IN PREOCCUPANTE CRESCITA GLI INCIDENTI SUL LAVORO NELL’AREA IBLEA, L’ANMIL DI RAGUSA: “E’ NECESSARIO INVESTIRE DI PIU’ SULLA PREVENZIONE”

conferenza anmil

Sono in crescita gli incidenti sul lavoro. Anche in provincia di Ragusa. Un dato allarmante quello comunicato stamani in conferenza stampa dal presidente regionale dell’Anmil Nino Capozzo assieme alla presidente territoriale, Maria Agnello. C’era anche la consulente per le politiche del lavoro della presidenza regionale Anmil, Romina Licciardi oltre ad alcuni componenti del comitato direttivo territoriale.

Dalle cifre emerge che la sicurezza sul lavoro non rappresenta, purtroppo, una priorità per l’economia di un paese che fatica ad uscire dalla crisi e non vede nella prevenzione un obiettivo strategico. Nel 2014, dati forniti dall’Inail, gli incidenti sul lavoro nell’area iblea sono stati 3.135 con cinque episodi mortali. Già al 30 giugno di quest’anno i casi registrati sono stati 1.501. E, purtroppo, sempre con cinque incidenti mortali in appena sei mesi. Un notevole incremento rispetto al 2013 quando gli incidenti sul lavoro, in complessivo, erano stati 2.535. Dati negativi che costituiscono il fulcro della forte denuncia fatta da Capozzo. “Stiamo parlando di numeri – ha spiegato Capozzo – che vedrà l’anno in corso, dopo un periodo di contrazione delle morti sul lavoro, destinato a segnare una preoccupante inversione di tendenza nell’andamento del fenomeno come non si verificava ormai da qualche tempo”. Anche con riferimento ad altri aspetti, quali quello del collocamento al lavoro nelle aziende per i soggetti delle categorie protette, così come previsto da una apposita normativa, l’area iblea continua a segnare il passo. “Purtroppo – spiega la presidente Agnello – non si registrano indicazioni tali da farci stare tranquilli. Anzi, spesso e volentieri le aziende del territorio, sebbene siano obbligate per legge ad assumere una persona inserita nelle fasce protette ogni quindici dipendenti, utilizzano una serie di escamotage per non pagare le penali. Assumono l’avente diritto per due-tre mesi all’anno, poi lo licenziano e così per il periodo annuale di riferimento non corrono il rischio di pagare le penali. Sarebbe necessario, quindi, fare rete. In maniera ancora più concreta di quanto non sia accaduto in passato. Perché invalidi, vedove e orfani del lavoro siano tutelati nella maniera più concreta possibile. E, in questo senso, dispiace che alcune sigle sindacali vogliano quasi animare una fuga in avanti su tematiche di cui l’Anmil, a livello nazionale e locale, si occupa da decenni, dando quasi l’impressione di non tenere in debita considerazione la nostra attività. Rivolgiamo invece un appello a tutte le realtà interessate affinché su questo argomento, considerata la valenza sociale e la delicatezza della materia, si possano sempre più serrare i ranghi per trovare momenti comuni di intesa. Andare avanti così, a macchia di leopardo, non riteniamo possa assicurarci la necessaria ricaduta rispetto all’obiettivo che bisogna prefiggersi”. “I decreti attuativi relativi al Jobs act – ha aggiunto Licciardi – contemplano delle linee guida in merito al collocamento mirato relativo all’infortunistica sul lavoro. Da questo punto di vista ci sono indicazioni riguardanti gli interventi da concretizzare per i soggetti disabili, la destinazione di incentivi su un fondo regionale in materia di occupazione oltre alla definizione dell’incontro domanda-offerta di lavoro. Come Anmil, stiamo creando dei servizi per il collocamento al lavoro dei soggetti che fanno parte delle categorie protette, dando anche una risposta in materia di legge 68 che va modificata e migliorata anche per il futuro. In questo senso, l’Anmil lancia l’appello per la creazione di una rete con le organizzazioni sindacali, con le cooperative e le associazioni che si occupano di disabili anche perché tutto ciò è previsto dalle linee di intervento del Jobs Act”.

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