Continuano senza sosta e con notevole impiego di uomini, di mezzi e soprattutto di tempo, le indagini sui due villaggi, Baia Samuele e Marsa Siclà, accusati di traffico illecito di reflui e di avvelenamento delle falde acquifere e, giustamente, posti sotto sequestro. La notizia ha riempito di sgomento sia l’opinione pubblica sia gli stessi lavoratori delle strutture che – ormai disoccupati, hanno tempo per pensare, durante la pausa fra un pianto e l’altro -, si sono chiesti: come avrà fatto, questa associazione a delinquere, questa congrega di gaglioffi, a trafficare in reflui senza averne i mezzi e senza che noi, operatori quotidiani, ce ne siamo minimamente accorti? E, soprattutto, come hanno fatto ad avvelenare le acque senza che nessuno, fra le migliaia di turisti che hanno frequentato i due villaggi, ha mai accusato sintomi di avvelenamento? Si fosse trattato di un caso, applicato su larga scala, di mitridatismo occulto? Le ipotesi, a questo punto, fermentano come le schiume della posidonia oceanica. Il GIP del Tribunale di Catania, al quale è stata affidata la patata bollente formata da indagini e perizie della Procura e delle perizie di parte, ha deciso qualche mese fa di dare incarico ad un altro perito, che prometteva di sbrigare il tutto in soli sessanta giorni, anzi prima, con una pre-perizia che avrebbe, quanto meno, permesso di decidere a favore del dissequestro dei due villaggi, qualora, se. Non si sa cosa sia successo nel periodo, ma è un fatto che questo perito, alla fine dei sessanta giorni e senza l’ombra di una pre-perizia in mano, abbia chiesto altri novanta giorni per approfondire tutti i quesiti posti dal magistrato. E questo fatto, ce ne rendiamo conto con un moto di ammirazione, ne fa un vero scienziato, stante l’antico principio che lo studio, la ricerca e l’approfondimento servono a moltiplicare le domande piuttosto che le risposte.
Dopo il bastone, via dunque con i carotaggi del terreno delle aree sequestrate e della loro precisa perimetrazione.
Alla bisogna il perito ha dato incarico a dei tecnici del Consiglio Nazionale delle Ricerche, sezione di Catania, di eseguire i prelievi, che saranno consegnati ad un laboratorio privato, incaricato di tirare fuori i numeri. Tutti questi incarichi, sia bene sottolinearlo, sono dati per il bene supremo della ricerca della Verità e che dovranno condurre ad una decisione in nome del popolo italiano sovrano e, soprattutto, contribuente. Qualunque sia alla fine il prezzo da pagare da Pantalone, si tratterà pur sempre di un valore relativo, rispetto al trionfo della Verità, che non ha prezzo, quindi dal valore assoluto.
Ma, a proposito di valori assoluti e relativi, col dovuto rispetto, anch’io avrei un quesito da porre al perito: i numeri ricavati dalle analisi saranno relativi a che cosa? Il valore di ogni misura è relativo ad altri fattori. Ad esempio, è perfettamente inutile affermare che la propria automobile “tocca i 180” senza specificare se si tratta di chilometri, metri o centimetri; ed anche quando si riesce a strappare il dato che si tratta di chilometri, avremo ancora da specificare se sono percorsi in un’ora o in un giorno, se vorremo avere cognizione della velocità raggiunta. Pensi, il signor perito, a quanto siano evasivi i segnali di un limite di velocità, indicanti sempre un freddo numero senza che questi sia mai seguito dalla specifica spazio/temporale. Molti automobilisti, infatti, specialmente quelli transitanti da Via Trapani-Rocciola, a Modica, intendono il segnale “30” come metri al secondo, quindi di 108 chilometri orari! Ora, poiché non credo che uno scienziato come lei voglia incorrere nello stesso errore, torno a chiederle: i numeri ricavati, siano essi uguale a zero o uguale a cento, saranno relativi a che cosa? Esiste il dato storico (fattore tempo) di un’analisi dei terreni antecedenti alla costruzione dei due villaggi che permetta una comparazione e, quindi, di avere una qualche risposta sul rapporto causa/effetto?
E non è finita: esiste ancora il fattore “spazio”. Poiché il terreno su cui insistono i due villaggi e quello circostante è probabilmente lo stadio finale di un antico bacino marittimo insabbiatosi migliaia di anni addietro e paludoso per secoli, continuamente drenato da un canale di bonifica sul quale si è gettato di tutto, a valle di tutto, chiedo: i previsti carotaggi e analisi dei terreni circostanti, al fine di stabilire la differenza di inquinamento fra terreni diversi della stessa zona, cosa dimostrerebbe alla fine? L’inquinamento da metalli pesanti “dentro” i villaggi li potrebbe addirittura scagionare da ogni accusa, a meno che non si dimostri la loro responsabilità nella produzione di sostanze chimiche tossico-nocive (mascherando la loro turpe attività tra uno spettacolo teatrale e un karaoke sulla spiaggia).
Questo chiedo, anche allo scopo di fugare le solite voci malevole che parlano di cani menati per l’aia o, per restare in tema, del tentativo di raddrizzar loro le gambe che è risultata sempre impresa impossibile a chiunque l’abbia tentata. Per non parlare poi del fattore tempo, che finirebbe per fornire l’occasione a qualche furbacchione di fare ottimi affari con (basta con le consuete lenticchie!) un solo piatto di orecchiette o di cous-cous o del solito piatto di fave.
Con brodo allungato e un filo d’oil.
Il bastone e il carotaggio..di Paolo Oddo
- Luglio 9, 2013
- 2:12 pm
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