Vivere parecchie ore al Pronto Soccorso di Modica

PRONTO SOCCORSO 1

Lo scorso giorno e poi qualche ora della notte successiva ho avuto modo di trovarmi al Pronto Soccorso dell’Ospedale Maggiore di Modica da spettatore doppiamente interessato: padre di un figlio che stava malissimo e giornalista sempre pronto alla critica. Solo che col passare della ore mi rendevo conto che non era facile “sferrare” un attacco agli operatori sanitari,

nemmeno se mi vestivo dei panni dell’utente. Arrivato poco prima delle 20, la sala d’attesa era strapiena di gente che necessitava di cure, altri che erano i parenti, ed ognuno di loro non faceva altro che lamentarsi, sbraitare, esprimere commenti polemici ogniqualvolta un’infermiera usciva dal pronto soccorso vero e proprio per andare al triage. Il “tema” era sempre lo stesso e anche insopportabile: “Siamo sempre in Italia”, “Siamo sempre a Modica”, per la serie “siamo vittime di gente sconsiderata”. Arriva il cambio turno, il medico, Polara, e gli infermieri, nonostante tante ore a curare gente, escono col sorriso sulle labbra, quasi in segno di conforto per chi attende da tempo e chi arriva, magari in ambulanza per una serie di incidenti stradali. Sono passate le 20 ed io con mio figlio siamo consapevoli che di ore da trascorrere in quel posto angusto ne passeranno altre. Insomma, siamo andati via alle 2 della notte. In tutte queste ore ho guardato, ho udito, ho sbirciato, ho cercato e mi sono accorto che l’unico medico, Minardo, l’unica infermiera, l’unica operatrice socio-sanitaria(peraltro alla sua prima esperienza)avevano sempre la parola di conforto per tutti, anche per coloro che arrivavano alle minacce pur di ottenere l’accesso nell’ambulatorio. In quelle ore ho metabolizzato che questa gente andrebbe esaltata, andrebbe elogiata. Lavorare in un pronto soccorso che nulla ha nelle sue caratteristiche per essere un luogo di pronto intervento non è facile, come non è facile farlo tra barelle, soccorritori, feriti, flebo, lettini, sedie a rotelle in gran parte in pessime condizioni. Loro sempre pronti a dare spiegazioni, a rassicurare. Loro si: l’Asp no, permettetemelo. Permettetemi di dire che i vertici dell’azienda continuano a prenderci in giro. Due anni fa hanno presentato un progetto “fantascientifico”, lasciando intendere che di li a qualche mese sarebbero iniziati i lavori. Poi le nuove promesse: il progetto era in bozza, poi era completo, poi i finanziamenti, poi il bando di gara, poi l’apertura delle buste, poi l’assegnazione della gara d’appalto, poi il brindisi, poi “siamo pronti”, poi “stiamo iniziando”, poi, poi, poi, poi. Ecco poi…non prendiamocela con chi lavora nel pronto soccorso, prendiamocela con chi ci prende continuamente per il c…iniettandoci, tanto per restare in tema, false promesse per smorzare i toni quando la polemica s’innesta per le difficoltà di un pronto soccorso obsoleto, inadatto, saturo dove chi ci lavora lo fa con sacrificio e abnegazione. Basta prenderci in giro: Aricò, una volta tanto ce la dica una verità, ci dica una data precisa anzi ci dica: ma questo pronto soccorso lei è veramente intenzionato a modernizzarlo? La collettività attende con ansia e vuole risposte. Le facili promesse talvolta sono come il boomerang: sa, caro direttore, una, due, tre, quattro volte…poi potrebbe sopraggiungere l’esasperazione che bene che vada esplode in un vaff…lo altre approda sugli scranni della magistratura inquirente e sono seccature.

Condividi su facebook
Facebook
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su whatsapp
WhatsApp
Condividi su email
Email
Condividi su print
Stampa