Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Giudizio di ottemperanza n. 521/2014. Ivana Castello(Pd) scrive al sindaco di Modica

ivana castello

Caro Sindaco,
le sottopongo un caso che rappresenta, quasi brillantemente, come la politica locale costituisca una fabbrica di problemi costruiti per fini extra-istituzionali, di atteggiamenti arroganti e di azioni irresponsabili, che si accumulano, si aggrovigliano e, sopratutto, impediscono lo sviluppo ordinato della collettività che si vuole, o direi meglio, si pretende, di governare.

Nel 1999 una delibera assunta dalla politica modicana ha posto le premesse perché fosse espropriata un’area di 19.000 mq a un privato. L’iniziativa comunale, non notificata, ha impedito alla proprietaria di difendersi o, quanto meno, di partecipare con coscienza e volontà alla decisione. Questo primo fatto costituisce un attentato ad uno dei diritti più importanti su cui si regge il sistema istituzionale italiano. E’ un esempio di come non dovrebbe mai agire alcuno e di un misfatto di cui è stato artefice nientemeno che il Comune di Modica. Un’istituzione, dunque, che dovrebbe agire per tutelare i valori condivisi, agisce contro di essi.
Adito il Tar di Catania, il ricorso della parte spoliata è dichiarato irricevibile (Sentenza n. 3372 del 22 novembre 2004); si fa però giustizia due anni dopo, quando il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (da ora in poi CGA) accoglie l’appello insieme al ricorso di primo grado (Sentenza n. 293 del 22 giugno 2006). La ricorrente aveva chiesto la restituzione del fondo e il risarcimento dei danni subiti a causa dell’occupazione abusiva del terreno.
Il Comune non eseguì la sentenza, per cui l’interessata, in sede di ulteriore ricorso, sempre al CGA, ha ottenuto una seconda dichiarazione favorevole (Sentenza n. 710 del 3 agosto 2007). Il Giudice, però, ha ritenuto di non far luogo alla retrocessione del suolo, bensì al risarcimento per equivalente, essendo state, nel frattempo, realizzate delle opere edili.
Dopo tale sentenza è stata esperita consulenza per la valutazione del quantum da erogare a titolo di prezzo dell’immobile. La ricorrente, tuttavia, non ha accettato il prezzo e ha insistito per la restituzione dell’immobile.
Il valore equivalente era stato fissato in 189.900 euro, da pagare entro quindici giorni dalla notificazione della Sentenza.
Si è arrivati al 2011, anno in cui viene emessa una decisione parziale (Sentenza n. 369 del 19 maggio 2011) con cui si respinge l’istanza di restituzione del fondo e si incarica il CTU di un supplemento di esame per precisare alcuni aspetti su cui la ricorrente aveva fondato il proprio rifiuto. Viene il turno della Sentenza finale, la n. 392 del 2012, depositata in Cancelleria il 19 aprile.
Il Comune di Modica è condannato a pagare il prezzo di 189.900 euro, più 2.500 euro per spese di giudizio alla parte ricorrente e 5.118,87 al Consulente Tecnico d’Ufficio.
Nel frattempo la ricorrente è deceduta e le è subentrato il figlio. Il Comune, ovviamente, e qui entra in gioco lei, signor Sindaco, non ha pagato quanto d’obbligo. Aveva i fondi ex d.l. n. 35/2013 ma ha ritenuto di doverli tenere in banca per fini impropri. L’erede ha presentato istanza per costringerla a rispettare la Sentenza del 2012 e arriviamo, così, alla Sentenza di ottemperanza n. 521 dell’otto settembre 2014. Con essa il CGA dichiara sussistente l’obbligazione di pagamento e precisa che una parte del debito, (pari a 56.206,12 euro), è stata già affidata alla Cassa Depositi e Prestiti. La restante parte e le ulteriori spese, giudiziarie, di interessi e quant’altro, permangono a carico del Comune. Le è stato imposto anche un termine di 120 giorni per pagare. E per il dopo, nel caso di superamento di tale termine senza saldare il conto, è stato nominato il Prefetto di Ragusa o un suo delegato, per sostituirsi a lei quale Commissario ad acta e provvedere al pagamento entro i 60 giorni successivi.
Il liquidatore si è insediato con propria determina n. 1 del 10 marzo 2015 e ha calcolato che la sola sorte capitale ammontava, alla data del 3 novembre 2015, a 133.693,88 euro (189.900,00- 56.206,12).
Oggi, grazie ai suoi comportamenti poco responsabili (mi riferisco al fatto che è un po’ spendaccione), gli oneri a carico del Comune, e quindi dei cittadini, sono aumentati, poiché occorre provvedere anche alla copertura delle spese giudiziarie, delle spese per il commissario ad acta e degli ulteriori interessi maturati. Può essere opportuno informare i cittadini che i 189.900 euro ritenuti congrui dal CGA per pagare la terra espropriata, sono lievitati a 252.233,67 euro. Sia ben chiaro, l’aumento non è tutto imputabile a lei, ma lei ha il torto (marcio): 1°) di non aver provveduto a bloccare la situazione; 2°) di aver contribuito a far lievitare i costi a carico dei cittadini; 3°) di aver preferito restituire i fondi ex d.l. 35 anziché pagare il debito.

Le domando:

– se nel 2014 aveva già ricevuto l’ordine giudiziale di pagare, perché ha propinato alla cittadinanza, a me e alla Corte dei conti, che i creditori erano introvabili? Aveva forse dimenticato che c’era questa somma da pagare?
– la sentenza definitiva di condanna reca la data dell’8 settembre 2014; lei aveva la piena disponibilità di ben 24 milioni di euro per pagare esclusivamente i debiti certi liquidi ed esigibili. Perché ha ritenuto opportuno non pagare e tenere in banca i fondi sino al 31 dicembre 2015. Questa decisione la espone ad un’azione di responsabilità assolutamente personale. Lo sa questo?
– le sembra corretto, verso i cittadini, spendere in inezie e festicciole, che, per altro, non possiamo affrontare, e lasciare impagati i debiti, vecchi e nuovi?

Condividi su facebook
Facebook
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su whatsapp
WhatsApp
Condividi su email
Email
Condividi su print
Stampa