Modica. Incontri su don Puglisi educatore con chi è cresciuto alla sua scuola Il vero educatore è anzitutto un testimone

testimoni don puglisi«Ed ora?» «Cerca di capire meglio» – questo passaggio dei dialoghi tipici tra don Puglisi e i tanti giovani che ascoltava, ognuno come se fosse l’unico, ognuno con tutto il tempo necessario, rivela uno dei tratti di un educatore, tanto fine e attento, quanto ordinario e feriale qual è stato don Pino, raccontato a Modica come educatore nei giorni scorsi attraverso un percorso ideale iniziato sabato pomeriggio a Crisci ranni. Qui due giovani cresciuti alla scuola di don Pino tra quartieri e Centro vocazionale, Ninni Porcaro e Andrea Terranova, hanno fatto subito emergere il tratto prevalente di un educatore capace anzitutto di ascolto. Senza premettere altro, neppure il riferimento a Dio. Con un metodo non direttivo ma al tempo stesso con un empatia. Che lo portava a farsi vicino ad ogni età in modo da «farsi tutto a tutti». E con proposte controcorrente, come quella del deserto come scuola di preghiera, essenzialità, verità, come possibilità di veramente ritrovarsi. Proponendo quindi di avvertire che la vita è vera se diventa vocazione, progetto, partecipazione a un progetto grande come quello di Dio. L’itinerario sulle orme di don Puglisi educatore è continuato sabato sera nella chiesa di San Paolo dove, malgrado la fredda serata, erano presenti tanti genitori, educatori, catechisti. Qui anzitutto vi è stata la testimonianza di Agostina Aiello, assistente sociale missionaria, collaboratrice di don Puglisi per più di vent’anni (nei quartieri difficili di Palermo, nel Centro vocazionale, nelle parrocchie di Godrano e di Brancaccio) e, dopo la sua morte, impegnata per altri vent’anni a raccogliere, nell’archivio don Puglisi, tutte le sue carte che hanno aiutato anche nel processo canonico che ha portato alla beatificazione. È emerso ancora una volta un don Puglisi educatore anzitutto con la sua mitezza, con la sua dedizione, con il suo spessore di uomo e di prete. Un tratto particolare ci è stato consegnato da Ignazio e Fina Tabone, alunni di don Puglisi al liceo classico Vittorio Emanuele di Palermo e da lui sposati: don Pino non solo 3P (padre Pino Puglisi) ma 4P, ovvero don Pino Puglisi … papà. “Papà” per il suo esserci, per il suo esserci come punto di riferimento, per il suo non nascondere preoccupazioni e riserve ma anche per il suo contemporaneo accompagnare comunque, per la sua povertà, per la sua laboriosità …
Nel gruppo c’era il figlio piccolo di Ignazio e Fina che prendeva appunti, per poter comunicare alla maestra quanto vissuto a Modica. Particolare non secondario di una cura educativa paterno/materna che fa crescere anzitutto facendo avvertire cosa è serio, cos’è bello e buono. Grazie alle grandi consegne ricevute. E la domenica don Giuseppe Tavolacci in un seminario di approfondimento per educatori, significativamente collocato nella Casa che di don Pino porta il nome, ha sottolineato come don Puglisi è stato educatore anzitutto in quanto testimone, un testimone che aveva – come lui stesso diceva di sé, con la sana autoironia delle persone veramente adulte – «grandi orecchie per ascoltare, grandi mani per accarezzare, grandi piedi per correre e così accogliere, sostenere, e una testa pelata … per riflettere la luce di Dio». Testimone e amante … con un amore così grande da provocare un parto speciale, un «parto per amore» – com’è detto nello sketch di Ficarra e Picone (anche lui alunno di don Puglisi). E quindi con un martirio in «odium fidei» ma anche in «odium amoris». Un amore che non aveva bisogno di scorta, un amore che lo faceva andare «a nuca scoperta» e così lo rendeva ancora più pericoloso per la mafia, che lo ha ucciso. Senza poter spegnere il suo sorriso. Sorriso come rimando a quella mitezza che, insieme al «metterci la faccia» e alla capacità di unire relazione e attenzione sociale, diventa consegna per tutti coloro che vogliono crescere e aiutare a crescere nella vita bella del Vangelo. In tempo di Avvento, peraltro, ulteriore appello a vivere con responsabilità e non fare come al tempo del diluvio, in cui tanti erano distratti e «non si accorsero di nulla». Il nostro tempo chiede di “accorgerci”. Don Pino ci aiuta e precede …

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