“Se i panifici e i negozi tradizionali hanno pagato il prezzo più alto della crisi, il retail moderno (per intenderci la vendita al dettaglio della gdo) si prepara ad incrementare il proprio business. La crescita inizierà fra non molto e continuerà nei prossimi anni. Entro l’anno in corso, infatti, sono previste circa 600 aperture di nuovi punti vendita, soprattutto nelle regioni del Nord e del Centro”.
E’ l’allarme lanciato dal presidente di Assipan Sicilia, Salvatore Normanno, che sottolinea come “tutti i negozi di vicinato, di tutti i settori merceologici che, ad oggi, sono rimasti in vita, si scontreranno con queste nuove strutture di vendita; i settori più penalizzati saranno, appunto, le panetterie, quindi tutto il food (ristorazione, dolciario, caffetteria e biologico) e, poi naturalmente, il non food in generale. Poi seguono l’entertainment, l’arredamento, l’oggettistica e l’elettronica di consumo. Le grandi catene di distribuzione – continua Normanno – puntano al restyling dei punti vendita e degli spazi all’interno dei grandi centri commerciali, compresi i negozi multibrand di alta gamma. Ecco, i nuovi obiettivi su cui le grandi imprese del commercio intendono concentrare gli investimenti. In una nostra analisi si individuava la strategia delle grandi holding, una “guerra di posizione”, di resistenza economica sul mercato; sbaragliate le piccole e medie imprese, ecco la sortita finale, che ha fatto conquistare gli spazi abbandonati dalla Pmi per aver chiuso i battenti”. Per passare inosservata ed indolore all’opinione pubblica viene detto che questa operazione sostitutiva di imprese, dalle piccole alle grandi holding, necessita di nuove maestranze, quindi creazione di nuovi posti di lavoro. La tipologia di assunzione privilegiata fa riferimento al nuovo contratto a tutele crescenti. “Il tempo è galantuomo – dice il presidente Normanno – vedremo se questi lavoratori assunti potranno costruirsi, nelle grandi holding, il loro futuro; fino ad oggi, crisi economica permettendo, solo le Pmi hanno dato sicurezza economica ai lavoratori dopo il pubblico impiego”.