L’OSSERVAZIONE DAL BASSO… di DIRETTORE. Giubileo e dieci comandamenti: Ricordati di santificare le feste /3

PISANA 32

“Ricordati di santificare le feste” è il terzo comandamento che mettiamo al centro della nostra riflessione sul Giubileo e i 10 comandamenti. Nella tradizione cristiana questo comando divino è stato esclusivamente identificato con il precetto, fatto proprio dalla Chiesa,

di “andare a messa la domenica”. Questa lettura, superficiale e sbrigativa, ha determinato una visione precettistica del comandamento, al punto da sganciarlo dal suo contesto fondamentale che è “l’alleanza tra l’uomo e Dio”, la relazionalità tra il Creatore e la creatura, la comunione d’amore misericordioso tra il Dio rivelatosi in Gesù e il cristiano.
Volendo brevemente focalizzare il senso e il significato di questo terzo comandamento, occorre necessariamente fare riferimento al shabbàth (sabato)ebraico, che ricordava l’ultimo giorno della creazione: “osserverete dunque il sabato, perché lo dovete ritenere santo….Il settimo giorno vi sarà riposo assoluto, sacro al Signore”(Es 31,14-17). Per la comunità israelitica l’osservanza del sabato costituiva un modo come rivivere e attualizzare la libertà che Dio aveva donato al suo popolo; in altri termini, osservare il sabato era la testimonianza del fatto che per l’israelita una società per essere veramente umana e giusta non doveva lasciarsi soggiogare dalla schiavitù economica e del lavoro, ma doveva dare spazio al “riposo sabatico” inteso come memoriale della liberazione e memoriale del “giorno” della creazione: salvezza e creazione diventano allora le motivazioni alla base dell’osservanza del comando divino.
Furono poi i primi cristiani a prolungare il culto del sabato alle prime ore del mattino successivo per testimoniare la risurrezione di Gesù, fino a quando poi con la diffusione del cristianesimo la sola domenica divenne il giorno di festa.
Il Giubileo è l’occasione perché nel nostro tempo si possano recuperare le ragioni del “far festa la domenica”, atteso che la cultura contemporanea tende sempre più a svuotare la domenica del suo significato religioso più autentico e a trasformarla in una fuga nel privato con tutte le sue manifestazioni connesse quali lo sport, la sagra, le gite, le attività ricreative etc.., tant’è che anche dal punto di vista linguistico il mondo mass-mediale ha creato modelli culturali secondo i quali si è passati dal “giorno del Signore” al “week-end, dal “primo giorno della settimana” al “fine settimana”.
Chiaramente non si tratta di considerare queste attività ludiche cattive o illegittime in se stesse, tuttavia non si può nascondere che spesso rischiano di far perdere il vero senso della festa cristiana e di ridurre il “giorno del Signore” a semplice “giorno dell’uomo” nel quale alla cura della spiritualità si sostituisce l’ alienazione.
Quale senso, allora, il cristiano di oggi è chiamato a dare al terzo comandamento? Sicuramente non un senso legato ad una “morale del dovere”, al mero precetto di partecipazione all’Eucaristia domenicale per mettersi la coscienza a posto, ma alla “morale dell’alleanza e dell’amore” che trova il suo fondamento nella misericordia di Dio, il quale non guarda alle apparenze ma al cuore dell’uomo che nell’Eucaristia desidera deporre il proprio peccato all’altare di Dio e accogliere quella misericordia divina che dona la forza per avviarsi sulla via della conversione e del proprio cambiamento interiore.
E’ solo all’interno di questo orizzonte comunionale, di relazione di amore tra Dio e il credente che è possibile comprendere i punti essenziali del significato della domenica, che possiamo riassumere nei seguenti: 1)la domenica è anzitutto il dies Domini, “il giorno fatto dal Signore” (Sl 117,24) e tutto è stato da Dio compiuto in questo giorno: l’inizio della creazione, la risurrezione del Figlio suo, l’effusione dello Spirito santo, per cui il credente gioisce e si rallegra; 2) la domenica è ancora il dies ecclesiae, il giorno della Chiesa, nel quale l’assemblea dei cristiani, sacramento della presenza di Cristo nel mondo, esprime il suo essere più vero quando i “convenuti in unum “(cfr 1 Cor 11,20) si dimostrano capaci di accogliersi, di pregare lo stesso Signore, di farsi carico delle necessità dei più poveri, di mettere a servizio i propri ministeri..
Osservare dunque il terzo comandamento non è assolvere il semplice obbligo di partecipare ad un rito, ma è come entrare in una scuola di vita per rafforzare la fede e per riacquistare la forza per conformarsi a Cristo e testimoniarlo nella vita quotidiana con atteggiamenti di fede, di speranza e di carità.

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