Sono Giuseppe Iemmolo, 62 anni, ex Direttore della Succursale di Pozzallo della Banca Agricola Popolare di Ragusa. Le scrivo questa lettera perché sono alla disperata ricerca di “GIUSTIZIA”. Ho subito un processo per concorso in usura continuata ed aggravata che si è concluso il 12 dicembre 2014 con la mia assoluzione per non aver commesso il fatto, pronunciata dal collegio penale presso il Tribunale di Ragusa. Sono trascorsi tre mesi e niente mi è stato restituito di tutto quello che mi hanno tolto: le mansioni che svolgevo,
lo stipendio che allora non mi è stato accreditato, le spese legali sostenute per dimostrare la mia totale estraneità ai fatti. Tutto è iniziato la mattina del 3 giugno 2011, all’apertura dello sportello bancario da me diretto, quando si presentarono quattro carabinieri che, verbalmente, mi comunicarono che da quel momento avevo “il divieto temporaneo, ma assoluto, di esercitare attività professionali od imprenditoriali connesse all’esercizio del credito, ed in particolare quella di direttore della filiale di Pozzallo della Banca Agricola Popolare di Ragusa”. Mi comunicarono, inoltre, che dovevano perquisire casa mia e la direzione della Banca. Ho chiesto loro copia del provvedimento e del mandato di perquisizione e mi hanno risposto che li avevano in macchina e non me li potevano fare vedere. Il 10 giugno 2011 vengo interrogato dal GIP e il mio Legale chiede l’annullamento del provvedimento che viene rigettato e, nelle motivazioni, fra l’altro, si legge che le presunte vittime sono attendibili e che non si conoscono fra di loro. A questo punto posso ritirare la copia di tutti i documenti contenuti nel fascicolo processuale ed inizio la loro lettura. Mi rendo conto che i fatti di cui sono accusato sono totalmente inesistenti e falsi e di ciò immediatamente informo i vertici della Banca che mi rispondono che si attengono solo a quanto stabilito dai giudici. Inizia la fase dibattimentale e, nella prima udienza, il comandante della stazione dei carabinieri di Pozzallo, sotto giuramento, alla specifica domanda del presidente del collegio giudicante, dichiara che per me non sono state fatte indagini, non sono state fatte intercettazioni telefoniche né ambientali, e, sempre a domanda del presidente, risponde che sono dentro il processo su basi comportamentali come si leggeva dalle querele delle presunte vittime. L’Ispettore di Polizia dichiara che non aveva fatto indagini su di me, ma scrive che non avevo erogato credito alle presunte vittime e che, con il mio comportamento, le avevo costrette a rivolgersi agli usurai. Rileggo tutto il fascicolo e scopro, fra l’altro, che il P.M. aveva richiesto accertamenti bancari solo per uno dei due presunti usurai indicando la data di nascita errata; viene data delega, inoltre al CTU, per accertare i rapporti intercorsi tra i due presunti usurai, me e tutte le presunte vittime. Nonostante siano state richieste, nessuno ha fatto indagini per l’altro presunto usuraio e per me. Il CTU ha redatto la relazione solo sulla base dei documenti, prodotti dalle presunte vittime, presenti nel fascicolo. Non sono state acquisite tutte le movimentazioni finanziarie dei presunti usurai e nemmeno delle presunte vittime. Non sono state acquisite le dazioni con assegni dei presunti usurai, viceversa, fra le dazioni di una delle presunte vittime sono stati inclusi assegni utilizzati per l’acquisto di un’autovettura, per l’acquisto di un’attività commerciale, di un’attività artigianale ed assegni dati a presunti finanziatori non denunciati. La presunta vittima, a dibattimento, ha dichiarato che erano stati i carabinieri ad individuare ed indicare quegli assegni come dati ai presunti usurai. La mia difesa ha prodotto tutte le richieste di fido avanzate ed accolte smentendo, a dibattimento, l’accusa di non aver erogato credito alle presunte vittime. Ero accusato di non aver consegnato alle presunte vittime il carnet di assegni tanto da non consentire loro di emettere assegni posdatati senza avere disponibilità sul conto corrente; la mia difesa ha dimostrato che tutte le richieste di rilascio di carnet di assegni sono state evase per intero. E’ emerso che due volte il carnet è stato rilasciato solo parzialmente e precisamente il 13 luglio 2004 ed il 15 luglio 2004 quando io ero assente per ferie (dal 12.07.2004 al 26.07.2004). Le presunte vittime, a prova di un mio suggerimento a procurarsi il denaro dai presunti usurai, hanno indicato due operazioni di sportello fornendo tutti gli elementi necessari per essere individuate senza ombra di dubbio; acquisite, le stesse risultano eseguite presso l’altro sportello di Pozzallo della Banca Agricola Popolare di Ragusa, operazioni fatte, fra l’altro, quando le presunte vittime non intrattenevano rapporti con lo sportello da me diretto. Una delle presunte vittime, sotto giuramento, ha dichiarato che la mattina, prima dell’apertura delle banche, lui e altri commercianti di Pozzallo, si trovavano dal presunto usuraio, ognuno per eseguire la propria operazione finanziaria. Il GIP aveva detto “ non si conoscono fra di loro”. Oggi, nell’appello avverso alla mia assoluzione, avanzato dalle parti civili e dal P.M., leggo che Pozzallo è piccola e io non potevo non sapere dell’esistenza dei due presunti usurai. Due pesi e due misure. Nelle motivazioni della mia assoluzione, fra l’altro, si legge che le presunte vittime erano già andate dai presunti usurai prima di quando loro stessi indicano come suggerito dal sottoscritto. La mia vicenda, dal mio punto di vista, potrebbe presentare diverse anomalie: indagini non fatte, accertamenti fatti in modo errato ed incompleto, prove inesistenti, documenti non acquisiti. Il tutto, si potrebbe ipotizzare, come un accanimento contro di me. Tanta cattiveria, tante falsità, l’essere così tanto prevenuti, il silenzio assordante, l’isolamento professionale giornaliero, il non vedersi riconosciuto d’iniziativa il dovuto, l’essere costretti a ricordare ad ogni circostanza senza possibilità alcuna di poter immediatamente dimenticare tutto, portano sempre in misura maggiore a pensare di farla finita. Tutto questo per lo scrivente, senza ombra di dubbio, equivale ad istigazione al suicidio. Proverò a resistere, non riesco a garantirne il successo.