ACATE: ARRESTATO PER ASSOCIAZIONE MAFIOSA GIUSEPPE SARRI’

SARRI' GIUSEPPE

Nella mattinata i Carabinieri, proprio nel giorno del suo 53esimo compleanno, hanno arrestato Giuseppe Sarrì, originario di Acate, che deve scontare un residuo pena, poiché condannato in via definitiva per il reato di associazione mafiosa.
Il primo arresto del Sarrì risale al mese di giugno 2009, quanto era stato coinvolto nell’operazione “Final Game” con cui era stata fermata la faida allora scoppiata tra il clan Stiddaro dei Dominante e il clan Piscopo,

affiliato a Cosa Nostra gelese che, all’epoca, aveva già portato a 3 tentati omicidi, ossia di Giovanni Antonuccio e Giuseppe Intanno, appartenenti a Cosa Nostra e di Giuseppe Doilo appartenente alla Stidda. Tali fatti di sangue, compiuti tra il 2008 e il 2009, avevano interrotto la pax mafiosa che si era instaurata a partire dal 1998, segnando una ripresa della conflittualità tra le due organizzazioni criminali per il controllo del territorio e, in particolare, del lucroso settore delle estorsioni in danno degli operatori economici, facendo temere una nuova guerra di mafia, simile a quelle che avevano insanguinato il territorio di Vittoria negli anni precedenti. In particolare allora il SARRI’ era considerato un appartenente al clan di Vittoria strettamente legato a Cosa Nostra gelese e, quindi, al clan Emmanuello egemone nella città di Gela.

Dopo quell’arresto il Sarrì venne scarcerato soltanto nell’anno 2012, ossia dopo oltre 3 anni, quando il processo a suo carico era nella fase di primo grado di giudizio, venendo però sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, che gli era stata nel frattempo irrogata sulla base della normativa antimafia, in quanto arrestato per il reato di associazione mafiosa e, di conseguenza, considerato pericoloso per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Nel frattempo il processo nei suoi confronti giungeva alla fase di appello e, nell’anno 2014, il SARRI’ Giuseppe veniva condannato, dalla Corte d’Appello di Catania, alla pena di anni 3 e mesi 6 reclusione per il reato di associazione mafiosa, commesso a Vittoria a partire dall’anno 1998, sentenza contro cui lo stesso proponeva ricorso davanti alla Suprema Corte di Cassazione che, in data 14 maggio 2015, rigettava tale ricorso, rendendo definitiva la condanna del SARRI’ che, a questo punto, non poteva proporre altri ricorsi e per lui si spalancavano quindi le porte del carcere, esattamente nel giorno del suo compleanno, che di certo non ricorderà per i festeggiamenti. Lo stesso quindi, nella mattinata, veniva rintracciato dai Carabinieri presso la sua abitazione, ove era obbligato a permanere poiché sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno e, dopo le formalità di rito, associato presso la casa circondariale di Ragusa, per scontare la pena a cui è stato condannato per la quale, detratti gli oltre 3 anni di custodia cautelare già sofferti, restano da espiare ancora mesi 3 e giorni 11 di reclusione. Lo stesso, inoltre, è stato condannato anche alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per anni 5 e alla misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 1, che dovrà scontare una volta uscito dal carcere.

Si conclude così un altro troncone processuale dell’inchiesta con cui, nell’anno 2009, la Direzione Distrettuale Antimafia di Catania riuscì a fermare, sul nascere, quella che sembrava essere una vera e propria nuova sanguinosa guerra di mafia, tra le due organizzazioni criminali di stampo mafioso da sempre operanti sul territorio di Vittoria che, negli anni precedenti, si erano più volte scontrate per il controllo delle attività illecite, lasciando sul terreno decine di cadaveri.

Da ricordare anche che, a seguito della suddetta operazione Final Game, alcuni dei soggetti coinvolti decisero d’intraprendere la strada della collaborazione con la giustizia, fornendo un determinante contributo alle indagini degli anni successivi e alla positiva conclusione dei processi scaturiti da tale inchiesta che, infatti, si sono sempre chiusi con la condanna dei relativi imputati.

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