L’omicidio di Comiso. Confessa il padre della donna uccisa. “Se uccidevo mio genero non sarei dispiaciuto”

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Ieri, in tarda serata, alla presenza del Pubblico Ministero,. Scollo Gaetano, e dell’Avvocato di fiducia del foro di Catania, Rafih Ayed, padre della donna deceduta nella sua campagna di Comiso, ha reso piena confessione sulla dinamica dell’evento delittuoso.
L’uomo, dopo la cattura e la sua completa identificazione grazie all’attività della Polizia Scientifica, è stato accompagnato dagli Agenti della Squadra Mobile al centro dialisi dove quasi quotidianamente si sottopone a terapia in quanto gravemente ammalato.  Al termine della dialisi Ayed è stato interrogato dal Pubblico Ministero presso gli uffici della Squadra Mobile della Questura di Ragusa, fornendo piena confessione sui fatti a lui attribuiti ed il movente.
Le liti familiari erano frequenti e per diversi motivi, ma quella che martedì sera è degenerata al punto tale che la figlia è stata attinta da un colpo di pistola non si era mai verificata, ovvero mai era stato anche solo minacciato l’uso delle armi. L’uomo ha ribadito che non si sarebbe pentito se a morire fosse stato il genero, ma per la figlia era molto dispiaciuto e tutto è accaduto durante una lite; molti dettagli non li ricordava perché a suo dire coinvolto emotivamente.
Più volte aveva promesso al genero che doveva smettere di dargli fastidio altrimenti gliela avrebbe fatta pagare ma non aveva mai usato l’arma che custodiva in un incavo di un muretto a secco al fine di proteggersi da eventuali criminali.
La ricostruzione dello sparatore è semplice e lineare nella fase inziale, poi diventa confusa quando interviene il fattore morte della donna.
La vittima si trovava a lavorare ed a casa vi era solo la madre con le nipoti. Gli uomini della famiglia si recavano a fare la spesa come spesso accadeva e lo facevano insieme a bordo dell’auto del genero. Mentre transitavano da un negozio di articoli per la coltivazione dei campi il genero ricordava al suocero che doveva saldare un debito e che lui non voleva più fare brutte figure. Il suocero lo riprendeva perché non doveva permettersi di fare appunti al suo modo di “trattare” gli affari e che doveva farsi i fatti suoi nonostante per certe attività di coltivazione fossero in affari.
Il genero esasperato dai continui litigi colpiva con un pugno il suocero durante la guida e a dire di Ayed andava fuori strada di proposito cercando di far impattare contro il muro la parte dell’auto dove sedeva il suocero che rimaneva lievemente ferito.
Giunti a casa una volta abbandonata l’auto a pochi metri dal cancello (poiché incidentata) la lite continuava verbalmente ma veniva interrotta dalla moglie di AYED che lo calmava facendo allontanare il genero.
Una volta lontano il genero chiamava la moglie comunicandogli che sarebbero dovuti andare via da casa perché il padre non li voleva più li con loro.
La figlia terminato l’orario di lavoro tornava a casa su tutte le furie e raggiungeva i genitori nella serra poco distante, trovando il padre in possesso della pistola e la madre che gli chiedeva di gettarla. Il padre era ancora molto agitato per la lite con il genero e per dimostrare che l’arma fosse vera e lui era pronto a tutto, esplodeva due colpi in aria senza ferire nessuno.
A quel punto la figlia lo schiaffeggiava e spintonava tanto che cadevano entrambi a terra con la madre che tentava di separarli.

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