“Volevo ammazzare mio genero, non mia figlia. E’ stato un errore”. Questo quanto ha detto il pregiudicato tunisino Rafih Ayed , 60anni, che ieri sera, intorno alle 20, ha ucciso con un colpo di pistola calibro 12, a bruciapelo, la figlia Monjia Sylvie Ayed, 37 anni, nella campagna di Torrevecchia Carnazza, a Comiso. L’uomo si era dato alla fuga ma la sua latitanza e’ durata dodici ore. Aveva anche il cellulare acceso, tant’è che ha risposto alla chiamata del dirigente della Squadra Mobile, Nino Ciavola, che ha cercato in tutti i modi di farlo costituire.
La moglie, una ragusana di 59 anni, era intervenuta per calmare gli animi mentre il marito gridava alla figlia e al genero che dovevano lasciare la casa, altrimenti li avrebbe uccisi. La donna ci era anche riuscita ma poi la tragedia. La congiunta ha detto agli inquirenti di non essersi accorta che il marito aveva preso la pistola. Il Pubblico Ministero ha disposto che la salma rimanesse a disposizione dell’Autorità Giudiziaria per un’eventuale autopsia. Sul posto stanno completando il sopralluogo gli uomini della Polizia Scientifica per appurare l’esatta dinamica, anche di tipo balistico, di quanto accaduto. L’omicidio, dopo avere sparato, si era dato alla fuga, braccato dalla polizia che aveva dato vita alla caccia al fuggitivo che si era allontanato per le limitrofe campagne. Successivamente era stato individuato ed inseguito dalla polizia che lo aveva localizzato. L’uomo quando si è’ reso conto di non avere più scampo ha gettato l’arma in un dirupo. Sono in corso le ricerche della pistola. Motivi economici alla base del forte diverbio col genero. Ayed e’ anche indagato in un’inchiesta per alcuni omicidi nel vittoriese.
L’Ufficio Minori della Questura di Ragusa ha assistito il padre e la nonna delle bambine per le fasi delicate della comunicazione di quanto accaduto, peraltro già in parte appreso nelle fasi concitate della lite e dei soccorsi con l’intervento della Polizia.
Le piccole saranno seguite oltre che dai familiari anche dai servizi sociali e da una psicologa per la delicatissima fase che stanno vivendo.
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