IN PUNTA DI LIBRO…di Domenico Pisana. Un inno all’amore la raccolta poetica “Venere illusa” della siracusana Giovanna Alecci

FOTO VENERE ILLUSA

alecciL’esordio poetico di Giovanna Alecci, che è nata a Rosolini ma vive ed opera a Siracusa, ha trovato la sua prima cifra lirica nella raccolta “Venere illusa”, Morrone Editore 2015, corredata dalla prefazione dello scrittore Corrado Calvo e da illustrazioni di Lisa Barbera.

L’autrice scrive il pentagramma della sua dimensione interiore con un verso che mette in circuito i motivi dominanti dell’esperienza dell’amore, collocata tra i paletti della realtà e dell’illusione.
La poetessa apre la sua silloge con richiami ai miti genesiaci sulla donna, per poi raccontare a se stessa “favole di vita / che fanno ballare il cuore” e disegnare le coordinate del grande sentimento dell’amore, “straordinario / e impossibile”, che nasce e muore tra gli accadimenti dell’esistenza e che si sostanzia nel “volto / di un’anima in delirio”.
L’amore cantato dalla Alecci è segnato da modulazioni che ne indicano l’espressione, la significazione più profonda e che incidono nei versi quella grazia di femminilità che li rendono soavi e delicati, ma anche drammatici ed intensi, specie quando all’orizzonte “urlano avvoltoi nella nera via / corrono e appaiono / nubi turbolenti..” che squarciano il velo della passione e determinano la fine dell’amore.
A riguardo, emblematica è la lirica “Avvoltoi”, dove l’autrice riesce attraverso immagini, metafore e analogie trasfigurative (“nubi”, “onde”, “gemiti”, “tempeste”) ad esprimere la forza del dolore quando finisce un amore, come pure rilevante è la lirica “Non è”, dove la versificazione ricorre all’uso di lemmi di forte intensità semantica (“pioggia”, “fiumi”, “urlo”, “uragano” , “sangue”) per fare da contrasto al pianto che “E’ solo acerba / malinconia” e , così, stemperare e ridurre la distanza tra la realtà vera del dolore e la rappresentazione drammatica che di esso spesso si percepisce.
Quello cantato da Giovanni Alecci è un amore che si connota di una polifonia di voci, atteso che l’autrice ne coglie anche gli orizzonti in una circolarità ermeneutica che raggomitola relazioni affettive verso figure parentali come il padre e i nonni nonché verso la sua stessa terra di Sicilia colta nel fiorire della stagione estiva con un linguaggio lirico suadente e convincente. In “Estate siciliana” la poetessa scruta infatti, con il suo sguardo, “sorrisi e suoni”, che “sbocciano dovunque”, si lascia trasportare dal “vento di tramontana” che “accompagna la sabbia nel deserto” e “sparge passi di zucchero” , proietta il suo pensiero sul “corteo degli uomini / dalla pelle arsa”, che “sfilano tra le case dormienti /e offrono la merce migliore”.
La stessa delicatezza d’amore per la sua terra si sprigiona dalla lirica “Marzamemi”, dove il paesaggio marino, il rumore dell’acqua, le case dei pescatori vengono avvolte dalla poetessa in un alone di mistero fino a umanizzare il mare con un epilogo in cui lo paragona ad un nonno che racconta : “Lui solo, il mare, / vi può raccontare /storie vecchie di secoli e secoli, / di bastimenti che le tempeste / hanno sfidato / e di sfortunati scesi in fondo / a quelle acque verdastre e nere”.
Ogni esordio poetico ha , certo, il sapore della freschezza emotiva ove il sentimento giuoca un ruolo fondamentale e, a riguardo, Giovanna Alecci sa dare ai suoi versi una forza interiore che colpisce e convince, ma nella orditura di qualche lirica si avverte, però, il cedimento ad un solipsismo interiore tipico di ogni iter iniziale.
Ciò che piace di questa giovane poetessa è il linguaggio simbolico e la finezza del registro lirico, che si snoda in versi liberi ed armoniosi che sanno suscitare nel lettore atmosfere di magia e di forte impatto emotivo, a differenza di quanto accade in qualche testo poetico della silloge, come “Ali”, dove l’uso della rima appesantisce le tonalità e l’andamento lirico del verso.
La silloge è corredata anche di un apparato iconografico a cura di Lisa Barberi, che arricchisce la versificazione e disegna gli aspetti intrinseci alla dinamica dell’amore quali il matrimonio, la visione della donna, la maternità, l’incomprensione e la sua finitudine. Emblematica anche la scelta dell’autrice di inserire nella raccolta due foto storiche che spiegano e testimoniano il valore della memoria e il legame con le sue radici. Giovanna Alecci, dunque, entra nella casa delle Muse con dignità, con la voglia di esprimersi e di affidare il suo mondo interiore alla pagina, sulla quale riesce a disegnare le coordinate di un sentimento di bellezza qual è l’amore, sublimandolo e esaltandolo, e vivendolo anche nelle sue forme di dolore quando con la sua anima scende nelle trafitte delle fibre: “Si fonde il dolore / nelle lacrime ardenti , / il cuore non si spegne / dopo un bagno di mare… E’ l’andare di questo verso / che brucia la mia anima”.
Questo libro è sicuramente una “finestra aperta” sull’amore come valore capace di far sognare, di far nascere motivazioni alla vita e di dare senso al tempo e alle cose che accompagnano l’esistenza umana, con la consapevolezza – dice l’autrice nei suoi versi – che “il continuo e ritmico / respirare e vivere / è solo l’attesa di /un’esistenza / che immagina / certezze d’amore”.

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