L’OSSERVAZIONE DAL BASSO… di DIRETTORE. Il Disegno di legge sulla riforma della scuola: I poteri del dirigente scolastico./2

DOMENICO PISANA

In questa osservazione, come già preannunciato, continuiamo ad analizzare il disegno di legge sulla riforma della scuola approvato alla Camera, relativamente alla figura del dirigente scolastico e alle sue competenze previste dall’art.9 del testo legislativo. Su questo aspetto della riforma, riteniamo ci sia una sorta di enfasi sul “ruolo monocratico” del dirigente, enfasi che appare più legata ad interpretazioni ideologico-politiche e pregiudiziali che alla natura e stesura stessi del disegno di legge.

E’ sufficiente leggere, infatti, l’art. 9 del testo ora in discussione al Senato per rendersi conto che i poteri del dirigente scolastico sono, con qualche aggiunta, i medesimi già previsti dalla normativa in vigore contenuta all’art. 25 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ove si afferma: “Nell’ambito dell’autonomia dell’istituzione scolastica, il dirigente scolastico ne assicura il buon andamento. A tale scopo, svolge compiti di gestione direzionale, organizzativa e di coordinamento ed è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio nonché della valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti. (Ddl 2929 , art. 9 , comma 1). In buona sostanza , rispetto al decreto legislativo n. 165 del 2001, l’unico concetto che ha fatto gridare allo scandalo è l’espressione “merito dei docenti”, nonché la loro “scelta” per l’insegnamento.
Ma, in concreto, quali sono questi maggiori poteri, rispetto alla norma in vigore, che questo disegno di legge conferirebbe al dirigente scolastico?
Se per la copertura dei posti dell’istituzione scolastica il dirigente deve, nel proporre gli incarichi, fare necessariamente ricorso ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento, anche tenendo conto delle candidature presentate dai docenti medesimi, in che modo potrà porre in essere atti di favoritismo, privilegi a docenti amici e amici degli amici come sostengono gli oppositori della riforma?
Forse qualche eccesso di potere potrebbe sorgere per quanto concerne l’utilizzo dei docenti su cattedre diverse da quelle per le quali sono stati abilitati purché, certo, posseggano titoli di studio validi per l’insegnamento della disciplina. Ma, attenzione, il comma 2 dell’art. 9 del disegno di legge in discussione dice che il “il dirigente scolastico ‘può’ utilizzare i docenti in classi di concorso diverse”, non ‘deve’; certo il rischio di abuso di potere c’è, ma un dirigente scolastico accorto e responsabile del suo ruolo sa bene quanto possa essere pericoloso incamminarsi sulla strada dell’arbitrarietà. Fra l’altro, è lo stesso disegno di legge a ricordare al dirigente scolastico , al comma 3, che nella scelta dei docenti devono essere “assicurate trasparenza e pubblicità dei criteri adottati, degli incarichi conferiti e dei curricula dei docenti, attraverso la pubblicazione sul sito Internet”. Non solo, gli viene altresì ricordato, al comma 3bis(inserito sicuramente dopo lo sciopero del 5 maggio scorso) che “Nel conferire gli incarichi è tenuto a dichiarare l’assenza di cause di incompatibilità derivanti da rapporti di parentela o affinità, entro il secondo grado, con i docenti iscritti nel relativo ambito territoriale”.
Non di poco conto è infine il fatto che , al comma 4, si affermi che “l’incarico è assegnato dal dirigente scolastico e si perfeziona con l’accettazione del docente”, chiamato, fra l’altro, a ricevere più proposte di incarico e ad optare tra quelle ricevute. In caso di inerzia del dirigente scolastico, sarà l’Ufficio scolastico regionale a provvedere alle assegnazioni nei confronti dei docenti che non abbiano ricevuto o accettato proposte.
Da quanto emerge dall’analisi dei commi suddetti dell’art. 9, è evidente che gli argini ad eventuali abusi di potere dei dirigenti ci sono, perché la scelta dei docenti è sempre sotto la tutela di “realtà terze”, vale a dire l’Ambito scolastico territoriale e regionale, per non dire che la presenza delle RSU e dei sindacati della scuola rappresentano un ulteriore elemento di garanzia e di difesa del personale docente che dovesse subire prevaricazioni.
Riflettendo con onestà, credo che questo “meccanismo della scelta” del dirigente scolastico, se applicato senza storture e violazioni arbitrarie, potrebbe rispondere ad una “ratio” di fondo del legislatore, e cioè quella di favorire l’incontro di competenze ed aspirazioni dei singoli insegnanti e le esigenze formative che processi innovativi e diagnosi valutative fanno maturare nelle singole scuole. Anche questa esigenza riprende , in effetti, quanto già previsto nel “Quaderno bianco della scuola”, promosso dal governo Prodi, e coordinato da Fabrizio Barca.
Un’ altra possibilità che il disegno di legge attribuisce al dirigente scolastico, al comma 5, è quella di “individuare nell’ambito dell’organico dell’autonomia fino al 10 per cento di docenti che lo coadiuvano in attività di supporto organizzativo e didattico dell’istituzione scolastica. Dall’attuazione delle disposizioni del presente comma – prosegue il testo – non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Chiaramente si tratta di un punto carico di ambiguità. Se infatti non devono esserci “maggiori oneri a carico della finanza pubblica”, si potrebbe intendere che il dirigente scolastico non abbia la possibilità di esonerare dall’insegnamento alcuni membri del suo staff; oppure che possa esonerarli, ma senza dare loro ulteriori incentivi economici del Fondo di Istituto. Un chiarimento a riguardo dovrebbe avvenire dai decreti attuativi, per capire l’intenzione del legislatore.
Infine, fra le competenze che vengono assegnati al dirigente scolastico vanno segnalate quelle previste ai commi 7 e 8 dell’art. 9: “Il dirigente scolastico, nell’ambito dell’organico dell’autonomia assegnato e delle risorse, anche logistiche, disponibili, riduce il numero di alunni e di studenti per classe rispetto a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 81, allo scopo di migliorare la qualità didattica”(comma 6); inoltre, “tenuto conto del perseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 2, comma 3 del disegno di legge, il dirigente scolastico può effettuare le sostituzioni dei docenti assenti per la copertura di supplenze temporanee fino a dieci giorni con personale dell’organico dell’autonomia che, ove impiegato in gradi di istruzione inferiore, conserva il trattamento stipendiale del grado di istruzione di appartenenza(comma 7)”.
Riteniamo che da una lettura onesta dell’art. 9 del disegno di legge sulla scuola approvato alla Camera, non ci siano “elementi di criticità” così gravi da far ipotizzare che , improvvisamente, la scuola si trovi ad essere affidata totalmente ai dirigenti scolastici, esautorando il concetto della collegialità a favore di una più accentuata monocrazia.
Pericoli in agguato, certo, ne sussistono, ma per verificarsi dovremmo dubitare del tutto della deontologia professionale dei docenti. Trovo alquanto strumentali e ideologiche le affermazioni secondo le quali la riforma che si propone costituisca una sorta di “assalto all’ingraziarsi” il dirigente scolastico, così da vere favoritismi, assunzioni, privilegi e prebende e quant’altro la faccia negativa della politica italiana ci regala quotidianamente. Mi rifiuto di pensare che questo possa accadere, attesa l’alta concezione che ho della scuola. Ma è una opinione del tutta personale.
Quelli che una volta si chiamavano presidi e che venivano destinati a gestire scuole a seconda della laurea conseguita,(un docente laureato in scienze agrarie non poteva certo guidare un Liceo classico e viceversa un docente laureato in lettere classiche un Istituto agrario) non venivano guardati dalla società e dalla politica come “detentori del potere” da cui stare in guardia, ma come “detentori di cultura” che davano prestigio alla scuola e che venivano scelti più per la loro solidità culturale che amministrativa. Ma erano altri tempi. Oggi basta solo una qualsiasi laurea abbinata a capacità tecnico-amministrative di tipo manageriale ed aziendale per dirigere in modo indiscriminato un Liceo, un Istituto professionale, una scuola primaria e dell’infanzia, una Scuola media. Il resto non conta.
Ecco perché oggi anche chi si avventura sulla strada della dirigenza scolastica trova, anche se culturalmente preparato e tecnicamente capace, un percorso impervio, irto di resistenza, di conflittualità, di artifizi burocratici tipici del sistema della politica.
Sicuramente la scuola in quest’ultimo ventennio è stata sempre una “questione aperta”. Credo che se volessimo fare un bilancio critico, a distanza di oltre un decennio dall’introduzione dell’autonomia scolastica, emergerebbero, almeno a livello di didattica dell’insegnamento/apprendimento e di progettazione dell’offerta formativa, due posizioni.
Anzitutto “la posizione tradizionalista”. C’è ancora nel sistema delle autonomie scolastiche una grossa fetta di docenti che opera secondo la “logica del programma” ritenendo che nella scuola sia sufficiente “spiegare e interrogare” per istruire le nuove generazioni. E’ una posizione ancorata all’idea di lavoro individuale, finalizzato a trasmettere conoscenze con una scansione statica di contenuti e in cui il docente continua ad essere depositario della cultura e giudice degli studenti. E’ una posizione certamente rispettabile ma ritengo inadeguata, e che fa fatica a recepire i principi e la filosofia di fondo del sistema delle autonomie, perché non tiene conto che è cambiata la società, è cambiato lo scenario educativo europeo.
Esiste poi una “posizione innovativa-riformatrice”. La scuola, si sostiene, non può non “adeguarsi” ai tempi all’interno del nuovo sistema delle autonomie. Occorre pertanto una progettazione dell’offerta formativa fondata sulla centralità dello studente, che tenga conto del suo mondo e del territorio in cui vive, che sia capace di proporre una “didattica laboratoriale” ove si possano acquisire competenze e dove si possano coniugare esperienze e saperi e fare uso delle nuove tecnologie. Se nella società si impiegano sempre più diffusamente nuove tecnologie, la scuola deve rimanere “al passo” con la società, in sintonia con essa, perché in essa i giovani vivono già e dovranno pienamente inserirsi a livello professionale.
Gli adulti di domani troveranno una società sempre più tecnologica; familiarizzare con le nuove tecnologie è dunque una necessità. Il problema si riduce a quello di una nuova “alfabetizzazione”. E’ una posizione che punta su una scuola che cerca di superare l’ impianto che risale al primo Novecento – aula, cattedra, banchi – , per rispondere ai bisogni culturali dei giovani.
E’ una posizione che non guarda con sospetto le nuove tecnologie e cerca di sfruttarle per incidere nei processi di apprendimento degli studenti e competere con il boom dell’audio-visual, con gli sms, internet, con tutti quegli stimoli che muovono i giovani di oggi. E’ una posizione che sta cercando di superare il modello di un insegnamento strutturato come “cattedra-alunno-compiti” per proiettarsi ad un insegnamento cooperativo e dialogico utilizzando pratiche innovative con lavoro in piccoli gruppi, autovalutazione degli studenti e loro partecipazione alla pianificazione, così da rispondere alle emergenze educative che attraversano la scuola di oggi. Ma anche questa posizione non è, certamente, esente da punti di debolezza, uno dei quali la sostituzione della relazione educativa tra docente alunno, e tra docenti stessi.
Rispetto a queste posizioni, il ruolo e la funzione del Dirigente scolastico appare di grande importanza sia a livello di progettazione dell’offerta formativa sia al livello di organizzazione e gestione dei percorsi didattici dell’ istituzione scolastica. Un Dirigente che validerebbe una scuola autoreferenziale e ferma su se stessa e che non recepisse i continui mutamenti e gli indirizzi del nuove sistema delle autonomie, rischierebbe l’insuccesso educativo. Da qui il suo compito di una gestione ed organizzazione dell’istituzione scolastica, pur tra la complessità del sistema, che sappia innovare, costruire una progettazione dell’offerta formativa di qualità, efficace e capace di stabilire una sinergia tra le esigenze della popolazione studentesca, le finalità e gli indirizzi generali dell’istruzione stabiliti dallo Stato e il radicamento nel territorio in cui la scuola opera. Un compito, questo, che richiede capacità relazionali, organizzative e manageriali e una motivazione fondata su una forte passione educativa.
Dentro il sistema delle autonomie il Dirigente scolastico dovrebbe avere il compito di garantire una progettazione dell’offerta formativa fondata su due elementi:
a) la rivalutazione dell’esperienza, perché oggi gli studenti non solo devono apprendere ma nel mentre apprendono debbono saper modificare le cose e trovare soluzioni ai problemi, nonché modificare essi stessi; insomma un offerta formativa che sia in grado di stabilire un rapporto interattivo in cui lo studente da un lato apprende e dall’altro fa esperienza di saperi;
b)Il learning by doing, cioè l’imparare facendo. Una progettazione dell’offerta formativa che riesce a stabilire un processo di collaborazione tra lo studente impegnato in attività produttive , la comunità scolastica e il territorio, è destinata ad esiti di qualità perché si configura come processo educativo in grado di trarre alimento dall’esperienza utilizzando un criterio educativo che è la vita stessa nelle sue forme culturali e storiche. La progettazione dell’offerta formativa diventa così la ricostruzione e riorganizzazione continua dell’esperienza in cui la società nel suo sforzo teso al miglioramento delle condizioni della vita collettiva, cerca di sollecitare nei giovani la ricerca di soluzioni ai problemi comuni.
Nel sistema delle autonomie non è più concepibile una scuola vista come luogo di trasmissione passiva di dati, contenuti e informazioni non collegati agli interessi degli studenti, ma si esige una scuola come luogo di lavoro, di vita comunitaria, di vita socializzante dove la progettazione dell’Offerta Formativa deve aiutare gli studenti a sviluppare autonomamente il pensiero ed ad acquisire abilità e competenza per la vita. Ma tutto questo, per realizzarsi, avrebbe bisogno di una conversione mentale, di una capacità di lavoro collegiale di tutte le componenti della scuola autonoma. E non ci sono poteri del dirigente che tengano a poterne consentire l’attuazione. Ci resta, al momento, solo l’utopia del sogno!

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