Grande successo per “La cena” di Walter Manfrè” al Castello Aragonese di Comiso

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Al Castello Aragonese di Comiso si sono concluse domenica 3 luglio – le repliche dello spettacolo “La cena” di Walter Manfrè in scena dal 18 giugno scorso. Dopo “La confessione” andata in scena nelle scorse stagioni, un’altra opera del regista messinese viene rappresentata con successo in provincia di Ragusa.

Il teatro di Manfrè si caratterizza per la sua originalità. A cominciare dal luogo ove viene rappresentato. Non sempre e solo la sala di un teatro, ma anche il salone di un antico palazzo, una chiesa, un giardino, variando il set a secondo di dove si svolge l’azione. Ed anche il pubblico si inserisce nel quadro divenendo esso stesso parte del tutto. Ne “La Confessione”, ad esempio gli spettatori erano anche i “confessori”. Un teatro insomma in cui testo, attore e spettatore sono assolutamente imprescindibili, il cosiddetto “Teatro della persona” teorizzato dallo stesso regista. L’altra nota peculiare è appunto il testo. Una scrittura forte, cruda, disturbante, perché nel teatro di Manfrè vi è la ricerca ossessiva della verità, anche quando essa è inconfessabile, del chiaro-scuro che è in ognuno di noi, della bestia che alberga talvolta nell’animo umano. I protagonisti sono quel che sono e rimangono tali. Non vi sono né vincitori, né vinti. Non vi è redenzione, né riscatto, né assoluzione. Accade così anche per “La cena”. Il pubblico è immerso nello spazio e nel tempo dell’azione. Gli spettatori sono infatti i convitati ad una cena ad alto tasso drammatico. Il maggiordomo li accoglie in una elegante sala da pranzo e li fa sedere. Versa loro da bere del buon vino. La tavola è apparecchiata in attesa di un ospite che finalmente giunge: la figlia che ritorna dopo molti anni di assenza. E con lei il fidanzato, forse marito. La cena diventa così lo scenario dell’azione in cui le dinamiche psicologiche e gli antichi conflitti familiari dei protagonisti non tarderanno ad emergere prepotentemente e drammaticamente. E la tavola diventerà – non solo metaforicamente – il terreno di guerra. Il padre – un immenso e morboso Andrea Tidona – conduce machiavellicamente il gioco (al massacro) mettendo a nudo gli aspetti meno edificanti di se stesso e degli altri – la figlia, il genero, il maggiordomo – e mettendo gli stessi l’uno contro l’altro. Il quadro conviviale che di conviviale non ha nulla lascerà sbigottiti i commensali in un finale amaro ma non tragico. Molto bravo il trio di attori: Chiara Condrò, Stefano Skalkotos, Cristiano Marzio Penna. Il testo – nel quale non pochi sono i rimandi autobiografici come ammette lo stesso regista – è di Giuseppe Manfridi. A grande richiesta lo spettacolo verrà inserito nel cartellone della prossima stagione al Teatro Garibaldi di Modica.

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