Eni ha confermato la volontà di concentrare le proprie attività su ricerca, produzione ed estrazione di petrolio e gas, uscendo di fatto dal controllo di Saipem, e annunciando ipotesi di cessione della quota di maggioranza di Versalis(chimica) e per Gas & Power delle parte Retail gas.
Queste scelte comportano come conseguenza un ridimensionamento della presenza industriale nel Paese di ENI nelle sole attività di estrazione, mentre la raffinazione di prodotti petroliferi è in serie difficoltà a partire dai piani di riconversione delle bio-raffinerie. In particolare la possibile cessione della quota di maggioranza, e quindi il controllo delle attività chimiche di Versalis, rischia di mettere in discussione gli assetti produttivi e l’occupazione di un settore giustamente considerato strategico a livello europeo per l’industria manifatturiera e la nuova filiera della chimica verde. Mantenere il controllo pubblico di Eni e della chimica Versalis, rafforzare la ricerca e l’innovazione come elementi fondamentali della competitività, garantire la crescita con investimenti e alleanze funzionali allo sviluppo dei singoli business e la realizzazione dei Piani Industriali previsti, sono gli elementi su cui agire per creare valore sia per l’azienda che per il Paese. ENI deve continuare ad essere la spina dorsale della nostra industria manifatturiera italiana.
Questo è stato ribadito all’assemblea nazionale dei quadri e delegati eni del 5 dicembre scorso, cui hanno partecipato oltre ai vertici di categoria anche i segretari generali confederali, di Ccil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan, Carmelo Barbagallo.
«Con il nuovo piano di riassetto dell’Eni – dichiarano le segreterie territoriali di Filctem, Femca e Uiltec – viene messo in discussione tutto l’assetto territoriale della chimica, da quella “verde” a quella tradizionale che assorbe, prevalentemente, le produzioni di Ragusa e Priolo. L’ipotesi di cessione del 70% delle quote azionarie di Versalis a un fondo di finanza comune che opera nella petrolchimica è una minaccia concreta per l’assetto industriale italiano nella sua interezza. Senza chimica non c’è sviluppo, non c’è industria. E non c’è, soprattutto, alcuna garanzia per assetti produttivi e occupazionali nel progetto di eni. Il piano di Descalzi, infatti, prevede il mantenimento del perimetro industriale -legato alla petrolchimica- intatto per 5 anni, con garanzie per l’occupazione solo per 3 anni. Con una sola certezza: eni abbandonerà l’Italia svuotandola delle proprie produzioni chimiche di base legate anche a tecnologia verde. Il Governo non deve permettere che questo avvenga. Invece di preoccuparsi solo di fare cassa vendendo i gioielli di famiglia, deve sostenere il rafforzamento dell’industria manifatturiera per garantire crescita economica e dare concretamente risposte al problema occupazionale. ».
Ecco perché le segreterie nazionali e territoriali di Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil, sono e saranno fortemente contrarie a questa prospettiva di disimpegno industriale di ENI in Italia. Apertura del confronto con l’azienda ed il Governo e proseguire con le iniziative di protesta, con una manifestazione nazionale il giorno 17 dic. 2015 a S.Donato Milanese e iniziative di sciopero a livello locale, proclamando, da subito, 8 ore di sciopero per tutte le società del gruppo Eni e Saipem il giorno 20 Gennaio 2016.