E’ bene ribadire sempre che quando parliamo di sessualità, parliamo di coppia e il compito più grande da parte del medico è quello di rompere il muro della tensione paralizzante che può essere presente nelle coppie. In effetti, spesso l’uomo ha paura, evita i rapporti sessuali perché ha perso la capacità di avere il controllo della situazione.
La donna a sua volta, per non mortificare il suo uomo, evita di affrontare il problema, si crea un circolo vizioso da cui è difficile uscire. Quindi, in queste situazioni, il compito di noi medici è quello di ascoltare e focalizzarsi sulla comprensione delle varie problematiche che sottendono le diverse sfaccettature della sessualità.
E’ consuetudine che il paziente veda il proprio medico di famiglia come confidente per le esperienze personali, per i problemi familiari e sociali e, addirittura, per lo scambio di pareri su questioni religiose o finanziarie. Quindi, come non potrebbe essere lui uno degli interlocutori più privilegiati nell’ambito della sua salute sessuale. E ancora, la sessualità è un pò come un imbuto nel quale si riversano tante problematiche mediche, e nello stesso tempo, la vita sessuale può essere da una parte la spia e dall’altro l’effetto di patologie organiche che , in effetti, il medico conosce, perché vanno ad interferire con la qualità della vita del suo paziente.
Il medico di famiglia, quindi, che conosce personalmente i propri assistiti, è agevolato a modulare le domande meno intrusive per avere le informazioni necessarie, e collegare tra la motivazione di accesso alla visita e l’eventuale possibilità che ci sia un disagio sessuale.
A conclusione di questa breve chiacchierata, e per rendere più chiaro quanto detto, vi riporto alcuni casi che mostrano quanto la sessualità può essere motivo di profonda sofferenza ed interferisce con la qualità di vita intima, personale e di relazione di uno o di entrambi i partner della coppia, e l’importanza del medico nel sapere intuire e porre le domande giuste.
“ Una giovane studentessa universitaria, fidanzata già da cinque anni con un ragazzo e collega di università, va con lui in vacanza in estate. Al ritorno, lei ha bruciori e dei dolori in sede vaginale, per cui viene in ambulatorio. E’ la prima volta che le capita, e mi racconta la sua storia, l’incontro con il suo ragazzo e continua descrivendo le sue avventure con questo ragazzo, dicendo che è molto affezionata a lui, è stato il primo uomo della sua vita, e hanno iniziato ad avere rapporti da circa due anni, ma sono una preoccupazione continua,perché ha sempre paura di una possibile gravidanza. Alla mia domanda di come vive la vita sessuale, la ragazza risponde dicendomi di non avere termini di paragone, si sente abbastanza soddisfatta, dice infine di stare bene e di non essersi mai preoccupata di nulla. A questo punto, le prescrivo una terapia medica per la possibile vaginite e la invito a fare assumere la medesima terapia al suo compagno, spiegandole che il problema deve essere affrontato come un problema di coppia. La ragazza, già più aperta e tranquillizzata, mi riferisce che durante il soggiorno in vacanza, si era accorta che il suo ragazzo si masturbava e mi chiedeva se ciò era normale. Il completamento del colloquio mi consentiva di capire che il ragazzo soffriva di eiaculazione precoce, non riusciva ad avere rapporti duraturi, ed è per questo motivo che aveva la necessità di masturbarsi, nella speranza, forse, di poter ottenere poi prestazioni migliori durante il rapporto sessuale. Concordo, quindi, con la ragazza un nuovo appuntamento con la presenza del fidanzato, per potere affrontare il problema nella sua globalità. Nel corso del successivo colloquio, emergono le paure del ragazzo, che non ha mai parlato dei suoi problemi con nessuno, dicendo di avere avuto rapporti sessuali in auto sempre con il timore che qualcuno potesse avvicinarsi e fare una rapina. Questo motivava la sua eiaculazione precoce, a cui quindi ho cercato di provvedere con la terapia più adatta.”
Quando parliamo di sessualità, parliamo anche di benessere di una persona.
“ Alessandro, 45 anni, è un avvocato, in pieno benessere si ritrova in un ospedale con un infarto. Per fortuna è una situazione abbastanza tranquilla, viene dimesso dopo una settimana con una terapia medica. Ha avuto sempre un’attività sessuale soddisfacente, tra l’altro ha un buon rapporto con la moglie con cui è sposato da 18 anni, ma successivamente all’infarto ha avuto però difficoltà a riprendere l’attività sessuale, la paura di poter avere un nuovo infarto lo condiziona notevolmente. Ora ha rapporti sporadici, ma di breve durata, tanto da indurlo ad adottare condotte di evitamento della partner. Anche la moglie è molto spaventata, ha paura ed ha assunto un atteggiamento di rinforzo al suo comportamento, infatti non vuole mortificarlo, preferisce proteggerlo.
A questo punto, vengono nel mio ambulatorio, sono il loro medico di famiglia, e tranquillizzandoli innanzitutto, e nel colloquio emerge che Alessandro ha problemi urinari. La diagnosi è l’iperplasia della prostata benigna e solo in un secondo momento Alessandro inizia a parlare delle sue difficoltà e dell’ansia anticipatoria rispetto a un possibile nuovo infarto. Prescrivo quindi una serie di indagini finalizzate ad intraprendere un idoneo trattamento farmacologico. Li invito entrambi da un psicologo nel tentativo di ridimensionare l’ansia e di ricompattare la comunicazione fra i due partner e per aiutare, soprattutto, Alessandro a riprendere uno stile di vita normale.”
E’ importante sapere parlare di sessualità alla coppia. La rubrica del dottore Federico Mavilla
- Aprile 20, 2014
- 7:59 am
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