La migrazione come racconto dell’anima. Ovadia e Incudine in scena il 4 marzo al Garibaldi di Modica

Incudine e Ovadia

“Anime Migranti”, parole di cartone, opera per voci recitanti e orchestra popolare della collaudata coppia artistica Moni Ovadia- Mario Incudine che torna a teatro venerdì 4 marzo  al Teatro Garibaldi dopo il successo straordinario de “Le Supplici” al Teatro Greco di Siracusa per il ciclo di rappresentazioni classiche nel giugno scorso.
Lo spettacolo è scritto e musicato da Mario Incudine su testi di Mariangela Vacanti coronato dalla voce di Moni Ovadia e dall’attrice Annalisa Canfora.  Al centro della rappresentazione sono i racconti di migranti siciliani che ricordano le storie di molti immigrati che oggi arrivano senza sosta sulle coste siciliane.
“Anime migranti” di ogni tempo sono legati tra loro da uno stesso destino, quello dell’abbandono e della lontananza e l’unica arma che rimane è l’unione e la fratellanza.
Così lo spettacolo parte dal grido di un naufrago africano disperato che invoca la morte in mare piuttosto che il rimpatrio in “Salina” (brano con cui Incudine ha vinto il Festival della nuova canzone siciliana), per arrivare a “Speranza disperata”, riflessione sui siciliani in viaggio per le Americhe, e a “Sottomare”, strumentale dedicato a coloro costretti a raggiungere mete lontane.
Moni Ovadia interviene con letture, storie e poesie di Erri de Luca ed Ignazio Buttitta e con canti della tradizione sefardita, mentre l’attrice Annalisa Canfora darà voce alle donne, madri e mogli dei tanti migranti che hanno lasciato la propria terra, ripercorrendo la loro storia attraverso la lettura di lettere inedite.
«È una riflessione in musica e parole per non dimenticare da dove veniamo e per non assistere ancora una volta al silenzio della memoria – spiega Mario Incudine – la musica popolare, quella che i nostri nonni hanno portato Oltreoceano e quella che ancora vive dentro i racconti di chi è rimasto da questa parte del mare, è il filo conduttore di questo viaggio che parte dalla Sicilia: da quest’isola si alza un canto a più voci per raccontare il nostro tempo, un tempo in cui le coste sono teatro di tragedie, di gommoni che non riescono a toccare riva e di mari ormai cimiteri di tanti, indefiniti, morti. Per questo motivo un’opera a più voci, perché sia un unico abbraccio, un’unica voce, un’unica bandiera per la pace e l’amore tra i popoli. C’era una Sicilia che ha visto partire, c’è una Sicilia che vede arrivare. Questa è la Sicilia che si è messa a cantare».

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