Dossier sulle povertà 2015 della Caritas diocesana di Noto

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L’aumento delle povertà (la «pressione di chi rimane indietro») nel territorio della diocesi di Noto (comprendente i Comuni di Avola, Ispica, Modica, Noto, Pachino, Portopalo, Pozzallo, Rosolini, Scicli) resta costante, “standardizzata”, e riguarda sempre più italiani e fasce della classe media: lo confermano i dati raccolti nel 2015 su più di 5000 interventi dei 40 centri di aiuto delle parrocchie,

i 200 percorsi di povertà complesse accompagnate dai 6 Centri di ascolto, gli interventi di housing collegati alle case di pronta accoglienza del Portico di Betsaida di Modica e alla Casa Valverde di Scicli. Sono povertà certo economiche, ma anche povertà legate a fragilità relazionali e a crisi familiari . Anche il contesto sociale appare incapace di quella prossimità una volta assicurata dal vicinato, e tutto si aggrava per la mancanza di lavoro. Questi dati però, se letti con attenzione, dicono altro: dicono la necessità ed anche la possibilità di trovare vie puntando sulla relazione e sulla comunità come tessuto relazionale e luogo di cittadinanza attiva. Per questo la Caritas raccoglie i dati, guardando volti e ascoltando storie. E non si resta paralizzati … Perché il Vangelo non lo permette. Fermarsi rassegnati significa perdere tutti qualcosa, cadere nelle trappole dell’indifferenza. Diceva il poeta Pier Paolo Pasolini: «In un mondo che compra e che disprezza, il più colpevole sono io che mi paralizzo nell’amarezza»! Il dossier allora ricorda lo sforzo di questi anni per generare una rete di aiuti intelligente e appassionata: i Centri di aiuto ascoltano i bisogni e un sistema informatico permette di sapere se si è stati aiutati altrove, e questo per evitare furbizie o collaborare per le povertà più complesse. E non ci si limita a questo: un Centro di aiuto, rilevato un bisogno nei ragazzi legato al disagio scolastico, ha attivato un doposcuola; altri si sono organizzati per visite domiciliari che permettono aiuti più mirati e relazioni più vere. I Centri di ascolto hanno permesso di capire come in molte situazioni, dietro il bisogno espresso, c’è altro ed hanno elaborato delle prassi-modello per risposte più adeguate e tali da coinvolgere la comunità. Nell’housing si avverte come sia importante la relazione, intrecciando presa in carico e cammino educativo, perché non basta dare una casa, occorre aiutare ad abitarla come luogo di affetti e di relazioni nella città. Fino a scoprire risorse anche in chi viene aiutato e quanto diventi importante collaborare in rete, attivando sinergie tra servizi nella progettualità e riattivando vicinato. Ecco allora la convinzione forte – «la povertà è condizione storica: può cambiare, deve cambiare», abbandonare la logica assistenzialistica è indispensabile – e la proposta complessiva del dossier: riattiviamo comunità, ripensiamoci città con l’anima, accogliamo mettendoci il cuore. Ovvero collaboriamo a percorsi di presa in carico attenti ad ognuno, distribuendo le risorse con intelligenza (la proposta è quella del “reddito di inclusione sociale”) e con quel senso di “responsabilità sociale” che spinge ad interpellare tutti: chi aiuta e chi è aiutato («inserito così nel computo delle persone»), i cittadini e le istituzioni. Passando da un sistema assistenziale, ormai superato, che raccoglie e ridistribuisce le risorse che sono disposizione, ad uno che ri-genera e crea valore, mettendo al centro la persona. In questa direzione il Giubileo della misericordia e le Porte sante della misericordia nei luoghi di carità diventano una possibilità, perché chiamano tutti a ritrovare sensibilità, una sensibilità forte capace di generare passi concreti.

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