Il consiglio comunale di Pozzallo ha votato proposta di deliberazione per istituzione del registro per le unioni civili

rosa galazzoIeri il consiglio comunale di Pozzallo ha votato favorevolmente una proposta di deliberazione su iniziativa consiliare di Rosa Galazzo, capogruppo di Sinistra Ecologia Libertà , avente ad oggetto l’istituzione del registro per le unioni civili. Si tratta di un atto amministrativo dal forte potere simbolico e a cui sono connessi significativi benefici in materia di erogazione di servizi comunali (assistenza cura, istruzione, casa, ecc..). “Magna pars del consiglio comunale – dice la Galazzo – si è mostrato laico, tollerante e democratico”. Ecco la relazione di Rosa Galazzo
” Si tratta di una proposta di deliberazione per l’istituzione del registro delle unioni civili, da noi promosso ai sensi dell’art. 19 dello Statuto Comunale, in quanto contemplato tra i poteri di iniziativa dl consigliere comunale. E’ stata concepita esattamente un anno fa ma, per ragioni di opportunità e responsabilità politica, abbiamo rinviato ad oggi: non dimentichiamo che non appena insediatasi questa amministrazione si è vista costretta a rincorrere determinati problemi e a mettere delle toppe un po’ qua e là. Non c’era una tale serenità per poter affrontare un argomento del genere che, tra l’altro, merita profonda riflessione. A quanto pare, non tutti i mali vengono per nuocere, posto che oggi ci troviamo a discuterne unitamente ad argomenti, come quello della “onlus centro aggregativo disabili”, che richiedono pari sensibilità. Ci troviamo, in qualche modo, a dar voce a chi non ne ha. Questo è un comportamento amministrativo, al pari di altri, degno di nota, perché esprime in maniera chiara il ruolo primario dell’A.C. e cioè, quello di guida e di sensibilizzazione dei cittadini alla cultura della bellezza, del rispetto dell’altro e del territorio. E non è poesia,ma concretezza. A farla breve, oggi il C.C. di Pozzallo ha l’opportunità di dimostrare la sua sensibilità e un approccio non discriminatorio nei confronti di tutti i cittadini, creando (per quanto possibile) le condizioni per rendere effettive le pari opportunità tra tutti i soggetti di diritto.
Noi di SEL, siamo sempre stati molto attenti alle tematiche sociali, del welfare, del territorio ecc… e lo abbiamo dimostrato a diversi livelli. Oggi vogliamo occuparci di persone e dei loro diritti ed è per questo che la nostra riflessione parte dalla famiglia, la prima e più importante cellula della società civile a cui il legislatore riconosce particolare rilievo. La peculiarità consiste nel fatto che in materia di “famiglia” si tutela un interesse collettivo e non individuale e numerose sono le norme di ordine pubblico che limitano il principio generale dell’autonomia dei privati. L’unica definizione che di famiglia il legislatore da’ è all’art. 29 Cost.: “La repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” , coincidente con la famiglia legittima.
Il problema è che negli anni si è consolidata una prassi, ormai assai diffusa e frequente, quella della “famiglia di fatto” che, purtroppo, riceve una tutela sporadica e non sistematica, visto che la sua disciplina è rimessa per lo più a pronuncia giurisprudenziali e non ad una legge vera e propria. Eppure anche tali situazioni di fatto vengono riconosciute dalla nostra Costituzione all’art. 2 come “formazioni sociali degne di tutela” e come tali dovrebbero esserne garantiti i diritti. Ma non sempre è così! Questo vuoto, anzi, questa inerzia del legislatore è mortificante non solo per le coppie di fatto, ma per noi tutti, che crediamo di vivere in uno Stato di diritto senza renderci conto che il Parlamento ha rinunciato a legiferare, trovando più comodo delegare alla giurisprudenza di legittimità che, peraltro, negli ultimi anni, ha mostrato considerevoli segni di apertura colmando le lacune del legislatore.
E di fronte ad uno Stato che dorme cosa può fare un Comune? Può lanciare un urlo che arrivi a Roma come segnale preciso, diretto a riconoscere il vincolo affettivo di fatto con un atto formale. Questo urlo sarà ancora più potente in considerazione del fatto che, di recente, molti Comuni Italiani e anche della nostra Provincia (come Vittoria e Ragusa) hanno creato una vera e propria piattaforma giuridica. Il Comune di Pozzallo, conformemente ai suoi principi Statutari (art. 1 e 2) ha tutto il diritto e la competenza per poter agire e promuovere gli interessi materiali e spirituali di tutti coloro che risiedono sul territorio e la dignità della persona umana; nonché, favorire la solidarietà sociale, la cooperazione, le pari opportunità, escludendo ogni forma di discriminazione e promuovendo tutte le forme associative, oltre a riconoscere e garantire la libertà ed i diritti costituzionali delle persone e delle formazioni sociali, per rendere possibile a tutti l’esercizio dei propri diritti, senza distinzione di sorta.
Il registro per l’istituzione delle unioni civili, rappresenta uno strumento valido e potente attraverso il quale l’Ente Comunale può perseguire i propri fini statutari, senza violare le norme Costituzionali e l’intero impianto legislativo nazionale. Certamente, non potrà sostituirsi allo Stato – unico organo deputato a legiferare in merito allo status delle persone, e quindi delle famiglie – ma, con atti amministrativi potrà senza dubbio ridurre il gap tra valore simbolico ed effettivo di questo strumento. Per andare al cuore del problema, risponderemo in primo luogo a queste domande:
D: Cosa sono le unioni civili?
R: Lo strumento giuridico attraverso il quale si riconosce effettività e dignità sociale alle coppie di fatto sia eterosessuali che omosessuali che non vogliono o non possono accedere all’istituto del matrimonio.
D: In che cosa le unioni civili differiscono dalla famiglia?
R: Le unioni civili consistono, come sopra spiegato, in una situazione di fatto formalmente riconosciuta al quale l’A.C., ricollega determinati effetti e benefici in determinate aree ritenute meritevoli di tutela. Ma non sono famiglia, né tanto meno legittima. L’unica famiglia riconosciuta e come tale garantita dal nostro ordinamento è quella definita dall’art. 29 Cost. come “vincolo tra due persone di sesso diverso fondato sul matrimonio”. L‘unione civile trova fondamento nell’art. 2 Cost. e non ha la pretesa né di sovrapporsi e neanche di sostituirsi alla famiglia legittima. La famiglia è una, ovverosia quella legittima. Le unioni civili non vogliono creare nuove famiglie, né nuovi modelli familiari alternativi alla famiglia, ma piuttosto, nuovi modelli di regolamentazione della convivenza tra persone dello stesso sesso o di sesso diverso, legati da vincoli affettivi. Si fa presente, tra l’altro, che il Comune non avrebbe neanche questa competenza, essendo essa circoscritta al dato amministrativo e non a quello legislativo necessario per l’istituzione di nuovi status.
D: In che cosa le unioni civili differiscono o coincidono con la “famiglia anagrafica” o con la “convivenza anagrafica”?
R:Preliminarmente è opportuno precisare che la legge anagrafica non è in contrasto, né si sovrappone, né integra il riconoscimento delle unioni civili.
La legge anagrafica (che pure abbiamo richiamato nel corpo della delibera) definisce all’art. 4 “famiglia anagrafica” l’insieme di due o più persone, coabitanti, tra di loro legate da vincoli di parentela, affinità o da vincoli affettivi; mentre all’art. 5 definisce “convivenza anagrafica” il legame tra due persone dello stesso sesso o di sesso diverso, coabitanti, legati da vincoli affettivi o di cura e/o assistenza. Deve precisarsi che la famiglia anagrafica può individuare 1 o più nuclei familiari, mentre la convivenza ne individua soltanto uno, con la peculiarità di non stabilire un vincolo parentale tra i conviventi. Entrambe le figure, hanno finalità prettamente statistica senza che ad esse vengano ricollegati effetti e diritti propri.
Le “unioni civili basate su vincolo affettivo inteso come reciproca assistenza morale e materiale” individuano famiglie nel senso anagrafico – avente fonte normativa nell’art. 2 Cost. e non contrastante con la famiglia legittima di cui all’art. 29 Cost. – e contemporaneamente un nucleo familiare, riconoscendo ai suoi componenti la qualità di parente prossimo. Certamente non istituisce nuovi status, non potrebbe farlo (visto che l’Organo preposto in questo senso è il Parlamento), ma non si limita neanche a funzioni statistiche. Precisamente: in primo luogo c’è un atto formale di riconoscimento della dignità e della rilevanza sociale alla coppia di fatto nei diversi momenti della vita quotidiana (cosa che non esiste con la convivenza e con la famiglia anagrafica). In secondo luogo, alla iscrizione dell’unione civile nell’apposito registro l’A.C. si impegna – come mi auspico avverrà per il comune di Pozzallo – a prevedere condizioni non discriminatori all’accesso agli interventi in determinate aree ritenute degne di tutela, evitando condizioni di svantaggio economico – sociale.
In buona sostanza, l’iscrizione nei registri anagrafici delle famiglie e delle convivenze, non costituisce un vincolo giuridico a cui si ricollegano effetti propri, diversi da quelli anagrafici, ma ha finalità meramente certificative e statistiche.
L’iscrizione nel registro delle unioni civili rappresentano un atto amministrativo con finalità dichiarative (non costitutive) di pubblicità, nel senso di riconoscimento di dignità della coppia: ad essa possono fare e fanno riferimento il legislatore e gli enti locali nell’ambito della propria autonomia in varie occasioni in cui si fa derivare un qualche diritto o beneficio dall’esistenza di una situazione di fatto certificabile, nella sua esistenza e nella durata. Quindi, non determinano per gli iscritti vincoli giuridici a cui si ricollegano effetti propri, ma ad essi gli enti locali che li istituiscono possono fare riferimento per fini che ritengano degni di tutela.
E’ importante precisare che tra registro anagrafico e delle unioni civili non c’è un rapporto di conflitto, sovrapposizione o integrazione ma indipendenza e sutonomia.
INFORMAZIONI PRATICHE
D: Quali sono gli effetti?
R: In nessun modo le Unioni Civili danno la possibilità di assumere lo stesso cognome, di adottare bambini, di regolare le eredità, di accedere all’istituto della comunione legale dei beni, e insomma tutte quelle voci che sono materia regolata solo dal matrimonio. In quel senso saranno, purtroppo, ancora necessari determinati accorgimenti come per esempio scritture private autenticate da notai, oppure testamenti ecc…
Ad oggi, infatti, i diritti negati alle coppie di fatto sono i seguenti:
1. Se uno dei due partner ha bisogno di un intervento medico urgente e rischioso, l’altro non può autorizzarlo, visto che non figura come parente.
2. Il convivente non può chiedere permessi di lavoro se il partner si ammala.
3. Il convivente che collabora all’impresa dell’altro non ha nessun diritto. Meglio, quindi, premunirsi con un regolare contratto di società o di lavoro dipendente.
4. Se la convivenza termina, il convivente in stato di bisogno non ha diritto a nessun sostegno economico da parte dell’altro.
5. Se dalla convivenza sono nati dei figli e questi sono ancora minorenni nel caso in cui la convivenza cessi, l’affidamento è stabilito in base al criterio dell’interesse del minore. Se vi è disaccordo, l’affidamento è deciso dal tribunale per i minorenni. Anche dopo la cessazione della convivenza, il genitore ha l’obbligo di mantenere il figlio che conviva con l’altro partner.
6. In caso di maltrattamenti di un convivente nei confronti dell’altro si configura il reato di maltrattamenti in famiglia.
7. Se cessa la convivenza, il proprietario o l’intestatario del contratto d’affitto ha diritto a restare nell’abitazione, salvo un diverso accordo tra le parti. Tuttavia non è lecito “cacciare” l’altro convivente e ogni contrasto dovrà essere risolto dal giudice.
8. Se uno dei due conviventi muore e l’appartamento era di sua proprietà, quest’ultimo spetta agli eredi legittimi del defunto. Il convivente potrà continuare ad abitarlo solo se l’altro ne aveva disposto con testamento in suo favore; se invece la casa era in locazione, il convivente ha diritto di subentrarvi nel contratto.
Chiaramente l’istituzione di un registro per le unioni civili non potrà dare risposta a queste istanze, ma potrà senz’altro ridurre le difficoltà incontrate dalle coppie di fatto, almeno all’interno del nostro territorio e limitatamente agli atti amministrativi nelle aree ritenute degne di tutela. L’importanza dei registri comunali delle Unioni Civili sta tutta nel fatto che in questo modo i Comuni permettono anche alle coppie non sposate, siano eterosessuali o gay, l’accesso ad alcuni diritti di pertinenza del Comune. Tra i più importanti:
1.la possibilità di partecipare ai bandi pubblici pubblicati dal Comune, per esempio quelli riguardanti le case popolari, sanità e servizi sociali;
2.la possibilità di partecipare ai bandi pubblici per l’erogazione di sussidi anti – crisi;
3. la possibilità di essere inserito nella medesima classe di rischio del convivente, in relazione al contratto RCA;
4. la possibilità di ricevere o prestare assistenza ospedaliera al/dal proprio convivente, ovvero, di poter autorizzare interventi rischiosi in caso di incoscienza dell’interessato, senza il rischio di essere allontanato dalla struttura; posto che si è equiparati al “parente prossimo”;
5. la possibilità di ricevere o prestare al proprio convivente la visita in carcere;
6. la possibilità di subentrare al contratto di locazione firmato da uno dei conviventi in caso di decesso di quest’ultimo;
7. possibilità di accedere ad agevolazioni fiscali per tutte quelle imposte comunali calcolate su base “familiare”;
8. possibilità di accedere a detrazioni scolastiche legate all’ISEE ovvero poter formulare domande ai servizi sociali per il proprio parente prossimo;
9. possibilità di usufruire della tessera taxi o trasporti vari.
Ovviamente i vantaggi saranno tanto più ampi quanto più sollecita sarà l’amministrazione a riempire questo contenitore di contenuti. Gli esempi fatti rilevano, infatti, un profilo meramente amministrativo legati ai servizi già esistenti o che il comune potrà in futuro erogare.
MESSAGGIO POLITICO
Voglio fare una premessa alle mie riflessioni: sono una donna sposata, ho contratto matrimonio concordatario 7 anni fa, io mio marito e le mie figlie costituiamo una famiglia legittima, come nel più classico dei casi. A noi sono riconosciuti determinati diritti che ad altri vengono negati. Non lo trovo giusto, anzi, sarei proprio felice se la tutela ricevuta dalla famiglia legittima come la mia, potesse essere estesa ad altre relazioni affettive. Mi sento particolarmente investita da questo problema poiché, anche in ragione della professione svolta, mi trovo a dover “inventare” delle soluzioni per fornirle a chi non ne ha … perché la legge non gliele mette a disposizione.
Da tecnico del diritto e da persona profondamente affascinata da questa scienza, mi trovo oggi nel 2013, a dover con amerezza affermare che non si tratta di una scienza perfetta. O forse ha perso questo guizzo e rigore nel corso degli anni. Comunque, se lo fosse, la sua prima ed inderogabile prerogativa sarebbe quella di interpretare il cambiamento della società. Cosa che non ha fatto: la società è arrivata prima della politica e, quindi, prima del legislatore.
Vorrei ricordare che molti anni fa (almeno un trentennio) quando cominciò a comparire il fenomeno della convivenza, questo era visto come volontà della coppia di non essere sottoposta e disciplinata dal rigido regime legislativo previsto per il matrimonio. Quindi perché disciplinare le convivenze proprio come i matrimoni? Questo in parte è vero, in altra è quello che i giuristi più avveduti ci hanno fatto studiare, orientando un certo tipo di giurisprudenza e l’opinione pubblica. Oggi non è più così. Oggi non mi sposo perché non posso sposarmi, perché probabilmente vengo da una precedente relazione che mi ha lasciato strascichi pesanti e di ogni genere. O chissà che altro. Oggi la convivenza non è più soltanto frutto della volontà della coppia, ma anche della necessità della stessa; soprattutto se parliamo di coppie omosessuali. Quelle no che non hanno scelta.
Dal punto di vista politico ho presentato e mi approccio a votare questa proposta di deliberazione con estrema libertà di pensiero, avendo presente che la stessa libertà non può andare oltre il dovere di difendere le istituzioni e lo Stato di diritto ove siamo chiamati ad operare. La mia posizione non è di bandiera, ma totalmente libera, come mi auspico, di fronte ad atti tanto importanti e qualificanti, sia la Vostra.
Da cristiana e credente, non ho alcuna reticenza a dirlo anche in questo civico consesso, ho la profonda convinzione che il Creatore non abbia fatto nessun errore e che abbia riconosciuto a tutti la dignità di esseri umani, dandoci l’esempio del più grande atto di amore “il libero arbitrio”. Chi siamo noi per opporci e limitarlo?
Peraltro, proprio in questi giorni il Papa ha manifestato la sua apertura alle coppie di fatto e al mondo omosessuale chiamandoli tutti “figli di Dio”. Con la sua straordinaria semplicità ha dato al mondo intero una grande lezione, invitandoci a distinguere gli orientamenti dai comportamenti, i peccati dai reati: “se io sono omosessuale ma in cerca di Dio,se sono di buona volontà, chi sono io per giudicarti?”. Papa Francesco, da buon pastore qual è, ci ha ricordato attraverso gli abitanti delle favelas di Rio de Janeiro,che dobbiamo sempre avere coraggio, essere controcorrente e reagire alle ingiustizie. Beh, io credo che oggi ostinarsi a chiudere gli occhi negando a chi non vuole o non può sposarsi determinati diritti … significa commettere un grave atto di prevaricazione (dei giusti sugli infedeli) e di ingiustizia. E non è questo quello che vogliamo.
Detto ciò, vorrei chiarire perché non è vero che il registro per le unioni civili non serve a nulla e perché, invece, è importante. Perché è fondamentalmente una questione politica! Ciò in quanto in un quadro Nazionale il Governo non decide e lascia noi in C.C. scegliere su questioni così importanti. Tutto il dibattito è politico: il C.c. è bandiera di una questione totalmente nazionale.
Le coppie di fatto sono una realtà che non può più essere ignorata o rimandata, ed è soprattutto un problema delle coppie eterosessuali e non di quelle omosessuali. Il Governo italiano è in vergognoso ritardo rispetto all’Europa, perché ha sempre cercato mediazioni. E questo atteggiamento è ormai divenuto insostenibile. Perché il Parlamento tarda? Perché cerca una mediazione con la Chiesa … mediazione che non potrà mai esserci e che, per certi versi è giusto che non ci sia! Diversamente saremmo di fronte ad una Chiesa – Stato e ad uno Stato – Chiesa e mi pare che lo Stato di diritto (come quello che sorregge una repubblica democratica come la nostra) non preveda ipotesi del genere contemplate, invece, in un ordinamento teocratico. Tutti quelli che siamo qui dovremmo avere una profonda convinzione: quella dello Stato laico e delle istituzioni. Quindi Viva Dio la contrapposizione tra i due diversi poteri, perché questo è rispetto reciproco. Quando si apre il dibattito intorno a questo argomento, sono tutti preoccupati di non turbare la suscettibilità di “certa” Curia. Dico “certa” perché come precedentemente accennato, anche il Papa ne ha preso le distanze lanciando un messaggio nuovo che ha tutta la potenza e la semplicità dell’amore.
Tra l’altro sono convinta che il vero ostacolo per la Chiesa non sia rappresentato dalle coppie omosessuali, ma dalle coppie eterosessuali, perché la contraddizione con il matrimonio è proprio lì. Gli omosessuali non possono scegliere ma, al contrario, devono per forza stabilire relazioni di fatto.
In entrambi i casi credo che l’amore, qualsiasi sia la sua forma od espressione, non può essere oggetto di sanzioni da parte dello Stato.
Tu non reputi corretto convivere con una persona dello stesso sesso oppure avere una convivenza di fatto con una persona di sesso diverso? Non lo fare! Nessuno ti obbliga. Ma lasciamelo fare se ne ho voglia, non me lo impedire. E allora? Ci preoccupiamo di non turbare la sensibilità di “certa” Curia, ma chi si preoccupa di non turbare la suscettibilità di un laico? E lo dico da cristiana e credente!
Non poter assistere il proprio compagno in ospedale, o non avere determinati diritti, è a tutti gli effetti una discriminazione. Non proponiamo, pertanto, oggi di creare nuovi diritti ma di riconoscerli a cittadini che li hanno già.
L’Italia è in vergognoso ritardo. Un Parlamento, e quindi la politica, deve saper interpretare i costumi e i segni della società civile: questo è il Paese dei single, ma sono davvero single? No. Sono conviventi che non appaiono nei documenti ISTAT.
Allora io dico una cosa: riteniamoci liberi di interpretare questa delibera come meglio vogliamo: io la interpreto nel senso della politica. Perché non c’è dubbio che il Comune di Pozzallo se assume questa delibera, come mi auguro che sia, sta dando un esempio alla Nazione e, soprattutto, uno stimolo alla politica nazionale. Essere Europei sempre, e non a targhe alterne, solo quando il Premier va a Bruxell, o solo quando dobbiamo eseguire ordini! Siamo l’ultimo Paese inerte in materia di coppie di fatto. Le convivenze sono state riconosciute in Germania, Francia, Austria, Olanda, Inghilterra, financo ad Israele, che ha escogitato uno strumento stupefacente per riconoscere diritti alle coppie omosessuali, ovverosia “contraete matrimonio fuori e noi li riconosciamo consentendone l’iscrizione nel registro dello stato civile”. Come vedete siamo gli unici incivili tra tanti Paesi Civili.
Chiediamo l’adozione di un atto amministrativo che abbia un forte valore simbolico e politico e auspichiamo il dialogo che coinvolga tutti i gruppi presenti verso riflessioni politiche. Chiudo l’intervento con un’ultimissima considerazione: questa sera sono orgogliosa del lavoro che sta facendo questo Coniglio Comunale e mi auguro che l’esito della votazione sia positivo, facendo un ultimo appello alla vostra ragionevolezza ed alla vostra sensibilità”.

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