Carceri: sofferenza e inciviltà…a cura di Rita Faletti

carcere bicoccaAlcuni dei referendum radicali hanno rimesso il dito su alcune delle più dolorose piaghe del nostro paese: la situazione carceraria e i diritti umani. Ormai tutti sanno delle condizioni inumane vissute dai detenuti in Italia. A cominciare dallo spazio (4 metri quadrati sono la misura standard stabilita per ogni detenuto) di gran lunga inferiore a quanto stabilito dalla Corte di Strasburgo, visto che le carceri italiane sono in grado di ospitare circa 47mila detenuti mentre, stando ai dati del Ministero della Giustizia, ne contengono oltre 66mila. Sovraffollamento quindi, per non parlare delle condizioni igienico sanitarie degne delle galere brasiliane. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha già rivolto all’Italia un appello perché acceleri i tempi per la soluzione del sovraffollamento e ci ha condannato a risarcire 100mila euro per danni morali a 7 detenuti rinchiusi nelle carceri di Busto Arsizio e Piacenza dove la popolazione carceraria è il doppio di quanto dovrebbe. Intanto, dopo la sentenza di Strasburgo, i detenuti che hanno fatto ricorso sono diventati un migliaio. Così al problema del sovraffollamento si aggiunge quello del risarcimento. Eppure non è da ieri che lo stato di degrado nelle carceri ha superato il livello di guardia, e non è da ieri che Marco Pannella e i radicali, da sempre gli unici sensibili al problema, cercano, anche attraverso i reiterati scioperi della fame e della sete, di scuotere dal letargo colpevole i politici e rendere consapevole l’opinione pubblica di questa realtà, di tutte la più vergognosa. Qual è la risposta politica? E’ il decreto “svuota carceri” che stabilisce una doppia linea di intervento: favorire l’uscita dal carcere di chi ha parzialmente scontato la pena ed è ritenuto non pericoloso e offrire la possibilità che i condannati scontino pene alternative alla detenzione. La toppa è peggio del buco. Di fatto, il decreto “svuota carceri” così come amnistie varie e indulti, non ha alcun senso, se prima non si affronta una questione ben più grave e lesiva dei diritti dell’uomo, in primis il diritto fondamentale alla libertà. Mi riferisco alle 26mila persone in stato di custodia cautelare che, in attesa della sentenza definitiva, sono in carcere in condizioni incivili. Secondo l’Osservatorio Antigone, delle oltre 66.685mila persone detenute al 31 ottobre 2012, ben 26804mila (40,1%) scontavano una condanna definitiva, ma erano ancora in custodia cautelare. Dato sconvolgente se comparato con la media europea che è del 28,5%. La custodia cautelare è un strumento di emergenza trasformato in una sorta di anticipazione della pena che una volta si chiamava, meno ipocritamente, carcerazione preventiva. La carcerazione preventiva aveva la funzione di impedire la fuga, l’inquinamento delle indagini, o la reiterazione del comportamento di una persona la cui colpevolezza era ancora da dimostrare, ma su cui gravavano seri sospetti.Oggi ti può capitare, come spesso riporta la cronaca, di essere sbattuto dietro le sbarre da innocente, perché qualche magistrato “diligente” si è dimenticato di verificare tutte le circostanze di cui sopra, in barba alla presunzione di innocenza e con l’aggravio dell’insopportabile sovraffollamento.Aboliamo la carcerazione preventiva e così l’ergastolo, definito dalla Corte di Strasburgo una violazione dei diritti umani se non prevede alcuna possibilità di liberazione anticipata. Risolveremmo così,contemporaneamente, due problemi: il primo attinente alla difesa dei diritti umani come l’art. 27 della Costituzione rivendica, il secondo relativo al mantenimento in carcere di troppi detenuti, nella stragrande maggioranza stranieri. Questi ultimi, dovrebbero essere mandati a scontare la pena nei paesi di origine, soprattutto se macchiatisi di crimini gravi.Tre i vantaggi: vivibilità all’interno delle carceri, abbattimento dei costi esagerati e riutilizzo delle risorse per concreti programmi di rieducazione.

foto archivio carcere di Bicocca

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