Ragusa. I Liberi Consorzi secondo Ciccio Sultano

Ristorante Duomo - Ragusa Ibla - Chef Ciccio Sultano“Io penso che Ragusa abbia un compito importante: tenere unità la (ex) provincia e tentare di allargarne il territorio includendovi altri comuni”. La sintesi, in merito all’attualissimo dibattito sui Liberi consorzi che sta coinvolgendo – con polemiche, incontri, dibattiti – i 12 comuni del ragusano, del pensiero dello chef Ciccio Sultano è questa.

Grande cultore del territorio, grande promotore delle eccellenze economiche ed enogastronomiche della zona iblea, lo chef del Duomo parla con cognizione di causa. “Il fine deve essere quello di tenere unita la provincia, o ex che dir si voglia. Non abbiamo bisogno, noi che ci occupiamo di turismo e accoglienza (capitoli imprescindibili nel bilancio economico del Sud Est), di due territori che parlano due lingue diverse e si fanno la guerra tra loro”. Anche perché, sempre sul piano finanziario, due consorzi così vicini e, inevitabilmente, così piccoli rischiano – secondo lo chef stellato del Duomo – di non conseguire quel risparmio nei costi di gestione e della politica, per cui le province stesse stanno per essere, a livello regionale e nazionale, smantellate.

“Mi piacerebbe che i nostri politici lavorassero come noi addetti alla ricettività, per i quali i clienti non solo hanno sempre ragione, ma hanno il diritto di sentirsi bene, accolti e coccolati. Ecco, credo che i politici del nostro territorio debbano mettere davanti a ogni cosa l’interesse e la soddisfazione dei bisogni delle popolazioni che li hanno scelti ed eletti”.

E per fare l’interesse del Sud Est, secondo Sultano, serve una cosa sola: “La capacità di fare marketing territoriale, di vendere i grandi marchi della zona. Il brand Modica, il brand Ibla, il brand Scicli. Con le loro peculiari ricchezze e i loro prodotti della tradizione. Per farlo non è possibile, secondo me, pensare a un secondo Consorzio, distinto da quello naturale con Ragusa capofila. Un secondo gruppo di comuni rischia di interrompere il faticoso percorso di promozione territoriale che è stato faticosamente impostato fino a oggi. Come si fa a vendere un territorio frammentato? Meglio combattere, uniti, per far diventare più grande l’attuale provincia ragusana, cercando di inserire altri comuni, attraendoli con la concreta promessa di poter far parte di un Distretto ricco, apprezzato e dal grande appeal turistico”.

Anche da un punto di vista culturale, lo chef del Duomo pensa che non si possa “diluire” la tradizione, frazionandola in più rivoli: “La storia del territorio ragusano è unica e unitaria. E parla, sia pur con diversi accenti, una stessa lingua culturale. Una lingua legata al tardo-barocco, alle primizie della terra, alle coste incontaminate. Questo è un territorio che va promosso e venduto – a peso d’oro, soprattutto ai nuovi mercati ricchi del Medio Oriente e della Russia – insieme. È il turismo la nostra forza, sarebbe insensato spaccare la zona in campanili in guerra tra loro”.

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