Iniziativa politica di Simona Pitino. Una legge di iniziativa popolare per il centro storico di Modica

simona pitinoPochi giorni fa si è conclusa con la solita “sceneggiata a lieto fine” la vicenda del tira e molla sul finanziamento, a carico del bilancio regionale, della legge speciale n. 61 del 1981, meglio nota come legge per Ibla. Il solito copione già scritto che, sul palcoscenico di sempre – l’arena di Sala d’Ercole nella lunga notte finale del parto travagliatissimo della legge finanziaria – da molti anni vede i soliti attori recitare la parte di sempre.
La legge 61, approvata 32 anni fa, è stata indubbiamente un’ottima legge che ha aperto un varco importante, nelle istituzioni e nella coscienza collettiva, sulla necessità di recuperare, riqualificare e rivitalizzare i centri storici di Ragusa e, in particolare Ibla, gioiello dell’arte e dell’architettura Barocca al pari di Modica, Scicli, Noto ed altri centri del “Sud Est” dell’isola. Che all’inizio la legge fosse stata limitata alla città di Ragusa può anche essere un fatto spiegabile, accettabile e giustificabile: fu concepita così da deputati di Ragusa (onore al merito!) e quindi, benvenuta comunque rispetto al nulla di prima.
Ma, già dopo i primi anni di applicazione, avrebbe dovuto essere posto un quesito elementare? Perché Ibla sì e Modica e Scicli no? “L’analogia, ed anzi l’unitarietà assoluta – per bellezza e valore, storico e culturale – dei tre siti – dice Simona Pitino, candidata a sindaco di Modica – è lampante anche ai profani. E così mentre su Ibla piovevano, negli anni ’80 e poi negli anni ’90, decine e decine di miliardi di lire, non un solo deputato all’Ars della provincia di Ragusa, neanche delle città di Modica e di Scicli, ha mai assunto un’iniziativa concreta per modulare l’intervento sull’intero sito Barocco del Val di Noto. Neanche quando sarebbe stato più agevole di oggi trovare i soldi e neanche quando la città di Modica ha eletto deputati che hanno avuto ruoli di primo piano nel Governo della Regione. Uno addirittura, Giuseppe Drago, è stato più volte assessore ed anche presidente, nonché capo cittadino e provinciale di un partito (l’Udc e, in precedenza, il Ccd) che a Modica spesso è stato il più votato. Eppure, mai un risultato, mai un’iniziativa, neanche una proposta, nonostante sarebbe stato molto difficile che venisse bocciata.
Come si sarebbe potuto dire no al Barocco di Modica e Scicli, dopo che si era detto sì a quello di Ragusa, essendo palesemente i tre centri storici, insieme agli altri del Siracusano (Noto, Palazzolo Acreide) e del Catanese (Catania, Militello, Caltagirone) parte di una stessa indistinta entità che tutto il mondo riconosce come tale?
Semmai, una volta recuperata con successo Ibla, bisognava passare agli altri centri, modulando interventi, stanziamenti e priorità alla luce dello stato progressivo delle condizioni complessive del sito, considerato appunto nella sua unitarietà.
Invece niente, neanche quando si è consolidato nella comunità scientifica, nell’attenzione delle istituzioni, ed anche nella coscienza popolare comune quella consapevolezza culminata, dopo un lungo iter, dieci anni fa, nell’inserimento degli otto centri storici nella lista dei siti Unesco riconosciuti patrimonio dell’Umanità.
E così finora, nonostante da sette anni segga all’Ars un deputato di Scicli, Orazio Ragusa (dello stesso partito del già citato ex presidente) e negli ultimi cinque anni, quelli della precedente legislatura, sia stato in carica un altro deputato di Modica, Riccardo Minardo del Mpa, in posizione di rilievo nella maggioranza di governo e negli organismi istituzionali parlamentari.
Tutto ciò è la prova del fallimento inescusabile di una classe dirigente miope, inetta, in qualche caso corrotta, comunque incapace di servire la comunità di Modica e del comprensorio. Sorprende, pertanto, che per esempio da esponenti o ex esponenti dello stesso partito di Giuseppe Drago e di Orazio Ragusa giungano oggi appelli ai sindaci di Modica e Scicli perché facciano qualcosa: chi, come Piero Torchi, nulla fece – o, comunque nulla riuscì ad ottenere – quando era sindaco, dopo essere stato peraltro per molti anni collaboratore diretto di Drago al tempo in cui era assessore e presidente della Regione – ora scopre un’evidenza trentennale e offre la propria scoperta ai sindaci di oggi e a quelli di domani!
Chi in un tempo così lungo ha avuto responsabilità politiche e/o di governo, nei Comuni, all’Ars o nel Governo della Regione, e non ha fatto nulla per correggere questa bizzarra discriminazione tra comuni e città contigue vertenti nelle stesse identiche condizioni, ha fallito miseramente e non ha titolo per riproporsi, riciclarsi o, semplicemente, chiedere credibilmente il consenso per i partiti e le forze politiche che lo hanno tradito. E questo vale per l’Udc che propone un suo candidato a sindaco; vale per il Pdl e tutti i partiti, di centro o centrodestra, a cui da decenni la città di Modica, e il suo comprensorio, si sono affidati pressoché esclusivamente. Per limitarci al’Ars, da quando è in vigore la legge 61/81: Borrometi, Drago, Leontini, Ammatuna, Ragusa, Minardo.
L’ulteriore rifinanziamento di cinque milioni per Ibla (che fa salire ad oltre cento milioni di euro gli stanziamenti complessivi nel tempo) deve essere l’ultimo di un’impostazione sbagliata, ingiusta, discriminatoria. Non è accettabile che mentre tutti si sbracciano per convogliare milioni di euro a Ragusa dove non c’è più un edificio di pregio da recuperare, non si faccia nulla per cominciare, solo cominciare (trentadue anni dopo) a curare un patrimonio inestimabile dello stesso, identico, valore storico, culturale e sociale che invece cade a pezzi, a Modica e a Scicli. Il capitolo del Barocco va riaperto in modo del tutto nuovo. LiberaModica, movimento civico indipendente nato proprio per perseguire totalmente gli interessi della città, senza i compromessi e i limiti propri dei partiti tradizionali che hanno prodotto questi risultati, lancia una proposta di legge di iniziativa popolare per l’applicazione a Modica degli interventi e dei benefici finora riservati a Ragusa dalla legge 61/81, in un quadro organico che li moduli sui siti Unesco del Barocco in ragione delle priorità risultanti dal valore dei singoli beni monumentali e dalla condizione in cui si trovano, al fine di arrestarne il degrado, operandone il restauro e la riqualificazione.

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