Quando l’offerta è pienamente rispondente all’ aspettativa del partecipante. Questo è il dato che si evince a conclusione di ogni appuntamento della rassegna “Sulle tracce della Modica antica” di IngegniCulturaModica

1150244_10201757439767401_2028402699_nAncora tantissimi i partecipanti all’incontro “Modica laboriosa. L’uttimi scuggnitura” appuntamento della rassegna di IngegniCultura “Sulle tracce della Modica Antica,uomini e storie segni e parole” fissato per il 23 agosto al Circolo “G. Di Vittorio”. Salone del circolo gremito fino all’ultimo posto a disposizione con tante persone, molte di più di tutte quelle presenti in tutto il quartiere alto della città, in una calda ed umida serata d’estate.
L’incontro della durata di due ore piene, ha visto protagonista il pubblico, incantato dalle magistrali performance dell’attore Enzo Ruta, accompagnato alla fisarmonica da Carmelo Cavallo, nei panni di Turiddu Ciaramunti, testimone oculare dei tragici fatti del 1921 a Passo Gatta, di Giovanni Favaccio alle prese con lo scritto sugli spigolatori di Raffaele Poidomani pubblicato ne il Mattino di Modica il 9 luglio 1961 e reso dallo stesso in versione teatrale, del duo Carmelo Cavallo alla fisarmonica e Saro Spadola voce, impegnati nel “Cantu re scugghitura”, documento di altissimo valore storico, oltre che psico-sociologico e musicale proposto a suo tempo dal compianto Duccio Belgiorno, dalla figlia Emanuela e da Gino Carbonaro. La musica è struggente. Le parole documentano la realtà dello spigolatore modicano. Un canto che lentamente si trasforma in una sorta di preghiera:
O şcòġğhiri ni`n’jemu assai luntanu,
partiemu tutt’anšiemi di lu çianu,
e pôi, si `voli `Diu n’arricampamu,
`cu lu frummientu ca n’arrichuġğhiemu.

Oh! şpica, şpica`rara, abbannunata,
ti cuoġğhiu cuocciu a cuocciu`pa`mmirnata,
tu runi pani a `tutta la famiġğhia,
pani suratu`pi`cu lu travaġğhia.

Oh! şpica, şpica `rara, ora ti cuoġğhiu,
e t’arricuoġğhiu a ştizzi comu l’uoġğhiu,
e `ti lausu comu a`nu ŧrisoru,
pirchí tu si’ prizziusa `ciú ` ddi l’oru.

Cuannu lu friđdu a`niauŧri n’arriđduci,
tutti allampati e `senza ’n-cuocciu ’i luçi,
ni runi pani santu `pi şfamari,
pirchì lu voli `Điu lu şpiculari!

Ed il trasporto è stato totale quando hanno preso la parola Vannuzzo Scivoletto, Giovanni Romilla e Rosario Zocco, testimoni eccezionali dell’epoca, quasi centenari ,che hanno ricostruito il dramma di migliaia di famiglie di contadini modicani che ogni anno, all’inizio dell’estate ,caricavano sui carri le loro masserizie, per trasferirsi verso le campagne dell’agrigentino, Enna, Caltanissetta e ancora fin nelle campagne del palermitano. Obiettivo? Mietere le spighe nelle immense distese di campi seminati a grano della Sicilia Centrale e poter riportare qualche sacco di frumento ricavato dallo spigolare, nelle proprie case. Case che erano spesso grotte o dammusi , abitazioni improprie disseminate su tutta la parte alta di Modica. Ove ci vivevano per dieci mesi all’anno, assieme all’asino e alle galline, migliaia di uomini, donne, vecchi e bambini che conoscevano come le loro tasche le più desolate contrade della Sicilia del grano.
Le testimonianze sono state intervallate dalle riflessioni di Peppe Casa sul fenomeno degli spigolatori che ogni anno, all’inizio dell’estate, costringeva migliaia di famiglie di contadini soprattutto modicani, ma anche dei paesi vicini, a caricare sui carri le loro masserizie, per trasferirsi verso le campagne dell’entroterra siciliano.
Versi di Casa ,realizzati per l’occasione, sono stati letti con maestria da Saro Spadola.
E nell’economia della serata non poteva di certo mancare una riflessione socio politica sul ruolo del Circolo Di Vittorio a Modica Alta, curata dall’attuale presidente Enzo Roccasalva e dal già deputato regionale Peppino Giannone che si è soffermato in particolare sul problema dell’unità degli operai e dei braccianti agricoli, che in quel momento erano la punta avanzata in tutta la provincia della riforma agraria, per il lavoro, per la rinascita e la pace, e, nei fatti per l’assetto democratico dell’Italia.
Il Circolo “G. Di Vittorio”, ha avuto il merito di mettere fine alle discriminazioni antibracciantili e di considerare questi lavoratori, per quello che erano a tutti gli effetti, classe operaia.
Ha moderato i lavori Mario Incatasciato, presidente di IngegniCultura, che si è ritenuto soddisfatto per aver visto raggiunti gli obiettivi che l’ente associativo si era prefisso, cioè quelli di raccontare la storia di un territorio , portando il visitatore là dove quella storia si materializza, nei luoghi e nei siti che ne documentano lo svolgimento storico, i valori culturali e gli aspetti artistici, unificando idealmente eventi e luoghi. Per l’occasione la Piazza San Giovanni,ai piedi della scalinata dell’omonima Chiesa barocca, è tornata ad essere almeno per una sera cuore pulsante e strategico di un antico borgo, epicentro di battaglie politiche ,economiche e sindacali a vantaggio del lavoro e della classe operaia di un intero comprensorio , ove “cavalieri”, “mastri” , “viddani”,”impiegati” e “professionisti” erano tutti lì, a ricordare il passato per costruire un futuro migliore.

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