Un sera di poesia a Gubbio: Domenico Pisana parla della sua ultima raccolta “Tra naufragio e speranza”. L’intervento di Antonietta Morelli

GUBBIO 23

GUBBIO 10E’ stata una bella accoglienza quella che Domenico Pisana, Presidente del Caffè Letterario Quasimodo di Modica, ha ricevuto a Gubbio per parlare della sua poesia e della sua ultima pubblicazione “Tra naufragio e speranza”.

Un gruppo di intellettuali in rappresentanza della Fondazione “G. Mazzatinti”, del comune e del club Unesco di Gubbio, hanno messo su una serata per accogliere Pisana presso la prestigiosa Biblioteca Sperellina della città umbra, dove si è svolto l’evento.
La prof.ssa Antonietta Morelli e il Presidente della Fondazione “Mazzatinti”, Gianfranco Cesarini, hanno introdotto e coordinato l’iniziativa, che si è connotata come una piacevole serata all’insegna dell’arte e della poesia, e che ha visto oltre la relazione di Pisana su “Poesia e nuovo umanesimo nel tempo della crisi e della comunicazione” nonché la lettura di suoi versi, anche l’esecuzione di brani musicali di Tartini,Vivaldi e Shostakovic eseguiti con grande perizia da Katia Ghigi e Letizia Bocci, violini, e da Giulia Gambini pianoforte.
Le parole puntuali, attente e calibrate di Cesarini hanno dato subito il senso dell’incontro, mentre la Morelli ha introdotto Pisana con un intervento di cui riportiamo il testo:
“Benvenuti a questo nostro incontro con l’arte: con la musica e la poesia, con Euterpe e Polinnia musa della poesia, qui rappresentate dal prof. Domenico Pisana, docente, teologo, fondatore e animatore del circolo culturale di Modica (Rg) patria di S. Quasimodo, premio Nobel per la Letteratura nel 1959, circolo nel quale ogni sabato vengono discussi importanti temi culturali e messe a confronto diverse tesi su autori contemporanei e classici rivisitati in una luce spesso del tutto innovativa come Leopardi, Quasimodo stesso, Montale e molti altri nei quali il poeta Pisana intravvede la ricerca, pur attraverso modalità diverse, di un qualcosa che va al di là dell’effimero, del caduco, la ricerca cioè dell’assoluto, di Dio, in una visione teleologica o finalistica che tra le righe della loro produzione si individua.
La raccolta che oggi presentiamo in questa sede e di cui più ampiamente parlerà l’Autore, si intitola “Tra naufragio e speranza” ed il titolo è già una connotazione del contenuto: è l’uomo combattuto tra la disperazione razionale di un mondo dove imperano crudeltà, violenza, sopraffazione, culto dell’immagine, egoismo, lesione dei diritti elementari e speranza in una giustizia ultraterrena. Se Sartre individuava il riscatto dell’uomo nell’impegno sociale per riconferire un senso alla vita, o, come diceva Heidegger, autenticità ad essa, Pisana attraverso un faticoso e lacerante cammino lo individua nella speranza in Dio. La sua silloge si articola, infatti, in quattro momenti fondamentali per il suo cammino: in apertura troviamo una epigrafe che recita: “la terra irrimediabilmente illuminata risplende di inesorabile sventura” (Horkheimer, Dialettica dell’Illuminismo).
I lumi della ragione, il sapere, le magnifiche sorti e progressive del ministro Terenzio Mamiani citate dal Leopardi nella Ginestra, quando sono disgiunte dalla spiritualità non appagano l’uomo e in questa dicotomia il Pisana individua la disperante solitudine dell’uomo solo con se stesso, monade tra le altre monadi ugualmente sole e disperate. Si giunge inevitabilmente così al buio della seconda parte della raccolta: “La vita è una lunga battaglia nelle tenebre”( Lucrezio, De rerum natura).
Ma non c’è rassegnazione: il poeta lotta per affermare la sua dignità di uomo, per cercare un barlume di speranza e di luce nella notte che lo circonda. Ed eccola: “Verso l’aurora” (Non si può toccare l’alba se non si sono percorsi I sentieri della notte (Khalil Gibran: Sabbia e speranza, 1926) apre una nuova fase: quella in cui, dopo aver toccato l’abisso della disperazione, il suo animo si apre alla speranza: “Sognando la speranza” è il titolo della quarta parte, ove la disperazione è vinta dalla fede in Dio. È questa silloge sostenuta da una potente esigenza etica che non si traduce in una esortazione oratoria: se per classico intendiamo quel mirabile equilibrio tra forma e contenuto, come sostenuto da Aristotele, maestro di color che sanno, nella sua ‘Poetica’, equilibrio che fa assurgere l’opera a valore universale valida, cioè, in ogni tempo e luogo e che parla al cuore di ogni età e commuove l’animo di ogni uomo, ebbene, questa è una poesia classica. Chiunque di noi si chiede quale sia il senso e il fine della vita e quale sia il suo compito in questa terra. Ebbene c’è chi lo cerca senza trovarlo e c’è chi, dopo un lungo dibattersi, lo trova. Aurelio Agostino diceva: ‘Noli foras ire, redi in te ipsum. In interiore homine habitat veritas’. E proprio nello scavo interiore, in una lunga macerazione che mai diventa solipsistico compiacimento, Pisana assurge alla vera poesia che diventa così paradigma della umanità nel suo cammino verso la luce divina.
Codesta base morale e teleologica si risolve in una poetica che non viene per nulla inficiata da esse: è questa, e il lettore sensibile e intelligente non può non accorgersene, una poesia colta, con ardite metafore, sinestesie (III parte “Verso la speranza”: “suono della speranza”), omoteleuti (es. III parte poesia X: mi faccio dono di un dono da donare), geminatio (“Verso l’aurora” III parte, poesia IX: gioie che mi fanno gioire senza darmi gioia), ossimori (parte IV, poesia XVII: fiele miele, presenza assenza, buio luce), figure che fanno tutt’uno con la voce poetica, realizzando così quell’eleganza che è dato cogliere solo nella vera poesia, quando essa viene dal cuore e non è sfoggio erudito.
Ma voglio aggiungere che oltre al valore poetico, questa silloge ha un grande valore storico: è la rappresentazione dell’uomo in una società di falsi miti che non portano alla serenità, se disgiunti da valori morali, come denuncia il poliedrico poeta Pisana. E poiché io credo che la poesia, ma l’Arte in genere, abbiano una vita eterna, mi piace concludere questo mio breve intervento con le parole di un poeta a me assai caro.
Dal carme “Dei Sepolcri” v. 225 sgg.
E me che i tempi ed il desio d’onore/ Fan per diversa gente il fuggitivo…e l’armonia vince di mille secoli il silenzio..
Ed è quanto credo avvenga alla poesia del Maestro Pisana”.

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