L’Europa sta seduta in equilibrio precario su di un gigantesco vespaio, basta un movimento appena maldestro perché quello che i suoi cittadini hanno conquistato in termini di democrazia e progresso venga spazzato via in poco tempo. C’è la crisi mediorientale, apparentemente lontana eppure così vicina in un mondo globale in cui interessi economici e politici si intrecciano; c’è l’avanzata dell’integralismo islamico che vuole estendere i confini del Califfato e minaccia non solo l’Islam moderato ma tutto l’universo degli “infedeli”, quindi Stati Uniti ed Europa; c’è il conflitto tra Russia e Ucraina che rischia di innescare una nuova guerra fredda tra Russia e Stati Uniti;
c’è la Cina, che pur rimanendo una repubblica popolare comunista, ha adottato un sistema capitalistico che fa concorrenza al più capitalista dei Paesi occidentali e sta a guardare, pronta ad intervenire per accaparrarsi l’approvvigionamento energetico indispensabile ad alimentare una gigantesca industria. In questa situazione delicata, l’Europa è tra due fuochi, vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro: da un lato l’America, sua tradizionale alleata e dispensatrice di denaro, dall’altra la Russia che oltre all’estensione geografica e a livelli di progresso e benessere fino all’altro ieri inimmaginabili, è anche una delle principali fornitrici di gas ora che non possiamo più contare sulla Libia come prima. Ma se la Russia può fare affidamento su un’economia florida e sul rinnovato spirito nazionalistico, che è sempre condizione di forza di un Paese, lo deve allo “zar” Putin, che non sarà propriamente un democratico, ma ha dimostrato di essere la guida perfetta per il suo Paese. Non è un caso che il 75% degli statunitensi intervistati vorrebbero uno come lui a capo degli USA. Ma per Bruxelles e i suoi clowneschi rappresentanti, Putin è un dittatore che vuole attaccare l’Ucraina e va fermato, forse non solo limitandosi al ricorso a pesanti sanzioni economiche, gravose sia per la Russia che per le numerose imprese europee, tra cui diverse italiane, che con quel Paese hanno rapporti commerciali o che là hanno scelto di operare. Si sa, il mercato va dove le leggi lo favoriscono e ne garantiscono la sopravvivenza e lo sviluppo. Ciò che non avviene in Italia dove gli imprenditori muoiono aspettando invano una riforma del lavoro efficace e un sindacato aperto e moderno. Nel vecchio continente, di nome e di fatto, la disoccupazione che sale, gli investimenti che scendono, la povertà che aumenta, dovrebbero scoraggiare Bruxelles a proseguire sulla linea punitiva nei confronti di Putin, considerando che lo “zar” non è Obama. Da quando gli americani sono governati dal Presidente Barak, a forza di “yes, we can” e baggianate del genere prontamente imitate dai nostri patetici politici, non ci siamo accorti che Obama si guarda bene dall’agire a muso duro quando la situazione lo impone, preferisce tergiversare e rimandare. Nel caso dell’Ucraina, addirittura coinvolgendo i polli europei ad ingaggiare un testa a testa con Putin, con lo scopo di allontanare l’Europa dalla Russia, isolarla e nuocerle economicamente. La strategia del Presidente americano consiste nel giocare la carta della democrazia, dipingendo Putin come un invasore che viola i diritti umani, ben consapevole che in questa Europa ubriaca di pacifismo a senso unico, sfonda porte aperte. Così per piaggeria e difetto di informazione, abbiamo un’opinione errata sulla questione ucraina. La verità è che il Paese, indipendente dal 1990, sta vivendo una crisi economica che ha ridotto in miseria la quasi totalità della popolazione, costretta all’esodo verso gli Stati occidentali. Moltissime sono in Europa le badanti e “non” targate Ucraina. I governanti di quel Paese hanno pensato che l’EU sia una soluzione al dramma della povertà e hanno chiesto l’ingresso nell’ Unione europea. Peccato che la popolazione, in maggioranza russa, non ne voglia sapere. Se ricordate, all’inizio dell’anno, anche in Crimea un referendum popolare si è espresso contro. Ovunque la maggioranza sia di origine russa, viene considerato un affronto l’ingresso nell’Unione europea, come dimostrano le rivolte in altre regioni ad Est del Paese. Tornando alla questione ucraina, Putin ha offerto l’apertura di un corridoio umanitario per portare assistenza sanitaria e viveri ai filorussi. La cosa è stata vista come un’invasione dal presidente ucraino Poroshenko, il quale ha trovato immediato sostegno in Obama e nei suoi alleati europei. E’ palese che l’intervento russo non ha solo finalità umanitarie, ma rimane il fatto che non ci si può opporre al diritto di autodeterminazione di un popolo. Per concludere, un conflitto tra Europa e Russia avrebbe conseguenze disastrose non solo sul piano economico, ma ci priverebbe anche dell’unico leader in grado di annientare l’estremismo islamico. “Vi staneremo, vi daremo la caccia anche nei vostri cessi” disse Putin rivolto ai terroristi ceceni prima di riportare l’ordine e la legge in una regione dilaniata dagli attentati, fornendo una prova di come la mano pesante sia l’unica soluzione possibile a quegli sciocchi che sostengono il dialogo con tutti.