazione altre terapie. Esistono pochi casi (la malattia è già molto rara) di applicazione di cellule staminali mesenchimali in casi come quello di Rita e non hanno mostrato né miglioramenti, né cambiamenti nel decorso della malattia, né guarigioni.
Iniziamo intanto a chiederci come mai le cure vengono somministrate in un ospedale?
L’ospedale di Brescia somministra la “cura” secondo una legge del 2006 relativa alle cosiddette “terapie compassionevoli”. Per una malattia che non conosce terapie o cure efficaci, è possibile somministrarne una che non sia ancora “autorizzata” ma che abbia due caratteristiche: sia almeno in una buona fase di sperimentazione ed il paziente ne riceva beneficio. La “cura” inoltre deve essere accompagnata da tutta la documentazione relativa alla sua efficacia, alla sicurezza, alla modalità di somministrazione. In realtà la cura con le staminali non è “sufficientemente sperimentata” e quindi non è chiaro come mai sia stata autorizzata la sua somministrazione, visto che non sono soddisfatti nemmeno i requisiti di sicurezza né sono stati depositati i documenti relativi alle sue presunte azioni sulla malattia.
Ecco che quindi Il ministero della salute, dal punto di vista “istituzionale”, blocca la presunta cura mai dimostrata, somministrata in condizioni carenti e potenzialmente pericolose, mentre dal punto di vista “comunicativo” non spiega le motivazioni, non chiarisce i passi della vicenda né parla alla popolazione mettendola in guardia da situazioni simili.
Se vi ricordate, qualche mese fa, una simile situazione era venuta alla cronaca, in seguito ad uno show televisivo (Le Iene) che ha mandato in onda un servizio nel quale era mostrata la piccola Sofia, affetta da grave malattia genetica di tipo neurodegenerativo (leucodistrofia metacromatica),ed i suoi genitori che chiedevano aiuto per continuare le cure in quel centro. Nasce allora il “caso” mediatico. Proprio in seguito alla trasmissione televisiva. Come mai molte persone note hanno “abbracciato” la causa di Sofia?
Probabilmente perché non sanno di cosa si parla. Il caso ha provocato un’ondata di sdegno e commozione in tutto il paese, il cittadino sa bene di cosa si tratta o è stato solo “condizionato” dalla vicenda trasformata in “dramma televisivo”?
Il prof. Vannoni non è medico. E’ laureato in lettere, insegna “psicologia della comunicazione” all’università di Udine. Il prof. Vannoni non ha pubblicato le ricerche sulle staminali o sul suo metodo e non ha mai ufficializzato dei test sperimentali. Il prof. Vannoni non ha mai spiegato agli scienziati il suo “metodo” ed i motivi che lo renderebbero più efficace di altri che finora non hanno dato i risultati sperati. Il prof. Vannoni non ha mostrato uno o più casi di malattie giudicate inguaribili dalla medicina ma che con il suo “metodo” abbiano raggiunto la guarigione.
Ma ci si potrebbe chiedere perché “non provarci”, visto che non esistono altre cure? Perché i trapianti di cellule staminali sono una procedura particolarmente delicata che richiede, oltre ad una elevata specializzazione, una serie di norme di sicurezza e tecniche che, dall’ispezione dei locali bresciani, non esisteva. Per fare un paragone solo a titolo esemplificativo, sarebbe come eseguire una trasfusione di sangue utilizzando sacche di cui non si conosce bene la composizione, che nei controlli hanno mostrato presenza di sostanze estranee e infuse in un locale sporco. Tutto questo per ottenere un beneficio mai dimostrato e mai ottenuto da nessuno in un soggetto per forza di cose più a rischio di complicazioni. Il possibile danno quindi, è fortemente superiore al riferito (e mai dimostrato) beneficio.
Ma allora come mai i genitori di alcuni dei piccoli sottoposti alla cura parlano di “miglioramenti”?
Escludendo per buon senso un effetto placebo o di “esagerazione” delle normali fasi di una malattia neurodegenerativa, fino ad oggi i trapianti con cellule staminali hanno mostrato, in alcuni casi e per certe malattie, un transitorio (e breve) effetto “antiinfiammatorio” e di miglioramento di alcuni disturbi. Nessuno dei test clinici effettuati fino ad oggi nel mondo ha mai guarito o cambiato il decorso di una delle gravi malattie che Vannoni riferisce di poter curare. In alcuni casi sono le terapie di supporto che mantengono per più tempo uno stato di salute accettabile relativamente alla gravità delle condizioni generali. Se il prof. Vannoni ha notato miglioramenti “non abituali” nei casi che ha trattato, perché non li ha illustrati in maniera corretta alla comunità scientifica? Perché Vannoni parla di “possibilità di guarigione” se per il mondo scientifico questa possibilità non esiste e nessuno l’ha mai notata? Ne è convinto? Perché non lo dimostra?
Chi sostiene queste cure, parla di “boicottaggio” da parte delle aziende farmaceutiche. Oltre a non esserci alcuna prova di questo boicottaggio, il fatto stesso che non esista alcuna cura per questa malattia dovrebbe fare pensare che se davvero la cura fosse efficace, non solo le aziende non perderebbero un euro (non vi sono “farmaci” o “cure” che andrebbero sostituite) ma investirebbero subito in qualcosa che sarebbe rivoluzionario. Se davvero il prof. Vannoni fosse mosso da “altruismo” disinteressato, sarebbe bastato illustrarla e metterla a disposizione della comunità scientifica, cosa che non è avvenuta. Il prof. Vannoni non ha mai illustrato scientificamente i suoi metodi ed i risultati ed ha brevettato la sua idea per renderla sua proprietà personale, esattamente ciò che fanno le multinazionali farmaceutiche. In tutta questa storia è Vannoni che si è comportato da “azienda”.
Ma allora i genitori di Sofia e di Rita sono caduti in una trappola? Sono semplicemente genitori di due bambine che stanno male. Se si perde la necessaria lucidità è comprensibile credere a qualsiasi miracolo, anche quello meno probabile.
Ed eccoci al «decreto Stamina» del ministro della Salute Renato Balduzzi, che apre la strada all’uso compassionevole del trattamento a base di cellule staminali mesenchimali per rare patologie neurologiche al momento senza cura. Ma soprattutto “libera” l’uso di queste cellule, ancora sotto rigida sperimentazione in tutto il mondo, sottraendole al naturale controllo delle autorità regolatorie come accade in tutto il mondo scientifico occidentale.
Mi preme riportare alcuni commenti pesanti e gravi apparsi in questi giorni su Nature, una delle più prestigiose riviste statunitensi, che ne ha per tutti, compreso il Parlamento italiano. Il motivo è che secondo la rivista in questi mesi in Italia si son fatte false promesse, giocando con la speranza dei pazienti, fino ad arrivare a scherzare con le loro vite. Anzi, la rivista usa ancor meno mezzi termini: “non si può usare i pazienti terminali come animali da laboratorio, come il Parlamento italiano sembra voler fare”, si legge nell’editoriale,“si sta giocando con le speranze dei malati” e “si usano cavie umane per bypassare le regole”. E poi c’è troppa confusione nell’informazione, che si fa in Italia sulle cellule staminali e le terapie che le usano. E in particolare che gli autori e i sostenitori di metodi come Stamina sostengono di stare promuovendo la traduzione in terapie cliniche della ricerca sulle staminali, in modo che si possano trattare malattie al momento incurabili, ma “niente potrebbe essere più lontano dalla realtà”, secondo Nature. E non si tratta di voler rallentare o addirittura ostacolare le cure, precisa l’editoriale. “Dato il peso sociale delle malattie incurabili – si legge – poter portare rapidamente le terapie dallo sviluppo alla pratica clinica è cruciale. Ma non siamo ancora arrivati al punto di poterlo fare: c’è bisogno di ulteriore ricerca, perché questi trattamenti possano essere definiti sicuri”. Insomma: è probabile che le staminali potranno in futuro effettivamente aiutare a sviluppare trattamenti efficaci e sicuri per malattie oggi incurabili. Solo che ancora non siamo arrivati a quel punto della ricerca. conclude Nature.
Chi danneggia tutta questa vicenda? Tutti noi ed i nostri bambini. Scientificamente e culturalmente questa è una sconfitta per tutti noi. Se i rimedi più efficaci per la salute nostra e dei nostri figli dovranno essere decisi durante uno show televisivo o per “acclamazione”, si preannuncia un futuro buio e pericoloso per la nostra sanità. Senza considerare la voragine profonda di inattendibilità ed allarme sociale nella quale precipita l’informazione televisiva quando diffonde notizie di questo tipo, in questo modo.
La piccola Rita e la piccola Sofia con procedimento d’urgenza disposto dai tribunali, proseguiranno l’intera “terapia” con il centro del prof. Vannoni a Brescia. A loro ed alle loro famiglie un forte abbraccio da parte mia e, credo, da parte di tutti voi.

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