Narra il mito greco che durante la lunga guerra di Troia, a difesa di essa, intervennero anche le amazzoni, le terribili donne guerriere che risiedevano presso la Scizia. A combatterle fu mandato Achille con i suoi mirmidoni. Achille le sconfisse e ingaggiò il duello con la regina, Pentesilea, che, oltre ad essere bella, era anche fortissima come combattente. Achille, dopo un duro scontro, la ferì a morte. Caduta ai suoi piedi, Achille la spogliò della sua armatura e, vedendola nuda, ne fu preso e la possedette. Poteva essere un atto di amore verso la donna che aveva ucciso,e che avrebbe potuto amare se non si presentava con la spada in mano; in quel modo fu solo un oltraggio.Da allora nel mondo greco le donne ripresero il loro posto di mogli, madri, amanti; dignitoso ad Atene, e prestigioso a Sparta, dove esse possedevano le terre, poiché gli uomini erano destinati a combattere e farsi uccidere per la gloria di Sparta. Come è noto il mito è una verità esposta con immagini. Come tutta la mitologia greca, da Crono che divora i suoi figli a Prometeo incatenato da Zeus a una roccia per avere svelato il fuoco ai mortali. Cosa vuol dire il mito di Achille e Pentesilea? E’ abbastanza chiaro. L’uomo non sopporta che la donna assuma atteggiamenti mascolini, non accetta che sia da lei emulato. Se questo succede accade la reazione: l’uomo dimentica il suo amore, il fascino femminile, la sua attrazione, e reagisce in maniera violenta, umiliandola e relegandola ai margini della società. Questo hanno dimenticato le donne in parlamento che hanno proposto la cosiddetta parità di genere. Un termine che sostituito le quote rosa che per anni hanno colorito il dibattito politico in Italia. Ma sempre quote significa.
Le donne in bianco
Lo spettacolo offerto dalle donne deputatesse l’11 marzo durante il dibattito per la legge elettorale è deprimente per loro, ma umiliante per l’Italia. Sono questi i parlamentari che hanno in mano le sorti del popolo italiano, oppresso da tasse, inchiodato a una crisi che ha divorato stipendi e lavoro, che aspetta invano da anni di poter uscire da una condizione di sottosviluppo cui l’Italia è già avviata? La gravità del loro atteggiamento non le ha minimamente toccate se, con una folle protervia, hanno continuato a strillare la loro rabbia per quella che hanno considerato una sconfitta, senza riuscire a capire che è la vittoria del buonsenso, ma soprattutto, del diritto. E hanno continuato a blaterare nei talk show, in dichiarazioni davanti al Parlamento. E quello che è ancora più grave è che riproporranno la richiesta al Senato. Con il rischio diritardare l’approvazione della legge, che è indispensabile approvare al più presto ma altrettanto importante archiviare allo scopo di dedicarsi alla soluzione dei problemi economici, di produzione, del lavoro e fiscali, vera priorità del paese. E fa male, molto male, sentire il capo gruppo del PD alla Camera, Speranza, affermare che la battaglia continuerà al Senato poiché “la parità di genere è una priorità per il PD”. Se queste sono le priorità del PD l’Italia è messa proprio bene. Dopo il fallimento della politica di Monti l’unica speranza che anima gli italiani è appunto il PD. E questo signore ci dice che la sua priorità non è la crescita economica, la riduzione delle tasse, il rilancio dell’occupazione, la giustizia sociale, ma… le quote rosa al 50%l. C’ è da rabbrividire. Poi uno pensa che Speranza è quello che ha detto alla deputata della destra, Giorgia Meloni, che il PD non è d’accordo a ridurre le pensioni d’oro! E allora si chiede: ma perché il PD lo tiene quale presidente del gruppo parlamentare? Ma la colpa di questo atteggiamento delle donne in Parlamento è proprio degli uomini del Pd o, almeno, ad una parte di essi. I Cuperlo, i Boccia etc che le incoraggiano sono i responsabili di questo atteggiamento forsennato delle donne in Parlamento. Se avessero avuto il coraggio di parlare chiaro e di spiegare loro che le quote per legge sono un assurdo giuridico esse avrebbero desistito da questa azione inconsulta. Invece si sono sentite incoraggiate dall’atteggiamento di questi parlamentari al punto di reagire, dopo il responso della votazione, come se fossero state tradite. Non hanno capito che i bersaniani, è vero, sono favorevoli alle quote rosa, ma il loro sostegno l’altro ieri, e forse anche al Senato, aveva uno scopo: fare saltare l’accordo, per silurare Renzi. Il quale ha anch’egli, in questa vicenda, una grande responsabilità: avere solleticato le speranze delle donne in una maggiore presenza nella politica per legge e non per merito. Come? Nominando la segreteria per metà con donne. E poi ripetendo questo esperimento nel governo. Con la conseguenza che la segreteria è rimasta molto debole. Il governo lo vedremo. Finora sappiamo che salvo due ministre le altre sono solo belle statuine.
La presenza delle donne
Un giorno una parlamentare mi disse con meraviglia e disperazione: “Lo sai che nei consigli di amministrazione ci sono solo l’11% di donne?” E io, ingenuo: “Ma perché nei consigli di amministrazione ci devono essere le donne?”. Non mi rispose, guardandomi perplessa. Già, ma perché ci devono essere le donne? Non ci devono essere persone preparate? Le dichiarazioni delle pasionarie di questi giorni non ci aiutano a dare una risposta a questa domanda. Forse l’unica che ci può aiutare è Alessandra Moretti, già segretaria di Bersani, che ad Agorà il giorno dopo sfogò la sua rabbia e delusione. Ha spiegato che la loro “battaglia è per la democrazia, per la qualità della democrazia. Oggi le donne sono poco presenti dove si prendono le decisioni. Parità di genere non è un tema femminile, ma sociale ed economico. Perché quando la donna lascia d lavorare iL PIL si abbassa. Per questo fino a quando il paese rinuncerà alla presenza femminile non riuscirà a fare grandi passi in avanti. Deve essere chiaro che la battaglia non è finita, riprenderà al Senato. Se la parità non viene inserita, un gruppo di donne non voterà la legge”. La minaccia è chiara.Che dire?
Solo tre cose.
Le donne e la democrazia
La democrazia, la qualità della democrazia non c’entrano nulla con la presenza delle donne. Un paese è democratico anche se non ci fosse nessuna donna in Parlamento; come è democratico anche se non ci fosse alcun uomo, ma fossero tutte donne. La democrazia si garantisce dal libero voto dei cittadini. Quello che, poi, conta è che siano persone preparate, competenti, oneste e dedite al servizio del paese. E questo può avvenire con donne e senza donne, con uomini e senza uomini. Non si vota e non si è votati perché uno è uomo o donna, ma perché è cittadino. Dall’essere cittadino sorge il diritto ad essere eletto al Parlamento. Per questoil sesso non può essere imposto per legge. E’ stupido invocare, come ha fatto la Boldrini (Presidente della Camera, ahi Bersani, quanti danni hai fatto),che il numero di donne in Italia è uguale a quello degli uomini; può essere anche maggiore, ogni parlamentare deve essere votato dagli elettori. Tutte queste signore che si pavoneggiano in Parlamento sono passate dalle elezioni? Quelle vere, dove scelgono gli elettori? C’è un’esperienza illuminante: In Sicilia l’alternanza fra uomo e donna è imposta con legge nelle liste. A Modica il PD per ben due volte ha dovuto mettere in lista una donna. Ha avuto problemi enormi per trovarne una disposta a candidarsi. Si sono candidate per fare un favore e il partito ha perso voti ad ogni elezione. E poi, lo sanno le signore in bianco quante sono le donne elette all’Assemblea Regionale, con le liste che hannouomo e donna in alternanza? Sono 13 su 90. Vogliono riflettere su questo le nostre parlamentari? Significa che neppure le donne votano per le candidate solo perché sono donne; anche loro votano la competenza. E’ vero che anche la nuova legge non avrà preferenze. In tal caso sono i partiti che dovranno decidere il numero e la presenza di uomini e donne.Non la legge.La spiegazione della Boldrini, le donne hanno diritto alla loro rappresentanza, è allucinante: ma perché? Le donne non mi rappresentano? E l’uomo, marito, fratello, padre o figlio, non rappresenta la donna? Chi scrive, alle ultime elezioni amministrative di Modica ha sostenuto una ragazza, la quale non solo è stata eletta, ma è risultata la prima nella lista del PD. Signora Boldrini, ho fatto male perché non mi rappresenta?
Le donne e il lavoro
Dice la Moretti che quando una donna lascia di lavorare il PIL diminuisce. Evidentemente vuole dire che il PIL diminuisce anchequando cessa di lavorare una donna. Ed è ovvio. E’ il lavoro che produce PIL, senza indicazione di sesso. Se poi la Moretti vuole dire che il lavoro delle donne è più produttivo, allora possiamo solo ridere o ragionare pazientemente. Dal punto di vista qualitativo il lavoro dipende dal livello intellettuale e culturale: se una donna ha un’elevata intelligenza e una vasta preparazione in quel dato settore, allora il risultato sarà eccellente. Ma questo vale anche per gli uomini. Se poi si vuole affermare il luogo comune che le ragazze studiano di più e vincono i concorsi, diciamo che questo è vero. Ma non significa che il risultato sia migliore. Un amico, impiegato delle Ferrovie negli anni ’70, in servizio allo scalo Farini di Milano, mi ha raccontato che a seguito di un concorso erano state assunte come manovali alcune donne. Lo scalo Farini è lo scalo più importante d’Italia, ha 26 linee, dato che è il passaggio per il Nord di Europa. Ebbene: quando si trattava di staccare carri da un treno merci, non ci riuscivano e chiamavano gli uomini; sdraiarsi a terra per staccare un carro merci non era cosa che potessero fare e, al solito, chiamavano un uomo; un peso di 10 chili era per loro di una tonnellata e chiamavano… Una settimana si assentavano perché indisposte, alcuni giorni si sentivano male: lavoravano si e no 15 o 18 giorni al mese. Poi arrivò anche una disposizione che invitava la dirigenza a non utilizzare le donne nelle ore notturne: non era un ordine, ma una raccomandazione.Per non parlare delle donne conduttrici o capotreno, le quali in certe tratte erano in pericolo della loro incolumità e non volevano svolgere il servizio perché avevano paura di essere aggredite, e lo svolgevano sotto la scorta della polizia ferroviaria. Con quale costo è facile capire. Persino nelle scuole superiori c’è da fare una riflessione. Qualche anno fa, una professoressa universitaria, in una trasmissione di Gad Lerner, dichiarava con sincero rammarico, che la scuola, da quando si era verificata la prevalenza femminile nella classe insegnante, era fortemente decaduta. D’altronde non si è accorta la Moretti quale decadenza ha rappresentato per la CGIL la Camusso? Comunque, on. Moretti, guardi che la cose grandi sono state realizzate anche senza donne: accanto a De Gasperi a fare dell’Italia un paese democratico e creare il miracolo economico non c’erano donne, ma Vanoni, Einaudi, Gronchi, Dossetti, Mattei, Fanfani, La Pira, Togliatti, Nenni, Pertini. Poi dobbiamo anche dire che ci sono donne intelligenti che onorano la loro professione. E in tutti i campi. Senza giungere a Rita Levi Montalcini e Margherita Hack, possiamo ricordare Nilde Iotti, Tina Anselmi,per fermarci alla politica.
Donne e ideologia
La verità è che c’è, al fondo di questa incredibile rivendicazione, una particolare visione della donna e del suo ruolo nella società, fermo restando che ci si dimentica che l’Italia è uno Stato democratico e di diritto. La donna non è una razza a parte da riconoscere e tutelare, una minoranza linguistica o un’etnia inferiore: appartiene al genere umano, esattamente come il maschio, ma con funzione biologica diversa. E’ un essere umano, che Dio, o la natura per chi non crede, ha strutturato per assicurare la continuazione della specie. Il suo organismo è fatto per essere fecondato, creare una nuova vita, allattare il bambino e crescerlo. Per attuare questo grande compito l’uomo è attratto dalla donna che dal suo amore resia fecondata. In tal modo l’unione di uomo e donna dà gioia e felicità ad entrambi: è quella che Hegel chiama l’astuzia della Ragione, la quale, con l’attrazione dei sessi, raggiunge il suo obiettivo, la prosecuzione della specie.La donna esiste per questo. Poi è chiaro che essa può fare altro oltre la cura dei figli: lavorare o divertirsi. Questa visione della cultura cattolica pone la donna al centro della società, da tutelare in ogni modo perché troppo preziosa e importante. C’è stata, invece, una cultura di sinistra che ha abbassato la donna al semplice livello di lavoratore: “sebben che siamo donne paura non abbiamo” recitava una canzone di inizio secolo, il cui scopo comunque era altamente positivo, difendere il lavoro e ottenere migliori condizioni. Ma portata a produttrice di reddito, come il maschio, la donna perde perché nel lavoro, si voglia o no, è normalmente, salvo alcune attività e certe capacità individuali, inferiore. Perché la donna non si impegna come l’uomo nella politica? Perché sono poche le donne che vi dedicano con passione? Ma perché il suoprimo interesse sono i figli e la famigliaQuestaè la ragione della minor presenzadelle donne nelle istituzioni. D’altronde la famiglia si regge sulla donna e non è un caso che il legame che dà origine ad essa si chiami matrimonio, ossia potere della donna. E difatti certa cultura di sinistra non crede al matrimonio. Vuole compagne, non mogli. Padronissimi, sia ben chiaro, di ritenere questoerispettabilissimi. Come siamo padronissimi e rispettabili quelli che crediamo almatrimonio. Però resta il fatto che il compito principale della donna è quello per cui l’ha fatto Dio.E’ questa la radice della sua grandezza. Allora la donna, se vuole, si impegni in politica, cominci dal contatto con i cittadini, con i loro problemi, poi si faccia eleggere e in tal modo concorrerà anche alle cariche più alte. Ma senza scorciatoie che offendono lei stessa, prima che la società. Difatti le donne che non hanno avuto bisogno delle quote rosa, che si sentono sicure e capaci di affrontare le elezioni, si sentono offese dalle quote rosa. Leggere l’articolo di M.T. Meli sul Corriere dell’11 marzo scorso è un bagno di intelligenza. Diventare deputato perché donna e non perché capace è un’umiliazione e non gratificazione. Signore deputate, la bocciatura delle quote rosa, il 10 marzo, non è una sconfitta ma una presa di coscienza della vostra dignità di donne e, se volete, di politici.
Per le donne, come per gli uomini, diritti si, privilegi no. Questa è la democrazia in uno stato di diritto.
Le battaglie delle donne in Parlamento. Ora basta! Per favore…di Saverio Terranova
- Marzo 14, 2014
- 8:07 pm
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