Avevi ragione. La repentina sostituzione di Letta, che molti non hanno capito, adesso diventa a tutti chiara. Non era solo necessaria, era indispensabile. E lo dimostra il tuo attivismo frenetico che tuttavia non è sufficiente. Ci vorrebbero tre Renzi: uno per la gestione del governo, un altro per i rapporti con l’Europa; e il terzo per il rilancio economico della nazione. Letta è una persona per bene, seria e preparata: è stato un presidente all’antica, ordinato, scrupoloso e political correct. Ma i suoi passi non avrebbero consentito di risolvere i gravi problemi dell’Italia. Che oggi sono molteplici, anzi eccessivi, e crescono ogni giorno: c’è stata anche la consultazione per la separazione del Veneto. E’ dal 2008 che siamo in crisi profonda. Ci sono stati tanti tentativi di uscire fuori dal baratro in cui rischiavamo di cadere e invece ci siamo sempre di più affondati: prima Berlusconi con Tremonti che, però non hanno capito appieno la gravità della crisi in cui stavamo precipitando; poi c’è stato Monti, il disastro più completo, quello che ha trasformato la crisi finanziaria in crisi economica; ossia ha salvato le banche ma ha distrutto l’economia reale; infine Letta si è mosso con più chiaroveggenza, ma a passi così lenti che la medicina sarebbe arrivata quando l’Italia sarebbe morta. Già ieri occorreva fare presto, oggi occorre agire con velocità. Perché l’Italia sta morendo.
Ma davanti a te hai una montagna troppo ripida da scalare: un debito pubblico del 140% sul PIL pari a 2000 miliardi di euro; la chiusura di centinaia di migliaia di PMI, sia commerciali che artigianali; 3.000.000 di disoccupati; l’impoverimento della popolazione, la riduzione dei consumi, persino quelli alimentari. Quando potremo diminuire il debito pubblico? E con quali soldi? Togliendoli, come abbiamo fatto finora, agli impiegati dello Stato e delle industrie private, ai pensionati; agli operai, ai commercianti, agli artigiani e ai coltivatori diretti? Il ceto medio non ha più un euro da potere impiegare in tasse: è stato talmente tartassato che oggi rischia di non avere più il necessario per vivere decentemente; e finora è stato tosato senza che si lamentasse; tant’è che oggi si parla di proletarizzazione del ceto medio. E dove troveremo i fondi per nuovi investimenti, unica via per rilanciare la produzione? E, infine, quanto tempo occorrerà per occupare nuovamente 3.000.000 di persone oltre ai giovani? Venti anni, o trenta?
Come vedi è una vera montagna. Ma ogni problema si riduce sempre a uno: dove trovare i soldi. Si potrà anche sforare il deficit, e si darà un sollievo alla stanca produttività delle nostre imprese, ma ci vuole altro per rilanciare l’economia: serviranno miliardi, molti miliardi. Di queste condizioni, che definire gravi è ottimistico, sembra che gli unici a non capirlo siano i rappresentanti della classe politica. Essi impongono tasse ai cittadini, li affamano letteralmente, li distruggono nella loro capacità di lavorare, ma essi non si tolgono un euro, che anzi a volte si aumentano i ricchissimi emolumenti. Ma la nostra è una classe politica o un’accozzaglia di uomini e donne scelti per obbedire in cambio di una lauta remunerazione, pagata controvoglia dai cittadini esausti e arrabbiati?
Sai meglio di me che i difetti dell’economia italiana, per cui siamo in una recessione crescente, sono: l’enorme debito pubblico che ogni anno ci divora 65 mld di euro per interessi; il cuneo fiscale che è il più alto alto di Europa e rende incapaci le nostre imprese di produrre in attivo; la disoccupazione che è giunta al 12% oltre quella giovanile che è al 40%; il basso reddito delle famiglie che non dispongono di capacità di acquisto causando la contrazione della domanda con la conseguente spirale della recessione: contrazione dei consumi, diminuzione ella domanda, riduzione della produzione, aumento della disoccupazione e, di nuovo, ulteriore riduzione della domanda etc; il costo delle materie prime: soprattutto l’energia. Ma non parliamo, per favore, del salario dei lavoratori che è inferiore a quello dei paesi dell’Europa. Il costo del lavoro è eccessivo per le tasse.
Davanti a questo cumulo di pesi che bloccano l’economia italiana ci sono due vie: fare quello che è possibile: è la via onestamente intrapresa da Letta che porterebbe a una recessione controllata, una povertà accettata; l’altra è fare quello che è necessario per scongiurare una sventura di questo genere che si abbatterà sul popolo italiano. Tu hai scelto la seconda via. Gli italiani, anche senza questa analisi, lo hanno capito e, per lo più, anche quelli che votano per altri partiti, ti hanno sostenuto. Adesso sperano che tu ce la faccia. Sanno che dopo di te non ci sarà nessun altro e non resterà che la rivoluzione o la dittatura, o tutte due.
Ma è un compito difficile e, forse, impossibile se non ti muovi con metodi nuovi.
Il debito pubblico è pari a € 2.089 mld. Come ridurlo al 60% del PIL? Occorrono 889 mld o, se ti vuoi fermare all’80% come la Germania, 409 mld. Dove li trovi? Nuove tasse? Gli italiani sono spossati, non ce la fanno più, aspettano con ansia una riduzione di esse. E’ il ceto medio che è stato ridotto alla fame, ed esso è il fondamento di ogni stato democratico: impiegati dello Stato, comunali, insegnanti, pensionati, artigiani, commercianti e coltivatori sono sconfortati, insicuri e indecisi, perché hanno difficoltà nel presente e sono incerti del futuro. E la cosa più incredibile è che sono quelli che pagano le tasse.
Per rilanciare la produttività occorrono investimenti, cioè soldi. Dove trovarli? Pensi veramente di rilanciare l’economia con gli 80 euro mensili ai lavoratori dipendenti? Sia ben chiaro: è un fatto positivo, che darà una spinta ai consumi. Ma ci vuole ben altro per dare una spinta alla produzione, che è quello che necessita. Per rilanciare l’economia ci vogliono due cose: 1. Una forte riduzione del cuneo fiscale che metta le imprese al livello contributivo delle altre nazioni europee, ossia non oltre il 25%; 2. Innalzare il livello del credito, in modo da fornire alle imprese le disponibilità necessarie per nuovi imponenti investimenti. Senza queste due cose è impossibile aspettarsi una vera ripresa.
E, allora, il problema è sempre quello: dove trovare le ingenti somme necessarie? Scontato che è da sprovveduti pensare di uscire dall’euro dopo esserci entrati, c’è una sola via, che è poi quella che tu hai indicato e stai praticando: tagliare la spesa pubblica e rinegoziare con i vertici della zona euro le condizioni della permanenza in esso: sforare il 3% del deficit (che follia averlo messo nella Costituzione!), abolire il fiscal compact, e, forse, il principio più importante per la crescita, escludere dal limite le somme destinate agli investimenti pubblici e delle imprese. Ma una disponibilità di fondi è possibile solo con il taglio radicale della spesa pubblica. E’ di gran lunga la più alta di Europa. Ormai è noto a tutti che è una spesa folle e incongrua, frutto di una politica superficiale e spendacciona. Per giunta pro domo sua.
C’è un’opinione pubblica che, da una parte sente il morso della crisi, dall’altra apprende con raccapriccio i guadagni dei parlamentari, i più scandalosi perché eletti dal popolo, delle alte cariche dello Stato, e gonfia di rabbia. Ma perché 9 milioni di cittadini votano per Grillo? Onestamente, votare pe Grillo è umiliante. Lui stesso ha dichiarato: “io sono un comico”. Ma la politica non è un commedia. Da essa dipendono le sorti di milioni di persone. La politica deve risolvere i gravissimi problemi della nazione, a lungo trascurati e che oggi si sono accumulati fino a impedire la normale vita democratica del paese. Gridare contro il Parlamento che non fa quello che dovrebbe è facile, più difficile rimboccarsi le maniche e fare le cose giuste, cosa che i grillini si astengono bene dal tentare. Ma allora perché la gente vota per loro? Per disperazione. E’ la povertà cui non si è più abituati che produce il malessere di cui soffre l’Italia e la mancanza di prospettive per il futuro inculca la disperazione che porta o la suicidio o al voto per Grillo. Ecco perché tu hai ragione: bisogna far presto.
Il taglio della spesa pubblica.
Dal 1980 lo Stato e le sue diramazioni sono state considerate una tavola imbandita a cui cercare disperatamente di sedersi per ottenere quanto più possibile delle laute vivande. E abbiamo visto crescere emolumenti e privilegi. Quasi sempre di nascosto, inserendo gli aumenti in leggi che nulla avevano a che vedere con essi. Così abbiamo avuto il Quirinale che costa più della Corte d’Inghilterra; senatori e deputati che sono i più pagati di Europa e, forse, del mondo; gli euro deputati italiani pure; poi abbiamo i presidenti delle regioni pagati più del presidente degli Stati Uniti; consiglieri regionali che ricevono emolumenti uguali a quelli dei parlamentari e, per giunta, i gruppi consiliari che ricevono finanziamenti per “fare politica”(!?) e ne fanno, per altro, l’uso che abbiamo appreso dalle indagini della Magistratura; regioni con un numero di abitanti pari a una piccola provincia e comuni di poche migliaia di abitanti. Ma dove l’Italia eccelle davanti a tutto il mondo è negli emolumenti dei dirigenti pubblici, della alte cariche dello Stato, dei manager di Stato, nelle loro pensioni e negli immensi privilegi di cui godono. Si continua: il Consiglio di stato non può fare a meno del parcheggio sotto palazzo Spada? E’ da persone responsabili fare questa spesa in questo momento?
Matteo, è indispensabile ridimensionare tutti gli emolumenti dei servitori dello stato. A cominciare dal Quirinale, che non può costare più della corte d’Inghilterra. Più significativi per i cittadini sono gli emolumenti dei parlamentari; molti non se ne rendono conto, ma sono essi che devono dare l’esempio. Ma veramente pensano che gli elettori non capiscono che gli scandalosi emolumenti esistenti in Italia non sono causati dal colpevole silenzio e accondiscendenza del Parlamento che deve ignorare gli abusi dei grand commis perché essi tacciano sui loro guadagni? E gli stipendi dei dipendenti del Senato e della Camera perché devono essere superiori a quelli di pari grado degli uffici dello Stato? Lo stesso dicasi dei dipendenti del Presidenza del Consiglio. La stragrande maggioranza dei laureati vorrebbero essere assunti come barbieri al Senato o uscieri alla Camera. Anche i palazzi affittati per i parlamentari non hanno ragione di essere. Fino al 1980 i parlamentari avevano solo un armadietto ove mettevano le cose che servivano per le sedute, e sedevano in tavoli comuni per leggere o scrivere. Un gruppo di deputati e senatori costituirono un’associazione interparlamentare, affittarono a loro spese un appartamento dietro piazza S. Silvestro, un usciere e un impiegato e, quando avevano bisogno di un tavolo e di una macchina da scrivere, vi andavano.
Sarebbe meglio non parlare dei consiglieri regionali. Viene la nausea. Sugli stipendi hai idee chiare. Ma sono le funzioni e i poteri che vanno ridimensionati. Non ti accorgi che non c’è più senso civico in questa Italia? E poi, perché concedere i rimborsi elettorali? I cittadini non intendono pagare per i partiti, immaginiamo per i gruppi! A parte, ovviamene, l’uso che ne hanno fatto. Tagliamo se vogliamo riconquistare i cittadini alla causa della democrazia.
Matteo, non è possibile che ci sia in Italia qualcuno che guadagni 867.000 euro in un anno come Moretti e altri che non arrivano a 1000 euro. Non è possibile che ci sia uno che guadagni 1.100.000 come il presidente dell’INPS e altri che non hanno neppure un lavoro e dovrebbero vivere con 3 o 400 euro al mese. Anche l’OCSE ha dichiarato che in Italia gli stipendi dei manager sono i più alti del mondo: qui il compenso medio è di 465.000 euro, contro una media di 167-000 negli altri paesi. Non credi che il nostro sia un paese veramente strano? Abbiamo le alte cariche dello Stato con gli stipendi più alti del mondo, lo stesso i manager pubblici, gli eurodeputati, i parlamentari nazionali, i consiglieri regionali, i presidenti e i dirigenti delle regioni. Poi abbiamo gli stipendi dei professori più bassi del mondo, i salari dei metalmeccanici, degli edili, in genere dei lavoratori dipendenti e le pensioni più basse del mondo.
Hai deciso bene. Nessuno può guadagnare più del presidente della Repubblica. E non andare dietro a discorsi sulla grande capacità di questo o di quel manager di risolvere tutti i problemi della sua azienda e di portarla in attivo. Riportare un’azienda in attivo, licenziando 22.000 dipendenti e tagliando 1600 km di linee è troppo facile per chiunque. Lo sapevi che è stata ridotta da Cottarelli, fra l’altro, la manutenzione, cancellando intere squadre di operai e tecnici; il risultato è che abbiamo motrici vecchie e insicure. Prendi giovani preparati, avrai risultati imprevedibili. Durante la Rivoluzione francese la preoccupazione dei girondini era che, essendo i generali legati al sovrano, la eventuale repubblica si sarebbe trovata senza difesa e in preda agli attacchi esterni. Come sai, invece Dumouriez fermò l’esercito prussiano a Valmy; ma, dopo la defezione di quest’ultimo, i giacobini nominarono generali giovani ufficiali che poi espressero una gran numero di grandi comandanti, fino a Napoleone Bonaparte.
Matteo, nomina nuovi manager; vedrai che oggi nel paese ci sono le energie per rinascere; questi eroi della impresa pubblica non sono insostituibili. Anzi è meglio farli ruotare; così non si sentiranno i padroni.
Ma non sono solo i manager che si ribellano all’idea di vedersi ridotti gli emolumenti: si ribelleranno tutti, dai dirigenti statali ai magistrati: già nel 2011, quando si parlava della riduzione del 10-15% hanno opposto serie resistenze.
Che dire poi della proposta di Cottarelli: risparmiare qualcosa tagliando le pensioni di riversibilità e di guerra. E’ un principio nuovo quello di togliere ai poveri per salvaguardare i ricchi? Certo, Cottarelli è uno di quelli che guadagna più del Presidente della Repubblica e quindi gli viene facile colpire i poveri. Ma in una democrazia c’è un principio di equità che non può essere violato e non sono i funzionari che lo tutelano ma chi è eletto dalla gente.
E, ti prego, non farti impressionare dalla ironia dei sapienti della carta stampata, di quelli che non hanno fatto mai niente se non criticare. Chi ti dice he corri sul nulla non ha capito niente, anche se dirige un grande giornale: tutti coloro che stanno bene temono la rivoluzione, e sanno che le tue riforme saranno una rivoluzione. La parola più importante che hai proferito è giustizia sociale. E’ da molto tempo che non si pronuncia più. E, da quando è caduto il comunismo, i privilegiati sono tranquilli: hanno dato qualcosa ai sindacati, alla stampa. Così sono certi: nessuno li disturberà più. Non sanno che quando il popolo si rivolterà non conquisterà solo il Palazzo d’inverno, ma entrerà in tutti i palazzi per abbattere i totem che dall’alto della loro statura devastano i miseri redditi della gente comune.
Ma la preoccupazione maggiore di questa, della gente comune, quella che lavora e paga le tasse, è il Parlamento: non vedi quante resistenze per cambiare le province? Quanti tentativi di ritardare l’abolizione del Senato? Quanti sofismi per lasciare le cose come stanno! E’ desolante sentire questi parlamentari nominati che nei talk show pontificano sulle ragioni della crisi e sui rimedi, che non hanno esitato a imporre nuove tasse sui cittadini, ma stanno bene attenti a conservare intatti i loro stipendi. Non ti accorgi che su questi parlamentari non puoi contare? Matteo, non ti illudere: non ti faranno fare la rivoluzione democratica che tu, e soprattutto la gente, volete. Non vogliono equità, ma privilegi. Quello di cui la gente è stanca. Per questo devi avere la carta di ricambio, cioè le elezioni. Tu non puoi dire: se fallisco mi ritiro. Non sarai tu a fallire, fallirà l’Italia. E non sarà tua la responsabilità, ma di chi si prepara a metterti bastoni fra le ruote. Stai attento, questi sono molti. La tua non è una corsa al cronometro, in cui tu lotti solo contro il tempo. In questa storica battaglia contribuiscono alla vittoria molti protagonisti a cominciare dal Parlamento a finire nella Corte costituzionale. E qui si annidano nemici palesi e nemici occulti. Quelli palesi li conosciamo, gli occulti sono dentro il nostro partito; quelli che attendono il tuo ritiro per riconquistarne il controllo. Questi dell’Italia non si preoccupano, educati come sono alla cultura del primato del Partito. E poi ci sono le cariatidi che non capiscono i tempi nuovi: la Finocchiaro, Rosy Bindi e… ti aspettavi la sortita del Presidente del Senato?
Matteo, fa approvare la legge elettorale. E se il Parlamento ritarda o pone ostacoli fallo sciogliere e indici le elezioni. Le vincerai. La gente è con te. Perché sa che dopo di te c’è il diluvio: o un generale o la rivoluzione violenta.
Per una rivoluzione democratica. Caro Matteo…..
- Marzo 31, 2014
- 8:28 pm
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