ALZHEIMER E LE DEMENZE , QUALI DIFFERENZE E TERAPIE. La rubrica del dottore Federico Mavilla

Dott. Federico Mavilla

Capita spesso che molte persone facciano un po’ di confusione tra il morbo di Alzheimer e le demenze senili. Riterrei, quindi, di fare un po’ di chiarezza. Il morbo di Alzheimer è la più comune forma di demenza degenerativa che si manifesta soprattutto dopo i 65 anni. Alla base della malattia ci sono alcuni difetti genetici che favoriscono la sintesi di due proteine, la beta-amiloide e la tau, che favoriscono la formazione di ammassi in grado di distruggere i neuroni. Chi soffre del morbo di Alzheimer ha forti disturbi delle memoria recente, avverte difficoltà di orientamento nello spazio e nel tempo, accusa problemi di concentrazione. Progressivamente tende a perdere l’autonomia.

Le demenze vascolari hanno invece una causa diversa: sono provocate da piccoli infarti ripetuti che portano alla distruzione progressiva del tessuto cerebrale, ma alla base possono esserci anche patologie cardiovascolari croniche. I disturbi cognitivi possono essere accompagnati da difficoltà motorie. Esiste anche una terza forma, rappresentata dalla demenza da corpi di Lewy, il cui profilo è simile a quello del morbo di Alzheimer. Ma in questo caso compaiono anche i segni del parkinsonismo: tremore e rigidità muscolare. Per diagnosticare una demenza da corpi di Lewy è necessario che non intercorra più di un anno tra la comparsa dei disturbi cognitivi e quelli parkinsoniani. Chi ne soffre, inoltre, avverte allucinazioni importanti, che spesso non rispondono agli psicofarmaci, e disturbi del sonno nella fase Rem: spesso questi pazienti fanno sogni vivaci a contenuto angosciante. Infine vi sono le demenze fronto-temporali: in questo caso l’atrofia cerebrale coinvolge i lobi frontale e temporale. Sono riconoscibili per una generale apatia, tendenza all’irritabilità e varianti linguistiche: come l’afasia (difficoltà di comprensione del linguaggio) e la disfasia (espressione compromessa). E per quanto riguarda il trattamento? Diciamo subito che purtroppo non ci sono farmaci che ci danno la soluzione della problematica, ecco che quindi nell’attesa di nuove terapie, per questo genere di malattie è oggi possibile fare prevenzione. L’attività fisica in particolare giova al cervello. Oggi abbiamo la dimostrazione scientifica che i neuroni, in assenza di malattie, non invecchiano. Non solo, posso addirittura rigenerarsi. Quest’ultimo dato è straordinario ed è associato ad uno stile di vita sano. Alcune ricerche hanno dimostrato che in animali da laboratorio, costretti ad una regolare attività fisica, si registrano innalzamenti a livello cerebrale di BDNF, un fattore che sostiene la sopravvivenza dei neuroni già esistenti . Olio di oliva, pasta integrale, tante verdure e pesce: sarebbe questa la ricetta per prevenire e ritardare l’insorgenza dell’Alzheimer. Troppo semplice, verrebbe da pensare, soprattutto parlando di una malattia neurologica complessa e misteriosa che, nonostante gli ultimi 20 anni di investimenti in ricerca, è ancora oggi orfana di terapia efficace. Il meccanismo con cui alcuni nutrienti conservino o peggiorino la comunicazione tra i neuroni nel tempo è ancora tutto da chiarire. Tutti i cibi che aumentano glicemia, ipertensione, stato infiammatorio e lipemia incidono sulle demenze e sulle malattie degenerative. Di contro esisterebbero anche cibi potenzialmente protettivi per il cervello: quelli della dieta mediterranea. Vari studi stanno tentando di valutare se variando l’alimentazione si possa davvero rallentare il declino cognitivo. La prova ancora non c’è, ma appare sempre più probabile che l’alimentazione abbia un ruolo preventivo nelle fasi pre-sintomatiche e terapeutico per rallentare la progressione verso uno stato di grave disabilità della malattia. E’ come se le cattive abitudini , dieta e stili di vita, perpetuate negli anni siano capaci di ‘consumare’ la nostra riserva cognitiva: quando in esaurimento, non riesce più ad alimentare il buon funzionamento del cervello. ( fondazione veronesi )

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