PRESENTAZIONE DE LA PRIMA VERA ESTATE ( MELINO NERELLA EDIZIONI), IL NUOVO ROMANZO DI NICOLA COLOMBO

nicola colomboAlla presenza di un numeroso e attento auditorio, si è tenuta la preannunciata presentazione del nuovo romanzo di Nicola Colombo, La prima vera estate, edito da Melino Nerella edizioni. È stato il giornalista e scrittore Salvatore Scalia a tratteggiare, da un punto di vista critico-letterario, il senso della scrittura e della produzione letteraria di Nicola Colombo. Infatti il già caporedattore della pagina culturale de La Sicilia ha affermato:
“ L’immaginazione di Nicola Colombo è fortemente ancorata alla realtà marinara che lo circonda, raro esempio di narratore siciliano di avventure di mare, di vite perdute, di incontri fortuiti nei porti del mondo, di tempeste, di derive e naufragi. Tutte queste condizioni l’Autore ha saputo tradurre in condizioni esistenziali, le tempeste, le derive e i naufragi della sua scrittura sono divenuti quelli dell’anima.  Nel nuovo romanzo, La prima vera estate, si racconta la fuga dal luogo natio e il ritorno. La protagonista è Mariella, la zingara, e già nell’appellativo c’è l’idea della instabilità. Accresciuta questa sensazione dal fatto che la donna, voce narrante, si racconta a un marinaio. Nulla di più casuale e precario dell’incontro tra una prostituta e un uomo di mare.  Allo stesso modo gli amori giovanili di Mariella sono per un capotreno e un ufficiale di marina.  La prima parte del romanzo è tutta costruita come una fase di sospensione in attesa della fuga. Mariella ripercorre le tappe della sua vita, il sentirsi esclusa, l’approdo a Milano in fabbrica, la relazione con un operaio, Michele, divenuto terrorista, e l’amicizia con un ex capo partigiano che gli farà da padre putativo e da coscienza morale, fino al rotolare nella degradazione estrema, la scelta di fare la donna da marciapiede.  Ogni tappa del memoriale di Mariella è scandita da avvenimenti storici, realmente accaduti, come la strage di Piazza Fontana nel dicembre del 1969.  Nicola Colombo ha scritto un bel romanzo di educazione sentimentale, in cui alla fine di ogni tipo di esperienza, la protagonista ritrova se stessa tornando alle radici che aveva rinnegato.  L’esclusione è la grande metafora del romanzo, ed è una esclusione che anche la generazione dell’autore vive nel presente, nel sentirsi oramai come estranei ai processi storici, davanti al trionfo di un capitalismo, nell’era della globalizzazione, propiziato dalla mitologia consumistica che ha sottomesso qualsiasi valore civile, etico e culturale”.

Nel suo intervento, l’editore del romanzo, Silvio Aparo, ha spiegato “le ragioni e le emozioni” di un editore che in Sicilia intende fare imprenditoria culturale dinanzi a una situazione di mercato monopolizzata dai grandi colossi dell’editoria nazionale.  “ Investire dunque in scrittori siciliani e che operano nel territorio – ha sottolineato l’editore – significa sostenere con coraggio una scommessa: quella di valorizzare risorse e talenti che altrimenti sarebbero soffocati dalle strategie che monopolizzano l’intero percorso editoriale dalla stampa, alla distribuzione, alla vendita.  In tal senso la scelta della Melino Nerella di dare fiducia a uno scrittore come Nicola Colombo significa veramente fare cultura nel proporre ai lettori storie originali e apprezzate pagine letterarie come quelle che la penna di Colombo è in grado di garantire con il suo particolare e avvincente stile frutto di solide letture e importanti basi letterarie ”.

E’ toccato a Nicola Colombo – dopo la lettura di alcuni brani del romanzo magistralmente fatta da Maria Giunta e dalle struggenti note musicali del maestro Aurelio Caliri – concludere l’evento.

L’autore ha chiarito alcuni aspetti del suo nuovo lavoro e cioè che La prima vera estate è stato scritto di getto sei-sette anni addietro in un lungo ponte natalizio ed elaborato nel corso del tempo per renderlo, da semplice tracciato narrativo, lavoro letterario in senso stretto.  “ Se il racconto-memoriale di Mariella è fabula, quindi invenzione letteraria, la cornice del lavoro ha evidenti riscontri storici – dal secondo dopoguerra a metà degli anni Ottanta – perché scrivere una storia al di fuori di un contesto reale è come aggiungere menzogna della notte ( per dirla con Bufalino) alla menzogna del vivere quotidiano e certamente questo non è obiettivo di chi intende offrire al lettore una letteratura sociale, impegnata, di riflessione.  La storia di Mariella vive una conclusione apparentemente positiva perché non è dato sapere come i futuri anni di vita della protagonista sono stati. Propriamente dove la storia dovrebbe trovare una svolta il romanzo si chiude, così come si chiude quel lunghissimo periodo di autunno-inverno che sono stati i primi quaranta anni di esistenza di Mariella per aprirsi alla sua agognata primavera-estate.  Nella cornice permane comunque un nodo scorsoio, per la protagonista: quello della solitudine in cui Mariella è costretta a vivere e che ne segna l’esistenza fatta di illusioni e disillusioni, sogni, ripiegamenti e sconfitte.  Lei – a un certo punto lo dice pure – ha sempre fatto da sola: da sola è andata via da casa, a sedici anni, da sola ha amato, da sola ha scelto il marciapiede, da sola ha deciso di tornare alla sua terra dove ha radici e conserva memoria.  La solitudine, quella di Mariella e probabilmente quella di tanti di noi, è una condizione dell’animo e come tale va vissuta, accettata, combattuta senza fare fare finta che non esista.  Magari, per dirla con Pavese, è sempre meglio viverla in due, la solitudine, perché gli accidenti della vita è sempre meglio affrontarli con qualcuno accanto, anche se indifferente come il marinaio destinatario del memoriale ma tanto indifferente al punto di lasciarlo, quando arriverà il giorno di andare via, nella stanza che con Mariella ha condiviso per qualche settimana di amore non ricambiato”.

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