Modello organizzativo “self-service”. Lo slogan l’ha coniato un’operatrice sanitaria che nei giorni scorsi ha assistito il padre ricoverato nella divisione di Chirurgia dell’Ospedale Maggiore(la donna lavora, comunque, in altra struttura ospedaliera), la quale sul profilo Facebook dell’Associazione Cives ha raccontato la sua (dis)avventura, ipotizzando, ironicamente, “l’avvio di un nuovo modello organizzativo- assistenziale veramente innovativo, che cerca di integrare l’assistenza domiciliare con quella ospedaliera, mirando all’indipendenza e all’autonomia del paziente, ma soprattutto del caregever, ossia il familiare che se ne dovrà prendere cura, fornendo a questo la possibilità di formarsi durante la degenza del parente attraverso un’assistenza “self service”. “Ho visto con i miei occhi – denuncia la donna – un carrello con tutto il materiale necessario posizionato nel corridoio di reparto, nel quale ogni familiare si fornisce liberamente di guanti, garze , traverse, lenzuola, e provvede spontaneamente all’igiene del congiunto ammalato, al cambio del pannolone, al cambio delle lenzuola e, se apprende con facilità o ha un minimo di esperienza, anche al cambio posturale o al cambio sacchetto urine. Scusate l’ironia, ma in tanti anni di studio e tanti bla bla bla, mi è stato insegnato che l’infermieristica è un lavoro estremamente complicato, implica abilità tecniche, manuali, relazionali, conoscenze formative, un grande investimento emotivo che ti permette di capire “ l’altro”, e un numero indefinito di altre qualità. Fa veramente male vedere invece, colleghi frustrati e demotivati, che usano come unica arma, quella di scaricare questa frustrazione sulla persona che invece dovrebbe assistere e curare”. Il padre della donna, un ottantenne, ha lavorato una vita lontano da casa, dalla moglie e dalle figlie che non ha avuto la gioia di crescere perché sempre su una “nave”. “Credo che abbia anche lui – aggiunge la donna – il diritto di essere assistito da infermieri e medici premurosi e disponibili, di essere assistito e curato senza vedere calpestata la propria dignità, lasciato sporco e maleodorante in un letto per giorni, se non sono i familiari a provvedere”. La replica del commissario dell’Asp, Angelo Aliquò. “La denuncia – dice – mi era arrivata in queste ore e sto facendo una verifica. Certamente posso dire che, purtroppo, ancora resistono alcuni atteggiamenti insopportabili da parte del personale sanitario che vede il paziente come un disturbo e la triste lettera della signora ne è una conferma. Da sei mesi lavoro ininterrottamente per eliminare questa mentalità anche se la sfida è difficile, cerco di far capire ai responsabili dell’Ospedale che, come faccio io, devono essere presenti nei reparti e dove avviene il flusso della gente perché la sanità non è in funzione di chi ci lavora, ma delle persone che hanno bisogno”.
Modica, denuncia. “All’Ospedale Maggiore modello organizzativo “self-service”
- Giugno 29, 2013
- 12:08 pm
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