Provincia Regionale di Ragusa. Presentato il libro di Gian Carlo Ceruti ‘Il ciclismo dalla Sicilia alla Toscana’ Antropologia di una migrazione

Presentazione libro CerutiIl ‘taglio’ è quello della ricerca antropologica, di capire le motivazioni e cosa c’è dietro la scelta di tanti giovani ciclisti siciliani che alla fine degli anni duemila si sono trasferiti armi e bagagli in Toscana per accarezzare il grande ‘sogno’ di diventare campioni del pedale ed assicurarsi un tranquillo futuro per sé e la loro famiglia. Giancarlo Ceruti, già presidente della Federazione Ciclistica Italiana dal 1997 al 2005. Uno studio che si sofferma soprattutto nell’analisi di questo fenomeno migratorio del ciclismo nel 2008-2009 ma che mette in luce incongruenze, difficoltà, disillusioni di una serie di giovani che sul ciclismo avevano puntato per fare reddito insieme alla famiglia. Le conclusioni di Cerruti sono lapidarie e non per tutti è stato così perché ogni atleta partito dalla Sicilia ha la sua storia personale, il suo impegno e la sua propensione ma l’ex presidente della Federciclismo forse perché ormai fuori dal sistema è abbastanza critico verso il sistema. Sono tanti gli atleti ragusani che hanno provato a fare successo al Nord. Da Angelo Canzonieri a Danilo e Massimiliano Napolitano, da Vincenzo Cupperi a Damiano Caruso. Nei casi affrontati da Ceruti emerge un fenomeno a due facce circa il successo o meno dei ciclisti emigranti. Chi è migrato in Toscana ed ha vissuto nei college o ha avuto la famiglia al suo fianco non è diventato campione, chi è stato ospitato in casa delle famiglie dei dirigenti delle associazioni è riuscito a far carriera. E’ il caso di Vincenzo Nibali che vinto l’ultimo Giro d’Italia ma non è il caso ad esempio di Damiano Caruso, campione italiano, protagonista di un indimenticabile Giro.
Il segretario provinciale dell’Assostampa Gianni Molè che ha presentato il libro di Ceruti, dopo i saluti del presidente del Centro Studi ‘Feliciano Rossitto’ Giorgio Chessari, lo ha giudicato ‘un atto d’amore di un uomo di ciclismo verso il suo mondo, seppure abbastanza critico per la piega che sta prendendo il professionismo in Italia dove ad essere pagati sono solo in pochi. Ma ha ritenuto utile quell’esperienza in Toscana ‘necessaria per chi aveva voglia di fare ciclismo ad alti livelli a Ragusa perché in Sicilia non c’erano mezzi e strutture per diventare un campione’. Molè ha fatto l’esempio di Angelo Canzonieri che consapevole del suo valore ha ‘tirato’ il massimo da professionista per giunta nel suo ruolo di affidabile gregario ma consapevole della sua forza e della sua scelta prima o poi di tornare.
Il presidente del comitato regionale della Federciclismo Salvatore D’Aquila ha ritenuto utile confrontarsi sulla ricerca antropologica di Ceruti che ‘apre uno squarcio di verità sul ciclismo giovanile e sulle sue potenzialità’ e ripropone con forza il problema della ‘crescita dei giovani ciclisti siciliani che sono fortemente penalizzati dalla marginalizzazione della Sicilia”.

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