Una testa di pecora mozzata davanti alla porta di un casolare. Se non fosse per il casolare, che indica la presenza e il lavoro dell’uomo, la scena potrebbe essere ambientata in qualunque posto del mondo, come segnale sì della presenza umana, ma di una umanità primordiale, che non ha conosciuto nessuna forma o processo di civilizzazione. Ebbene, in Italia invece, questo si può verificare come manifestazione di civiltà imbarbarita o barbarie civile. E dove? In contrada Sciddicuni, in provincia di Catania. Il casolare è di Emanuele Feltri, un giovane allevatore e agricoltore che ha scelto di vivere nella campagna di Paternò, patria di due noti personaggi con destini e fortune diverse, Ignazio La Russa e Salvatore Ligresti, uno dei luoghi in cui la terra siciliana ostenta tutta la sua bellezza: un’oasi naturale di grande fascino in cui si ha la strana e piacevole sensazione di essere tornati indietro nel tempo, trasportati in un mondo in cui la natura è sovrana e senti che palpita di una vita sua propria se solo ti fermi e la sai ascoltare, in silenzio. L’ideale “buenretiro” che molti, nel fastidioso rumore del caos cittadino, sognano e sperano, un giorno, di raggiungere. Emanuele, quando si è trasferito qui, aveva un sogno ed ha tuttora un sogno: quello di realizzare, nella sua oasi, un’azienda agricola biologica e un piccolo centro per il turismo rurale. Un sogno di pace, quella vera, che però infastidisce e irrita chi, in quella pace, vuole continuare a lasciare le tracce ingombranti del proprio lurido guadagno e dei propri schifosi interessi illeciti. Discariche di materiali tossici (eternit , rottami, liquami, pneumatici, materassi e frigoriferi) deturpano la vallata lungo tutto il percorso del fiume Simeto, il più importante corso d’acqua della Sicilia. La testa decapitata dell’animale è un avvertimento, come altri che Emanuele riceve da due anni ( uccisione di pecore, furti, incendio dell’agrumeto ), senza che lo stato intervenga per difenderlo e difendere, con lui, la bellezza di una terra che non può e non deve essere impunemente violata e insozzata. Con il coraggio e la fierezza dei siciliani onesti, a minacce e intimidazioni, il giovane risponde con un messaggio chiaro: rimanere nell’oasi che ama, rifiutandosi di cedere all’omertà o al ricorso a ritorsioni e vendette, come invece è nello stile di chi vive nelle campagne dell’isola. Quelli che dovrebbero tutelarlo, non possono per insufficienza di mezzi, leggi la guardia forestale, o non vogliono, leggi la Regione, sorda ad ogni appello. Forse in difesa degli smaltitori illegali? E nonostante la negligenza e il disinteresse delle istituzioni, Emanuele ha sborsato più di mille euro di IMU per il casale e suoi 5 ettari di terra. Qual’ è il senso di una tassa cui non corrispondono servizi di alcun genere? Dall’alluvione dell’anno scorso, le strade sono ancora in attesa di essere riparate, le centraline elettriche funzionano a singhiozzo. Altro esempio di uno Stato che latita ma spreme i suoi cittadini-schiavi, mentre il resto lo fanno le organizzazioni mafiose. Colluse con lo Stato? Neanche il pizzo serve, a volte, a tutelare chi lo paga. Soltanto il sindaco e 500 ragazzi hanno espresso solidarietà nei confronti di Emanuele, insieme con l’intento di contribuire alla salvaguardia della vallata. Per fortuna, i media hanno fatto la loro parte, portando all’attenzione il caso di Emanuele che è così arrivato in Parlamento. Il sottosegretario alla giustizia Giuseppe Berretta, si è recato a Paterno’ e ha promesso maggiori controlli per fare luce sulla vicenda. Speriamo. E’ comunque incredibile e triste che in un’isola così ricca di bellezze naturali e di arte, i suoi figli, i siciliani, che nel mondo si distinguono per intelligenza e creatività, si siano arresi alla prepotenza e all’arroganza di cialtroni ignoranti che loro stessi hanno investito di potere assoggettandosi alle loro leggi criminali. Uno stato nello Stato che sopravvive in parte a causa della rassegnazione e del disinteresse.
Una testa di pecora mozzata………a cura di Rita Faletti
- Novembre 13, 2013
- 6:17 pm
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