Mentre la città si interroga su quale futuro gli spetta dopo la bocciatura del piano di riequilibrio da parte dei giudici della Corte dei Conti di Palermo, mentre non si contano gli interrogativi sull’avviato procedimento da parte del Prefetto di Ragusa, Annunziato Vardè, per accertare eventuali infiltrazioni mafiose nel Comune sciclitano, ecco arrivare la lettera aperta dell’ex sindaco Giovanni Venticinque, predecessore di Franco Susino al governo della cittadina barocca. Venticinque è stato coinvolto nel dibattito di questi giorni dall’attuale primo cittadino il quale nel corso della conferenza stampa di sabato scorso, commentandone le dimissioni di allora ha detto: “la differenza fra me ed il mio predecessore è che io ho individuato un gruppo di volenterosi che, oltre le divisioni politiche, incuranti della pioggia di fuoco e di fango, hanno guardato non tanto alla mia persona quanto alla necessità assoluta di uscire dagli”.
L’ex Giovanni Venticinque, trascorsi tre giorni, il tempo utile per riflettere, ha deciso di scrivere una lunga lettera aperta a Franco Susino; è la seconda dopo quella che ha scritto lo scorso anno sulla questione finanziaria dell’ente quando le accuse su eventuali sue responsabilità erano piovute copiose. “Signor Sindaco, credevo, con la mia prima, di essere stato abbastanza chiaro e speravo, implicitamente, che si comprendesse la mia volontà di silenzio, dopo averle dimostrato parecchie contraddizioni. Eppure Lei nella sua conferenza stampa di sabato 19 luglio ritorna sul mio mandato, certo per evincere similitudini a motivare la sua attuale azione amministrativa – ha scritto Venticinque – premesso che ogni esperienza è per individuo una propria testimonianza soggettiva nel mondo delle relazioni umane e premesso che io sono Giovanni e Lei Franco, bisogna pure ammettere che i contesti ne variano le traiettorie e le decisioni. Mi spiego meglio. Per quanto la mia memoria ricordi, e le assicuro che ricorda bene con carte alla mano, non mi sono mai riferito ai miei predecessori per giustificare le mie azioni come fa Lei nell’amministrare la res pubblica ed ho, per mio modesto giudicare, rispettato la scelta degli elettori nel momento in cui i giochi di Palazzo e gli inchini (che non ho mai fatto per mia costituzione mentale ed onestà di valori) hanno contraddetto il risultato delle elezioni che mi conferirono a suo tempo il mandato di rappresentare la nostra bella città. Assumendomi il carico dell’evidenza, mi sono dimesso in quanto mancavano i presupposti di una politica che mi aveva fatto indossare l’ambita fascia tricolore. Ricorda Nietzsche? “La vita è dura da sopportare: ma non per questo mi metto a gemere e a sospirare!. Tutti quanti noi siamo graziosi asini e asinelle capaci di gran soma”. Vede, Signor Sindaco, mi son caricato la mia soma e mi sono ritirato nel mio silenzio dopo aver constatato, con la saggezza di vecchio lupo di mare, che la politica di ieri e d oggi non onora la volontà dei cittadini, dei concittadini e di questa razza italiana che è chiamata a ripararne le falle, provocate da tanti scogli (per stare in tema dei suoi discorsi) che l’hanno colpita per ingordigia di potere. Lei davvero crede che Giovanni Venticinque potesse tradire i suoi elettori e la sua sete di coerenza? Signor mio Primo Cittadino, per questa mia sete, la pregherei per l’ultima volta di rispettare la volontà del mio silenzio, che non è l’omertà di cui noi siciliani veniamo additati, ma la mia consapevolezza di non voler giocare sulle spalle della mia gente che fa fatica ad andare avanti, mentre quanto veramente si potrebbe fare per il Bene Comune non viene perseguito. Capiamoci, Signor Sindaco, non gradisco i suoi accostamenti al mio mandato, o, se vuol essere più corretto con me, lo faccia presso le sedi opportune, perché non premetterò più che tramite mezzo stampa si possa continuare a prendere in giro la mia e la sua città, vissuta da persone che sanno vedere e giudicare non solo il mio e suo operato, ma anche quello dei comandanti più in alto che si passano il timone per meglio affondare la nave. Ribadisco, ho amato la mia missione e la mia gente e non apprezzo i Suoi tentativi di chiamarmi in causa, non perché non sia capace di mostrare prove della mia onestà d’azione, ma per il rispetto della verità che si deve ai propri cittadini quando questi, ignari dello schifo dei Palazzi, credono alle parole, alle promesse e alle speranze che suscitiamo per avere il loro consenso – ha scritto nella lettera l’ex sindaco Giovanni Venticinque – Mi sento onorato di non avere tradito la mia Scicli e di non avere pubblicamente additato nessuno quale responsabile della mia conclusione dimissionaria: infine ogni singolo farà i conti con la propria coscienza, con lo specchio dove al mattino si rifletterà un’immagine sconosciuta e con lo sguardo delle persone intorno. Vede, Signor Sindaco, io ancora ho la mia coscienza per amica, mi riconosco allo specchio e guardo dentro gli occhi della sofferenza e dell’insofferenza della mia amata moltitudine di persone, tutti i santi giorni e mi rammarica sapere che questa secolare condizione tutta umana, sciclitana e siciliana sia frutto di ‘storici inchini’ a sistemi che non hanno niente di civile, di sociale e di Bene Comune. Questo Le dovevo per ulteriore mia richiesta di rispettosa modalità di cortesia nei miei confronti, se le fa piacere e Tanto devo invece ai miei concittadini cui devo rispetto e gratitudine, sempre”.