Le banche Cooperative criticano i meccanismi di contribuzione della Commissione Europea. Ecco la dichiarazione comune delle Federazioni italiana, tedesca, polacca e austriaca delle banche di credito cooperativo. La Federazione Italiana delle Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali (Federcasse), la Federazione Nazionale delle Banche Cooperative tedesche (BVR), l’Unione Nazionale polacca delle Banche Cooperative (KZBS), l’Associazione Austriaca delle Banche Raiffeisen (RZB)
esprimono ai policy marker europei le proprie preoccupazioni per quanto riguarda l’Atto delegato della Commissione ormai in fase di definitiva scrittura sul meccanismo di contribuzione al Fondo unico di risoluzione (SRF). Il meccanismo che stabilisce l’ammontare dei contributi delle banche al Fondo unico – ora nelle bozze di Atto Delegato della Commissione Europea – si scosta infatti inspiegabilmente dai principi e dagli obiettivi essenziali rinvenibili nella Direttiva BRR e nel Regolamento SRM che, si ricorda, sono: assicurare la protezione dei contribuenti e la stabilità finanziaria; fornire i giusti incentivi alle banche per quanto riguarda l’assunzione dei rischi e porre argini al problema del too-big-to-fail; assicurare un quadro di risanamento e di risoluzione delle banche coerente con il principio di proporzionalità stabilito nel “Considerando 14 ” della Direttiva (indicazione di tener conto del tipo di attività, della struttura azionaria, della forma giuridica, del profilo di rischio, delle dimensioni, della complessità delle attività degli intermediari, nonché della eventuale appartenenza a un sistema di tutela istituzionale o ad altri sistemi di solidarietà mutualistica per le società di credito cooperativo). Il meccanismo contributivo al Fondo Unico deve pertanto essere coerente con tali principi e obiettivi. Attualmente, il meccanismo comporta incentivi perversi per quanto riguarda il problema delle banche troppo grandi per essere lasciate fallire. Esso non è tarato sulla rilevanza sistemica delle banche. Si paventa dunque il rischio che alcune banche paghino – in proporzione – meno rispetto alla loro rilevanza sistemica mentre altre banche paghino più di quanto la loro irrilevanza sistemica richiederebbe. In secondo luogo, il meccanismo sembra mostrare evidenti limiti sull’applicazione in concreto del principio di proporzionalità con riferimento alla diversa dimensione delle banche, ai diversi modelli di business e all’appartenenza a un sistema di solidarietà mutualistica propri delle banche cooperative. Occorre infatti sottolineare che questi meccanismi di auto-aiuto, totalmente auto-finanziati e auto-sostenibili, dovrebbero ricevere un peso coerente con le prove che hanno dato di sé in quanto strumenti di prevenzione, a tutela della stabilità nel segmento cooperativo di molti sistemi bancari europei. Infatti, i meccanismi solidaristici, mutualistici e cooperativi sono di per sé una garanzia che le banche aderenti non saranno oggetto d’intervento di risoluzione secondo i criteri sanciti dalla BRR e dal SRM. In altri termini, molto difficilmente questi intermediari saranno oggetto d’intervento da parte del Fondo, per una semplice ragione: in caso di dissesto, in ragione delle loro dimensioni, dell’irrilevanza sistemica che presentano e dei sistemi di auto-risoluzione delle crisi di cui dispongono, sarebbe improbabile riscontrare la sussistenza della clausola d’interesse pubblico – condizione necessaria ai sensi del SRM – che sottrae la banca in crisi alle procedure concorsuali ‘normali’ e la consegna alla procedura di risoluzione. Più in generale, le banche medio-piccole sono state colpite in modo sproporzionato dalle riforme introdotte per mitigare o porre rimedio alle cause della crisi. Eppure, la crisi non è stata causata da questa tipologia di intermediari. In assenza di correttivi sostanziali, i contributi che questi soggetti rischiano di dover pagare sarebbero ingiustificatamente troppo elevati e lesivi delle condizioni sostanziali di parità concorrenziale. Ma soprattutto si indebolirebbe la capacità di servizio che esse assicurano alle PMI e alle famiglie nelle economie locali, quindi il loro contributo alla ripresa ed a una crescita sostenibile. Le organizzazioni firmatarie rivolgono pertanto alla Commissione UE, al Parlamento e al Consiglio un accorato appello affinché adottino le misure necessarie a giungere ad un meccanismo contributivo sostenibile, per il bene dell’economia reale, le PMI e famiglie che costituiscono la ragione per la quale è stato inventato e persiste il modello di business cooperativo e mutualistico. Nello specifico, per porre efficaci rimedi ai limiti tuttora presenti nelle bozze della Commissione, si richiede di: considerare nella base contributiva una franchigia di 500 milioni per tutte le banche e applicare a tale franchigia un contributo forfetario. Questa soluzione rappresenta una misura de minimis sulle soglie contributive, con molti vantaggi. Approfondisce il profilo di proporzionalità per le piccole banche senza violare il principio della contribuzione universale per cui tutte le banche sono chiamate in causa; riconsiderare la definizione proposta di piccole banche. In ragione della soglia di 30 miliardi per il totale attivo stabilita nelle normative di primo livello, quella di 1 miliardo proposta dalla Commissione va incrementata; considerare i meccanismi di solidarietà mutualistica in quanto significativi e decisivi fattori di mitigazione del rischio; per le banche locali che partecipano ad un network con istituti centrali, applicare alle passività intra network lo stresso trattamento riservato alle passività infragruppo; rivedere la struttura dei fattori di rischio in modo che riflettano più appropriatamente la rischiosità intrinseca degli intermediari.